Accorpamento Camere di Commercio: Piacenza presenta ricorso

Confcommercio, Confindustria, Libera Artigiani e Unione Provinciale Artigiani "ribadiscono il principio di equa dignità tra i territori, in grado di garantire il corretto funzionamento della nuova CCIAA"

Camera di Commercio di Piacenza

“Il pasticciaccio brutto” dell’accorpamento delle Camere di Commercio di Parma, Piacenza e Reggio Emilia vive un nuovo capitolo. Dopo che Reggio Emilia ha detto di no agli accordi presi a suo tempo fra i tre territori (dieci consiglieri a provincia e tre membri di giunta ciascuno) Piacenza rischiava di essere la cenerentola o il vaso di coccio con quattro soli consiglieri contro dieci di Parma e i sedici di Reggio. Una prospettiva che si immaginava fosse inaccettabile per gli imprenditori piacentini che questa sera hanno annunciato di aver presentato ricorso contro quanto sta accadendo. Si tratta però di un ricorso presentato alla Regione Emilia Romagna che, come aveva lasciato intendere recentemente l’assessore Vincenzo Colla, in realtà poco può contro una legge dello Stato che impone appunto la fusione a tutti i costi. Biognerà perciò vedere a cosa porterà la mossa piacentina annunciata nel comunicato stampa che riportiamo qui sotto.

«Confindustria Piacenza, Libera Associazione Artigiani, Unione Provinciale Commercianti – CONFCOMMERCIO e Unione Provinciale Artigiani – UPA FEDERIMPRESA continuano a sostenere che un accordo tra Piacenza, Parma e Reggio Emilia rappresenti l’unica soluzione in grado di portare alla nascita di una CCIAA dalla stabilità e capacità di intervento che soddisfino le aspettative dei singoli territori.

Le associazioni economiche piacentine – preso atto del disapparentamento di Reggio Emilia e della mancata concretizzazione di un percorso di mediazione costantemente tentato nelle ultime settimane – ritengono sia necessario ripristinare lo spirito che era alla base del primo accordo condiviso da tutte le province nel 2018. Quest’ultimo prevede il ritorno alla visione comune tra province che aveva portato Piacenza a sottoscrivere gli accordi, alla base dei quali vi era il principio di equa dignità dei territori, la rappresentanza paritaria nel Consiglio Camerale e un meccanismo di contrappesi che evitasse la concentrazione della governance dell’ente nelle mani di una singola provincia.

Il venir meno di queste condizioni e la persistenza dello stallo tra le parti, ha portato le categorie piacentine scriventi a scegliere la strada del ricorso presso la Regione Emilia-Romagna, volto a far uscire le trattative dall’impasse ed evolvere il percorso di fusione tra le tre Camere di Commercio. Le categorie piacentine, oltre ai principi ormai disattesi sui quali si fondavano accordo e accorpamento, richiedono altresì l’aggiornamento dei numeri dei settori che rappresentano la realtà economica dei singoli territori. Fare riferimento ai dati risalenti al 2017 è alquanto irrituale, dato che sono stati ampiamente superati dagli eventi e ormai inattuali, considerata anche la straordinarietà e l’emergenza vissuta negli ultimi tre anni che, come ben noto, hanno impattato notevolmente su aziende e sistema economico in generale.

L’intenzione delle scriventi associazioni di Piacenza resta – come ribadito in ogni fase del percorso – quella di privilegiare lo strumento del dialogo tra i soggetti coinvolti, continuando a lavorare per una soluzione comune e condivisa con Parma e Reggio Emilia: una armonia imprescindibile per tre province che, di qui a poco, dovranno convivere all’interno di una stessa Camera di Commercio comune».

 

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