Aveva lasciato una pecora ad agonizzare per giorni: condannato dal tribunale di Piacenza

L’uomo era stato denunciato nel 2019 dalle guardie zoofile di Enpa per maltrattamento di animali. La legge applicata anche se si trattava di un animale da reddito e non da compagnia

Nel settembre del 2019, grazie alla segnalazione di un passante, le guardie zoofile di Enpa erano intervenute nell’abitazione di un uomo, residente a Carpaneto, in provincia di Piacenza, dove avevano trovato una pecora riversa a terra, nel mezzo di un grande cortile L’animale era appesantito da una montagna di vello non tosato, molto sporco, intriso di fango e liquame, pieno di insetti. Inoltre su di una zampa posteriore erano presenti varie morsicature di piccoli animali, che avevano prodotto ferite esposte e sporche. La pecora non era in grado di reggersi in piedi e non poteva difendersi da roditori o animali selvatici che la stavano letteralmente mangiando da “viva”.

Al momento del rinvenimento la pecora, di appena 18 mesi, era ancora viva, ma agonizzante. Le guardie zoofile Enpa avevano contattato subito i veterinari dell’Asl di Piacenza. Purtroppo però, data la gravità delle condizioni dell’animale, erano stati costretti ad effettuare l’eutanasia per porre fine alla lenta agonia dell’ovino. Le guardie zoofile dell’Ente Nazionale Protezione Animali avevano denunciato il proprietario per maltrattamento di animali (Art. 544ter c.p. L.189/2004).

Recentemente l’uomo è stato condannato (sanzione di 4 mila euro) dal  Tribunale di Piacenza che lo ha ritenuto colpevole «perché per crudeltà e senza necessità cagionava lesioni ad un ovino di 18 mesi, abbandonandolo in stato agonico, sporco, con il vello non tosato e gravemente ferito, fino a che doveva essere soppresso dal servizio veterinario dell’ ASL per evitargli inutili sofferenze … in particolare dalle risultanze delle Indagini svolte dal personale in servizio Enpa, e delle ritrazioni fotografiche in Atti, dalle quali sono emerse le condizioni dell’animale e la sua agonia, in stato di sostanziale abbandono…».

«Questa particolare vicenda – commenta il commissario della Sezione Enpa Piacenza, Michela Bravaccini – è rimasta ben impressa nei nostri ricordi, perché vedere un’animale patire in quel modo ti segna…e ne vediamo di cose brutte si intenda».

«Non solo la sentenza rende un po’ di giustizia a quel povero animale – sottolinea una delle Guardie intervenute sul posto insieme al vice capo nucleo Maria G. Passera – ma assume una rilevanza incisiva che l’autorità giudiziaria abbia riconosciuto l’applicazione della L189/2004 con l’Art. 554 ter su un animale da reddito, non era così scontato il fatto, in quanto spesso vi sono “interpretazioni” che vorrebbero questa Legge dedicata esclusivamente agli animali d’affezione».

La dottoressa Carla Rocchi, presidente di Enpa Nazionale, commenta la recente sentenza piacentina «La legge vive attraverso la applicazione corretta che ne viene data. E in questo caso il magistrato ha saputo applicare la lettera e la sostanza della norma ad un comportamento crudele e sprezzante nei confronti di una creatura considerata senza valore. Dopo questa sentenza sarà possibile intervenire con maggiore autorevolezza in difesa di creature senzienti. Fondamentale l’azione tempestiva e competente delle guardie zoofile del nucleo ENPA di Piacenza a cui vanno apprezzamento e riconoscenza».

Sull’accaduto interviene anche il dottor Marco Bravi, responsabile nazionale delle guardie zoofile Enpa: «Il nostro impegno rimane quello che è il più alto, ovvero salvare gli animali dalla crudeltà degli uomini che, come in questo caso, si può perpetrare non solo con la violenza diretta, ma anche attraverso l’incuranza e l’indifferenza alla sofferenza. Concetti che esulano dalla tipologia di animale, da reddito o da affezione, come ben interpretato dalla Autorità Giudiziaria».

Secondo l’avvocato piacentino Annalia Reggiani «La sentenza emessa dal Tribunale di Piacenza costituisce  un precedente giurisprudenziale chiarificatore sotto un  duplice profilo: sia per quanto attiene strettamente il  tema del  maltrattamento degli animali, poiché ammette correttamente l’imputabilità ex art. 544 ter c.p. anche in caso di fattispecie concretizzatasi nei confronti di animali da reddito, che – in particolare- per quanto riguarda  l’implicita considerazione, ex art. 6 della L. 189/04, tra gli organi di Polizia Giudiziaria competenti per il rispetto delle norme contro il maltrattamento degli animali,  delle Guardie  particolari giurate delle Associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute, nei limiti dei compiti attribuiti con i decreti prefettizi di nomina, con particolare riguardo agli animali d’affezione, ma non limitatamente a questi».

Netto anche il giudizio di Laura Chiappa, presidente del circolo di Legambiente Piacenza: «Giustizia è fatta, una condanna che, da un contributo molto importante in tema di applicazione della legge 189 del 2004 sul maltrattamento animale, estendendola senza se e ma agli animali da reddito e non solo a quelli di affezione, fatto per nulla scontato. E’ evidente che sempre di più la sensibilità della giustizia sul tema della sofferenza animale sta cambiando, anche grazie all’ottimo lavoro svolto dalle associazioni di tutela animale come Enpa, che in questo caso che ha saputo svolgere indagini e fornito documentazione a supporto di qualità. Come Legambiente non possiamo che esprimere grande soddisfazione per questa sentenza, augurandoci che sempre di più che la distinzione tra animali da affezione e reddito venga meno di fronte al tema del maltrattamento».

Infine la consigliera regionale Katia Tarasconi così si esprime «il rispetto degli animali definisce gli esseri umani. E con questa sentenza finalmente si fa un passo avanti fondamentale nel concetto di rispetto per gli animali. Ritengo giusto che venga superato il principio in base al quale solo gli animali da compagnia debbano essere meritevoli di rispetto. Una pecora è un essere vivente e lasciarla agonizzante distesa in un aia con una zampa sanguinante, il vello sudicio, è un comportamento inaccettabile. Disumano mi viene da dire».

Nelle foto: Michela Bravaccini, Maria Giovanna Passera, i veterinari ASL durante l’esame della pecora che verrà poi soppressa per la gravità delle sue condizioni sanitarie.

 

 

 

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