A caccia di micropastiche nel Po

Campionamenti e prelievi lungo tutto il corso del Grande Fiume per capire quante e quali microplastiche sono presenti nelle acque. Vi spieghiamo cosa sono le microplastiche e da dove provengono

Lo strumento usato per raccogliere le microplastiche nel Po

Presentazione oggi a Monticelli d’Ongina (PC) da parte dell’Autorità Distrettuale del fiume Po insieme ai partner di progetto Università di Roma “La Sapienza”, Arpae Emilia-Romagna – Struttura Oceanografica Daphne e Agenzia Interregionale per il fiume Po

La presenza delle più piccole particelle di materiale plastico (delle dimensioni di un millimetro fino a livello micrometrico) dette anche microplastiche – e la loro potenziale concentrazione nelle acque del Fiume Po saranno, da oggi, al centro di un focus di approfondimento scientifico che consentirà di poter contare su una ricerca ufficiale realizzata con campionamenti di prelievo eseguiti lungo il corso del fiume e non in un solo tratto. L’idea progettuale denominata “Manta River Project” nasce da un’esigenza molto concreta che tra i suoi principali obiettivi avrà quello di raccogliere dati essenziali per una successiva indagine mirata sui possibili effetti nella catena alimentare delle microplastiche su raccomandazione comunitaria.

Capofila dell’iniziativa è l’Autorità Distrettuale del Fiume Po – Ministero dell’Ambiente che nell’arco dei prossimi 4 mesi – insieme a partner di settore particolarmente qualificati quali Università La Sapienza di Roma, Arpae ER Struttura Daphne e Aipo – effettuerà periodici campionamenti di monitoraggio in punti strategici dell’alveo: Isola Serafini (PC), Boretto (RE), Pontelagoscuro (FE), e nel Delta Po di Goro.

Alla presenza del primo cittadino di Monticelli d’Ongina, nel Piacentino, Gimmi Distante – che ha salutato i presenti e introdotto l’incontro all’interno della Sala Biblioteca del Municipio – il Segretario Generale del Distretto del Po Meuccio Berselli ha approfondito l’esigenza oggi quanto mai imprescindibile di ottenere in tempi utili “ricerche attendibili che possano contare su collaborazioni di alto livello in grado di poter offrire alla comunità un panorama fedele alla realtà dei diversi contesti esaminati lungo il corso del fiume apportando così un sufficiente livello di chiarezza per non alimentare fuorvianti fake news”.

La squadra di ricercatori del Dipartimento Ingegneria Chimica Materiali Ambiente (DICMA) guidati dalla professoressa Silvia Serranti, ordinaria dell’Università di Roma La Sapienza, effettuerà le analisi con strumentazioni e metodologie tecnologicamente avanzate: “Avremo il compito di identificare e classificare le microplastiche campionate nei diversi siti sperimentando una tecnica innovativa che ha già fornito risultati promettenti: l’analisi d’immagine iperspettrale”.

La conferenza stampa di presentazione – coordinata nell’occasione dal responsabile delle Relazioni Istituzionali del Distretto del Po Andrea Gavazzoli – è proseguita con la relazione dello staff tecnico di Arpae ER con le ricercatrici Cristina Mazziotti e Margherita Benzi (Unità Coordinamento Tecnico Settore Marino Struttura Oceanografica Daphne – Laboratorio Mobile e Sensoristica) che hanno illustrato la modalità di campionamento della risorsa idrica effettuata nei vari luoghi individuati. Lo staff è coordinato dalla Dirigente Responsabile di Daphne Carla Rita Ferrari: “La Struttura Oceanografica Daphne di Arpae ha esperienza dei campionamenti delle microplastiche in mare alla luce dell’esperienza effettuata nel progetto internazionale DeFishGear e della Strategia Marina. Questo progetto è molto importante perché andiamo a rilevare le microplastiche in uno dei principali vettori dell’apporto della plastica in mare”.

L’Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO) infine, intervenuta con il Dirigente Settore Navigazione Interna Ettore Alberani, ha garantito il supporto logistico e l’ausilio dei mezzi più idonei al complessivo monitoraggio.

Cosa sono le microplastiche e da dove provengono

Le microplastiche sono particelle solide estremamente piccole (in genere di dimensioni inferiori a 5 mm) composte da miscele di polimeri (polietilene PE, polistirolo PS, Polietilene tereftalato PET, etc.) e da additivi che possono rappresentare inquinanti chimici, come i plastificanti, i ritardanti di fiamma e gli stabilizzatori aggiunti in fase di produzione (il bisfenolo A, gli ftalati e i polibromodifenileteri, ad esempio, per la cui pericolosità sono stati banditi dal packaging per uso alimentare ma che rimangono largamente impiegati per tutte le altre applicazioni).Tali particelle possono contenere inoltre impurità residue provenienti dai siti di produzione o sostanze tossiche adese alla loro superficie poiché presenti in acqua (il DDT, gli idrocarburi policiclici aromatici, i metalli pesanti, etc).

Possono formarsi accidentalmente in seguito all’usura e al deterioramento di frammenti di plastica di maggiori dimensioni (microplastiche secondarie), come buste e contenitori di plastica, bottiglie e oggetti di plastica monouso o reti da pesca. Rispetto ai fiumi sono più presenti in mare e negli oceani dove rappresentano circa il 68-81% delle microplastiche presenti. Oppure possono essere fabbricate e aggiunte intenzionalmente a determinati prodotti per uno scopo specifico. L’origine principale è rappresentata dal lavaggio di capi sintetici (35% delle microplastiche primarie), seguita dall’ abrasione degli pneumatici durante la guida (28%) e infine da microplastiche aggiunte intenzionalmente nei prodotti per la cura del corpo (2%)

Fonte dati: Europeans chemical Agency.

 

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