Camera di Commercio dell’Emilia. Un’unione che nessuno vuole ma che si farà comunque

Il presidente Bonaccini ha firmato il decreto che ripartisce i seggi fra le categorie economiche. Piacenza, con meno imprese e addetti, rispetto a Parma e Reggio, rischia di avere scarsa rappresentanza

Niente da fare per chi sperava che la Camera di Commercio di Piacenza potesse continuare a restare autonoma. Dopo sei anni fatti di false partenze, stop forzati, ricorsi, l’unificazione con Parma e Reggio Emilia è ormai inevitabile. La nuova Camera di Commercio dell’Emilia ha anche un sito Internet composto, per ora, da due paginette in cui si accenna al perché di questo accorpamento e, attraverso i numeri, si  ricorda che dopo l’unione la nuova realtà sarà l’ottava struttura d’Italia per numero di imprese, oltre 157 mila (basandosi sui numeri del 2019).

La pietra tombale sulle speranze di vita autonoma l’ha messa il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, esattamente una settimana fa, quando ha  pubblicato il decreto N.3 del 10/01/2023, con cui ha stabilito la composizione del nuovo consiglio della CCIA dell’Emilia.

Il Consiglio sarà composto da trenta esponenti delle associazioni imprenditoriali e da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, degli ordini e associazioni dei liberi professionisti e delle associazioni di tutela dei consumatori.

Ad ogni categoria economica spetterà un determinato numero di consiglieri. Se sul fronte imprese agricole Piacenza ha numero elevato di imprese iscritte in tutti gli altri settori industria, artigianato, commercio, cooperative la nostra provincia ha un numero di aziende che è spesso molto inferiore, talvolta persino la metà rispetto alle altre due province.

A votare non saranno le singole imprese ma le associazioni di categorie da Confagricoltori a Confindustra, dalla Cna alla Confesercenti, dalla Confcommercio alla Legacoop. Occorrerà dunque vedere quali “patti elettorali” le associazioni territoriali riusciranno a stabilire fra loro ma è evidente che se si dovesse procedere basandosi solo sui numeri, Piacenza rischierebbe di essere “il vaso di coccio” e di portare a casa un numero di rappresentanti molto più basso.

Come si legge sui siti delle CCIA «L’attribuzione dei seggi ai diversi settori economici è basata su parametri che tengono conto del numero delle imprese presenti nei singoli comparti (non necessariamente aderenti ad associazioni di categoria), dell’indice di occupazione, del valore aggiunto generato e del diritto annuale versato alle Camere di Commercio».

All’agricoltura andranno due seggi, all’artigianato cinque seggi, all’industria sette (di cui uno per la piccola impresa), al commercio cinque sette (di cui uno per la piccola impresa), alla cooperazione un seggio, al turismo due seggi, ai trasporti e spedizioni un seggio, al credito ed assicurazioni un seggio, ai servizi alle imprese cinque seggi, altri settori un seggio, sindacati un seggio, consumatori un seggio.

Il dialogo fra i territori è stato fin qui irto di ostacoli in particolare per la forte contrapposizione che vi sarebbe fra Parma e Reggio Emilia che faticano a trovare una quadra sui numeri e su chi comanderà davvero. La giunta dovrà essere composta da sette membri più il presidente.

Secondo vecchi accordi la sede principale dovrebbe essere Parma mentre a Reggio e Piacenza dovrebbero esservi due sedi distaccate.

Complicato anche il tema delle partecipazioni strategiche. La Camera di Commercio di Piacenza ad esempio è socia di Piacenza Expo ed ha partecipato alle ultime ricapitalizzazioni delle fiere di via Tirotti. Cosa potrebbe succedere in futuro con un ente camerale trainato dai parmigiani?

Dalla politica sono svariate le voci che si levano contro questa unificazione, anche se è difficile che qualcuno possa (e voglia) realmente fare qualcosa per fermarla.

Nei giorni scorsi il consigliere comunale dei Liberali Piacentini Filiberto Putzu aveva sollevato alcune domande al riguardo e chiesto che venga organizzata al più presto una seduta del consiglio comunale con l’audizione del commissario camerale Filippo Cella.

Durante il consiglio comunale di ieri, in occasione delle comunicazioni, Gloria Zanardi di Fratelli d’Italia ha manifestato la contrarietà all’accorpamento delle Camere di Commercio di Piacenza, Parma e Reggio Emilia.

“Pare che l’accorpamento delle Camere di Commecio sia ormai imminente, per questo, riitengo doveroso ribadire la mia contrarietà rispetto a questa scelta – inizia così Zanardi – Le realtà, che si vorrebbero unificare, sono alquanto distanti sia per caratteristiche economiche di territorio, sia per situazioni finanziarie dei relativi enti, sia per risultati sinora raggiunti e questo credo che non comporterà benefici per lo sviluppo del tessuto economico della nostra città”.

L’esponente di Fratelli d’Italia precisa: “Già in passato abbiamo assistito ad accorpamenti o tentativi di accorpamento, come ad esempio per la centrale operativa del 118, e sappiamo quanti e quali problemi e criticità si sono riscontrati. Il principio di razionalizzazione applicato aprioristicamente, senza attente valutazioni di dettaglio e nel concreto, potrebbe addirittura compromettere l’efficienza del sistema, in questo caso economico – prosegue – Non sono aprioristicamente contraria alle unioni di enti od organismi, ma credo  che debbano essere pensati e realizzati con criterio, a fronte di valutazioni sull’omogeneità delle componenti”.

Così Zanardi conclude: “Il mio commento, in questa sede, vuole essere una sollecitazione nei confronti del Sindaco e dell’amministrazione a manifestare la propria opposizione a tale iniziativa o comunque ad esprimere solidarietà alla Camera di Commercio di Piacenza, sicuramente penalizzata da questa scelta”.

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