Castell’Arquato: il no di Legambiente ed Italia Nostra all’ampliamento dell’impianto Forplast

Le due associazioni chiedono al Consiglio comunale di dare parere negativo all’ampliamento industriale di 100.000. Il futuro del paese “non è diventare un polo industriale di trattamento di rifiuti plastici”

Le associazioni Legambiente ed Italia Nostra chiedono al Consiglio comunale  di Castell’Arquato un No senza se e senza ma alla richiesta di “parere vincolante” all’ampliamento industriale di 100.000 metri quadrati presentata da Forplast, argomento all’ordine del giorno domani, lunedì 27 settembre 2021.

«Le preoccupazioni che avevamo espresso in agosto – scrivono – come Legambiente ed Italia Nostra circa le voci che circolavano in merito alla possibile realizzazione a Castell’arquato di un enorme impianto di  stoccaggio, trattamento, lavorazione e riciclo di rifiuti plastici provenienti da ogni parte d’Italia erano reali. Non solo ci sono stati diversi contatti ed incontri tra la ditta Forplast, i loro soci di capitale e l’Amministrazione, fatto in se legittimo,  per realizzare questo enorme impianto, ma da un accesso agli atti effettuato presso il Comune , abbiamo ricevuto copia della comunicazione  che in data 9 agosto la ditta Forplast ha inviato al Comune, nella quale richiede al Consiglio Comunale di esprimere “parere preliminare vincolante” ad un ampliamento industriale proprio in località Fornace Verani di 100.000 metri di cui 60.000,00 di area coperta e 40.000,00 in aree adibite a piazzale”

A seguito di questa lettera, senza però che ad oggi sia stato depositato al Suap alcun progetto a nostra conoscenza, lunedi 27 settembre  è stato  convocato un Consiglio Comunale  che ha posto all’ordine del giorno la richiesta di parere preliminare di Forplast relativa a tale possibile ampliamento industriale».

«Al di la dell’assoluta contrarietà ad una ipotesi di ampliamento di questa portata ai Doppi di Castell’Arquato – dicono i presidenti delle due associazioni Laura Chiappa (Legambiente) e Carlo Emanuele Manfredi (Italia Nostra Piacenza)su terreno agricolo ed in area assolutamente non idonea ad ospitare impianti di questo genere, vogliamo sottolineare due aspetti che di questa vicenda che riteniamo meritino chiarimenti da parte dell’Amministrazione. Da una parte il fatto che una azienda possa richiede ad un intero Consiglio comunale di esprimere un “parere preliminare vincolante” su una richiesta di ampliamento di cui nulla si sa, non essendo stato depositato alcun progetto. Su quali basi quindi un Consiglio dovrebbe esprimersi? ma soprattutto ci chiediamo in base a quale normativa un Consiglio comunale possa ritenere ammissibile una tale richiesta senza che ci sia alcun atto formale depositato e conseguente progetto. Un conto è la libera ed opportuna, a nostro parere, discussione politica in consiglio comunale, con espressione anche di un parere, sempre di tipo politico, sulla opportunità o meno di un insediamento industriale in area agricola che potrebbe seriamente ipotecare per il futuro l’intero sviluppo economico del Comune, altro è invece dare spazio ad una richiesta di parere preventivo vincolante senza avere alcun progetto o istruttoria depositata al SUAP.

Va da se quindi che una richiesta di questo genere vada rigettata in toto  sia da un punto di vista formale, sia per le ripercussioni e conseguenze economico\ambientali che un eventuale progetto di ampliamento di questo genere  potrebbe avere su tutto il comune e sul futuro sviluppo del territorio, già fortemente provato dalla presenza di un cementificio a Vernasca e dal passaggio di centinaia di camion giornalieri sulle strade del Comune.

Ribadiamo la nostra totale contrarietà a collocare un impianto di trattamento rifiuti plastici di queste dimensioni , più grande ad esempio dello stabilimento di Vanessa a Lugagnano(70 mila mq) o di Conserve Italia  a Lusurasco,  in  un’area di grande valenza agricola e paesaggistica come quella di Fornace, distruggendo 100.000 metri quadrati di terreno fertilissimo e dedicato alla coltivazioni di produzioni agricole locali ed a chilometro zero, vicina al torrente Arda. Uno stabilimento di questo genere va posizionato in aree industriali dismesse di cui tra l’altro la nostra provincia è piena

Ribadiamo anche che il suolo agricolo, il territorio e le sue caratteristiche non hanno prezzo ne possono essere barattati con oneri di urbanizzazione o con promesse di eventuali opere di compensazione. Nessuna compensazione può ripagare la perdita di suolo, che una volta consumato, è perso per sempre. Vogliamo inoltre sottolineare che l’ attività ipotizzata, il trattamento e riciclo di rifiuti plastici, in una preziosa area agricola non solo alle porte del Borgo medioevale , bandiera arancione del Touring Club ed importante meta turistica,  ma circondata  da coltivazioni di qualità e  vitivinicole , potrebbe portare una forte diminuzione di valore aggiunto a tutte le aziende agricole della zona , senza parlare del deprezzamento di tutte le proprietà immobiliari dei dintorni, della mancanza di allaccio all’acquedotto e fogna ed alla mancanza di strade idonee al passaggio dei tantissimi camion di rifiuti.

Vogliamo quindi sperare che l’Amministrazione comunale, tutta, maggioranza e minoranza, soppesando  i rischi evidenti di ospitare  sul territorio del Comune un  impianto di questo genere, se deciderà di esprimere  un parere in Consiglio circa un ampliamento , lo dia  negativo , senza se e ma , indirizzando una volta per tutte lo sviluppo del territorio di Castell’Arquato verso una economia sostenibile e realmente circolare, improntata sullo sviluppo  virtuoso del turismo enogastronomico, i percorsi culturali di qualità, l’agricoltura locale a chilometro zero la produzione vitivinicola e non certo la creazione di un polo industriale di trattamento e riciclo  di rifiuti di plastica in area agricola».

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