Chiusa la campagna del pomodoro da industria: tema dominante i costi alle stelle

Le considerazioni dei produttori di Confagricoltura Piacenza

La campagna del pomodoro da industria si è conclusa il 3 ottobre, la maggior parte delle aziende ha terminato la raccolta attorno alla metà di settembre. Confagricoltura Piacenza prova a tracciare, attraverso il parere dei propri produttori, alcune considerazioni su quella che resta, nonostante tutte le difficoltà, una delle colture più preziose per il territorio e alla quale sono dedicati quasi 10.000 ettari nella nostra provincia. Il tema caratterizzante della campagna è certamente stato l’enorme incremento dei costi di fattori produttivi, un’impennata tale da pregiudicare la redditività delle aziende nonostante il prezzo di riferimento fissato nell’accordo quadro di primavera fosse, in termini assoluti, di tutto rispetto.

“Mediamente la produzione è stata un po’ inferiore all’anno scorso – riferisce Daniele Arata che complessivamente ha dedicato 160 a pomodoro nelle due aziende di famiglia che lo vedono socio, Arata Fratelli e Maiano società agricola – per la siccità, nonostante abbiamo sopperito con l’irrigazione, a causa delle alte temperature.  Abbiamo poi avuto un evento tragico il 4 luglio: il forte vento ha danneggiato circa un terzo del pomodoro trapiantato a fine maggio, sono seguiti alcuni forti temporali che hanno fatto qualche ulteriore danno, soprattutto sulle varietà precoci. Per finire, un po’ di scottature, a causa del gran caldo, hanno fatto ulteriormente perdere un po’ di qualità. Insomma – commenta un po’ rassegnato – la media dei pagamenti è stata di fatto inferiore al prezzo di riferimento, non c’è stato l’euro di differenza che si auspicava, anzi, che serviva, perché ci sono stati talmente tanti costi gestionali in più che la remunerazione alla fine non è del tutto adeguata”. Arata, conti alla mano, ne cita alcuni: i costi irrigui vedono le cosiddette bollette dei pozzi più che raddoppiate, il gasolio da 0.8 euro/litro è salito sino a 1.2 – 1.3 euro, il costo delle manichette è raddoppiato. Alle stelle anche fertilizzanti e agrofarmaci. “Il pomodoro è una coltura che ha costi di conduzione che si aggirano attorno ai 7.500 euro/ettaro, fattori di rischio alti al punto che il solo costo assicurativo, al netto del contributo è circa del 6-7% della Plv, quante anticipazioni occorre fare a fronte di un guadagno ogni anno più incerto? Il costo del concime liquido è raddoppiato così come il costo dell’energia elettrica. Se nella campagna conclusa potevamo contare su alcune scorte di magazzino dei materiali e spuntare qualche sconto, per la prossima non succederà. Con questi costi e questi rischi, considerando gli ammortamenti dei macchinari, risulta forse conveniente orientarsi su altre colture, che magari hanno una redditività più bassa in termini assoluti, ma sono molto meno impegnative e rischiose. I campi a grano duro quest’anno hanno reso poco più della metà di quelli a pomodoro, ma se consideriamo l’investimento e il lavoro, vale la pena fare riflessioni per il prossimo anno. Personalmente penso che ridurrò un po’ le superfici”.

Più soddisfatto Bruno Sala che conduce la Cavedò società agricola: una realtà più piccola che ha destinato a pomodoro da industria 25 ettari a San Polo di Podenzano. “Conferiamo ad Emiliana Conserve la quale si occupa della raccolta, seminiamo solo varietà precoci e dopo due anni in cui ho rischiato grosso per le gelate, quest’anno devo dire che mi è andata bene. Anche con tutte le accortezze del caso serve sempre una componente di fortuna, infatti il vento e i temporali non sono riusciti a distruggere i pomodori perché le piante erano già cariche di bacche pensanti, dunque hanno resistito. Dipende anche da come colpisce il maltempo: c’è differenza tra un campo e l’altro. In un campo purtroppo ho avuto alcuni problemi di batteriosi a causa di una grandinata, ma il danno non era abbastanza grave per attivare l’assicurazione. Certo, il tema dei costi è preoccupante perché mangia la marginalità – conclude Sala – il concime era triplicato e il gasolio sono arrivato a pagarlo 1.450 €/litro”.

“Non ho ancora i dati finali ma non sono disastrosi – gli fa eco Stefano Repetti nelle due aziende di famiglia Terre della Valtrebbia e Podere Mangialupo ha coltivato, in questa campagna, 102 ettari di pomodoro – si è prodotto solo un po’ meno. Vero è che è stata una campagna molto faticosa che ha richiesto una gestione molto attenta con i giusti apporti di nutrienti e di acqua ed è stata possibile solo per chi ha avuto la fortuna di avere abbastanza acqua a disposizione. Ho finito di raccogliere tre settimane fa, in alcuni appezzamenti ho raggiunto i 900 quintali/ha. Ho comunque registrato un po’ di problemi per il caldo eccessivo, ma siamo riusciti a scongiurare il pericolo, visto più volte da vicino, di una campagna compromessa. Lunedì scorso ho iniziato a raccogliere le zucche – conclude pensando ai cicli e alla programmazione che continua – vedremo, ma siamo su un’altra dimensione: 15 ettari”.

Tira le fila Confagricoltura Piacenza: “Tutto sommato, a parte il caldo, la siccità e le grosse spese di irrigazione, alla fine i produttori, grazie alla loro esperienza, sono riusciti ad avere rese che non si discostano molto dalla norma, ma la marginalità è ridotta perché per garantire livelli produttivi accettabili si sono sostenuti costi enormi. Merita poi una riflessione quanto si è deciso di sacrificare, nell’economia delle varie coltivazioni aziendali, per poter assicurare la produzione di pomodoro. Con l’acqua contingentata e i costi alle stelle, gli agricoltori hanno dovuto decidere cosa salvare, a quel punto, il pomodoro, che richiede maggiori investimenti iniziali, ha avuto la precedenza, anche questo va considerato in un bilancio complessivo”.

“Gli agricoltori iniziano a realizzare che non è più obbligatorio fare un mestiere senza poter avere i mezzi, continuare a coltivare senza redditività, senza strumenti e senza dignità, succubi dello scempio di una società che non garantisce neppure l’acqua – sottolinea il presidente dell’Associazione, Filippo Gasparini – a tendere avremo sempre meno pomodori, meno foraggi e meno latte e oggi i motivi, da noi denunciati da tempo, sono evidenti”.

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