Confagricoltura Piacenza lancia l’allarme: “Manca manodopera nei campi”

L'associazione chiede di prolungare il decreto flussi e prevedere procedure per regolarizzare chi è ancora nel limbo

Riprendono le lavorazioni nei campi, ma manca la manodopera. A denuncialo è Confagricoltura Piacenza che ha ricevuto diverse segnalazioni dagli associati in cerca di braccianti agricoli. Il Decreto flussi è al rush finale ed entro il 17 marzo vanno presentate le domande di permesso: 42 mila stagionali e 20mila subordinati a livello nazionale.

“Mancano i numeri e i tempi – commenta Marco Casagrande direttore di Confagricoltura Piacenza -. Le aziende iniziano ad aver bisogno già in questi giorni, ma la manodopera straniera stenta ad arrivare. Molti dei Paesi dell’Est non sono disponibili: c’è chi purtroppo sta già combattendo e chi, comunque, è trattenuto dalla situazione di grande incertezza”. In queste ore si ragiona su una possibile riapertura del decreto flussi migratori con deroghe urgenti in grado di favorire l’ingresso di cittadini ucraini e consentire loro il lavoro. È vero che nel decreto flussi il numero degli ingressi per gli stagionali, tenendo conto dei fabbisogni, è stato più che raddoppiato rispetto al 2020, ma resta il nodo critico delle tempistiche. Le domande saranno valutate in base all’ordine di presentazione, da Prefettura e Ispettorato del lavoro, non sempre però la convocazione del datore di lavoro in Prefettura avviene nei 60 giorni previsti. Poi il lavoratore dovrà fare richiesta agli uffici consolari del suo paese e trascorreranno indicativamente altri 30 giorni.

“La legge – spiega Casagrande – prevede che questi lavoratori vengano assunti senza essere mai stati in Italia e con tempi sfasati rispetto a quelli della campagna agraria. Riscontriamo invece l’esigenza di regolarizzare chi è già qui. La maggior parte dei permessi di soggiorno negli ultimi anni è stata rilasciata per motivi di famiglia. Frenare la manodopera straniera nella convinzione che ci siano troppi disoccupati italiani non è una soluzione perché, in realtà, ci sono sempre meno operai disposti a lavorare nei campi. C’è, è vero, qualche giovane che torna alla campagna, ma parliamo di imprenditori formati che intendono avviare un progetto di impresa proprio. Per quanto riguarda la manovalanza è sempre più difficile avere personale adeguato. Anche nei campi serve know-how e le aziende spesso riassumono le stesse persone. Il discorso si fa ancor più delicato in stalla dove si lamenta la mancanza di una formazione specifica di alto livello adeguata alla complessità che hanno ormai assunto i processi. La pandemia prima e la guerra ora – spiega Casagrande – stanno destabilizzando i flussi e le disponibilità. Le aziende sono in forte difficoltà, per questo – conclude – sarebbe opportuno prevedere procedure semplificate che consentano rapidamente di andare a lavorare ai profughi che sono già stati accolti, ai rifugiati e a quanti non hanno ancora avuto modo di regolarizzare la propria posizione”.

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