R-Esisto e ControTendenza si aggregano allo sciopero lanciato da Non una di meno per l’8 marzo

ControTendenza e R-Esisto sciopero l'8 marzo sull'onda dell'agitazione permanente di Non una di meno
La mobilitazione lanciata da Non una di meno Nazionale

Sull’onda dell’agitazione permanente di Non Una Di Meno Nazionale, R-Esisto Collettivo femminista Piacenza e ControTendenza Piacenza si aggregano alla protesta con una mobilitazione cittadina per venerdì 8 marzo, giornata di sciopero globale transfemminista. Il corteo partirà alle ore 18 dal liceo Respighi (barriera Genova).

La sezione piacentina di Non Una Di Meno specifica però di non avere nulla a che fare con questa manifestazione e che i propri eventi e le proprie iniziative sono cosa totalmente distinta e si terranno in orari e luoghi diversi (dalle 13,30 alle 14,30 davanti al Respighi, dalle 15,30 alle 16 30 ai Giardini Merluzzo ed alle 16 30 in piazza Duomo – vedi il programma).

Non una di meno Nazionale invitava per quella data a interrompere “ogni attività lavorativa e di cura, formale o informale, gratuita o retribuita. Portiamo lo sciopero sui posti di lavoro e nelle case, nelle scuole e nelle università, negli ospedali e nelle piazze. Incrociamo le braccia e rifiutiamo i ruoli e le gerarchie di genere”. Tra i punti fondamentali ci sono il rifiuto della legge Pillon, il livore nei confronti della legge Salvini, ma viene denunciato anche il “finto reddito di cittadinanza” e il rifiuto della finta flessibilità del congedo di maternità.

Viene chiesto invece salario minimo europeo, reddito di autodeterminazione, welfare universale, aborto libero sicuro e gratuito, autonomia e libertà di scelta sulla vita e una ridistribuzione del carico del lavoro di cura.

Nella nota diffusa da R-Esisto e ControTendenza vengono elencate altre motivazioni di sciopero. “Uno sciopero per denunciare gli innumerevoli casi di violenza di genere relegati a semplici fatti di cronaca, presto dimenticati e verso i quali rimaniamo indifferenti.

Per rifiutare la narrazione della violenza di genere da parte dei media, i quali parlano di “raptus”, “tempeste emotive” e liti furibonde, ma mai ci raccontano dell’ordinarietà del profilo dei carnefici, mai mostrano le responsabilità concrete della società e delle istituzioni.

Uno sciopero, quindi, per denunciare tutti gli stupri e i femminicidi, che sono solo l’espressione più estrema di una cultura patriarcale che si manifesta in tutti gli aspetti della vita.

Per ribadire che la violenza di genere non conosce nazionalità e provenienza, ma è frutto della violenza patriarcale, la quale va felicemente a nozze con la violenza razzista e classista.

Uno sciopero contro le condizioni di sfruttamento e ricatto che le lavoratrici e i lavoratori si trovano a vivere, contro la precarietà economica ed esistenziale a cui ci condannano e di cui noi donne siamo le prime a fare le spese. Contro la flessibilità e i lavori sottopagati che ci impongono e contro la retorica paternalista che costringe le donne ad abituarsi ad assolvere un fantomatico dovere di madre stabilito da uomini.

Per denunciare lo smantellamento del welfare e dei servizi che scarica tutto il lavoro di cura sulle spalle delle donne e le costringe a chiudersi nella gabbia casalinga, a fronte di asili troppo cari e nonni costretti a lavorare fino alla tarda età.

Contro le leggi degli ultimi governi, come il Jobs Act e la Fornero, che non hanno fatto altro che smantellare diritti e garanzie conquistate in anni di lotte e condannare le persone a morire prima di vedere la pensione, spacciandola pure come un segno di parità tra uomini e donne.

Uno sciopero contro la mancanza di finanziamenti e riconoscimento dei Centri Antiviolenza, contro l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici che ancora nel 2019 non garantisce il diritto alla salute e a decidere sul proprio corpo.

Uno sciopero per denunciare la mancanza di progetti di educazione sessuale nella maggior parte delle scuole, per combattere la cultura dello stupro, educare al rispetto delle differenze e sconfiggere i tabù.

Uno sciopero per dire no a qualunque forma di strumentalizzazione dei nostri corpi, usati per fomentare l’odio razziale e le derive securitarie che legittimano la militarizzazione delle città.

Uno sciopero per ribadire che non ci devono essere uomini contro donne, o bianchi contro neri, ma solo sfruttate/i contro sfruttatori”. 

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