Il corto David di Donatello “Frontiera” alla Festa Multietnica col regista Alessandro di Gregorio

Per superare certe notizie spazzatura sui migranti e riflettere. "Spesso - sottolinea Di Gregorio - passa di più uno slogan semplice rispetto all'approfondimento"

Siamo abituati ad osservare il mondo attraverso le cartine, ognuna recante spesso confini, Stati. A volte bisognerebbe fermarsi e capire che quelle frontiere sono inventate dall’uomo stesso.

La Festa Multietnica da anni ormai fa un lavoro mirabile, cercando di avvicinare e far riflettere. E’ accaduto anche ieri sera con la proiezione di “Frontiere” corto di Alessandro di Gregorio premiato col David di Donatello che racconta una storia semplice quanto complessa: un necroforo e un sommozzatore a Lampedusa, mentre fanno semplicemente il loro lavoro, raccogliendo i resti di chi la Frontiera non è riuscito a superarla.

“Il corto nasce dall’idea di Ezio Abbate dopo aver letto un articolo di Attilio Bolzoni, in cui veniva raccontata una storia attraverso i due punti di vista. Siamo stati a Lampedusa, ed erano già molto provati per questo lavoro molto provante, abbiamo parlato con le famiglie dei necrofori”.

A produrre il corto la Kavac Film ed Emma Film. La Kavac, cui oggi fa capo il piacentino Simone Gattoni, è stata fondata nel 1997 da Marco Bellocchio e Francesca Calvelli.

“Abbiamo chiesto ai sub e alle famiglie cosa ne pensassero di tutto quello che succede nei governi. Loro ci hanno detto semplicemente che il loro lavoro è salvare vite umane, non recuperare corpi. La Guardia Costiera ci ha dato una mano ed era molto contenta di questo corto”.

Per dare un punto di vista “sul campo”, di qualcuno che ogni giorno lavora con persone migranti era presente Michele Rossi del CIAC di Parma. Per capire come si è arrivati a un morto ogni sei partenti (Dati dal rapporto Amnesty International uscito pochi giorni fa). “Tra qualche anno magari i nostri figli ci chiederanno quante persone avrebbero potuto essere salvate e non sono state salvate. Vivere con loro significa convivere con la loro ansia di non poter vedere i propri famigliari in viaggio ad esempio. Si è arrivati a tutto questo a causa di politiche miopi rispetto a un fenomeno strutturale. Sono più di 65 milioni i rifugiati nel mondo secondo le stime dell’UNHCR, stime tutto sommato al ribasso. 

Ma uno dei problemi che vediamo tutti i giorni attorno a noi sono i social network, in grado di ingigantire un fenomeno e creare molto spesso danni e odio. “L’utilizzo è spesso sbagliato – commenta Di Gregorio – tossico. E’ facile arrivare a gran parte della poolazione con immagini non veritiere, anche per quanto concerne i migranti, tacciati talvolta di essere d’accordo coi trafficanti di esseri umani. Cosa smentita, ma difficilmente poi la gente approfondisce, meglio uno slogan semplice e immediato”.

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