Continua il dramma silenzioso delle case di riposo. E’ ora di agire!

Un dramma silenzioso che sarebbe finalmente ora di affrontare come priorità assoluta

La situazione difficile nelle case di riposo è (forse) una delle ultime da superare prima di sperare davvero di aver battuto il Coronavirus, almeno nella nostra area e in Italia. Non si contano infatti i casi a Parma (dove il Nas si è già mosso da giorni, con accertamenti in varie strutture) ma anche a Reggio Emilia, Modena e Piacenza.

Le difficoltà maggiori sarebbero emerse alla Madonna della Bomba ed al “Vittorio Emanuele”. Nel primo caso sono ormai 30 i decessi, nel secondo il 25% di anziani ha sintomi riconducibili al Covid. Tanti altri ricoveri, pubblici o privati, stanno vivendo forti criticità. Una situazione aggravata dalla mancanza di contatti fra genitori e figli e dalla difficoltà di rimanere aggiornati.

Il dibattito su come affrontare l’epidemia resta animato e forse più che discutere si sarebbe già dovuto agire da tempo. Per “alleggerire” le strutture in maggiore difficoltà esiste la possibilità di evacuazione verso scuole, caserme o alberghi, (in questo caso un decreto prevede anche la possibilità di requisizione).

Una simile soluzione aiuterebbe ad aumentare il distanziamento sociale e a diminuire gli ulteriori contagi fra gli ospiti ancora non infettati.

Sarebbe una soluzione che sindaci e prefetto potrebbero valutare, tuttavia Lucia Fontana, presidente della Conferenza socio sanitaria, avverte che il reperimento di spazi esterni non sarebbe compatibile con le necessità di anziani non autosufficienti.

La soluzione potrebbe dunque essere duplice e contemplare sia gli alberghi per ospitare i dimessi (autosufficienti) che abbiano completato il percorso di cura, sia le USCA, le unità assistenziali casa per casa (le task force, per intenderci) che dovrebbero intervenire massicciamente e rapidamente in tutte le case protette armate di ecografo mobile.

Qualunque sia la soluzione non è più il tempo delle parole e dei piani ma finalmente quello dell’azione. Non è tollerabile vedere la generazione che ha costruito il nosro benessere spazzata via senza che abbiamo fatto tutto il possibile per salvarla.

In tutta Italia strutture che dovrebbero proteggere gli anziani negli ultimi scampoli della loro vita si sono trasformate in pericolosi focolai e non sempre sono visti tempestivi interventi. Noi stessi abbiamo raccolto varie testimonianze da parte di lettori che raccontano (ancora oggi) situazioni preoccupanti a cui sono sottoposti i propri genitori. Come quella di  un anziano con febbre da dieci giorni a cui non sarebbe  stato effettuato il tampone (programmato dopo insistenza dei figli per il 15 aprile) o altri, con compagni di stanza deceduti e con sintomi, ancora in attesa di tampone.

Storie che le autorità avranno tempo e modo di verificare. Intanto occorre intervenire in via prioritaria. Perchè se questa malattia ci ha insegnato qualcosa è che prenderla in tempo è l’unico vero modo per cercare di impedire che degeneri.

Né Regione né Ausl hanno reso pubblici (nonostante plurime richieste anche da parte nostra) i dati delle persone contagiate nelle Rsa della nostra provincia (tra ospiti e dipendenti), quante sono state ricoverate in ospedale, quante sono in cura presso le strutture e quanti fra i defunti registrati a Piacenza e provincia fossero ospiti in ricoveri. I tamponi già effettuati sarebbero fin qui un centinaio. Ma quanti sono i malati ancora non esattamente censiti e come intende agire l’Azienda sanitaria?

Perchè è ormai chiaro che quello delle Rsa non può essere un problema confinato dietro le mura di ciascuna struttura ma riguarda tutta la collettività.

 

 

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