Due commissari per una Camera di Commercio (quella di Piacenza)

La nomina di Filippo Cella a commissario straordinario della CCIA di Piacenza si interseca con quella di Michelangelo Dalla Riva nominato tre anni fa commissario ad acta per governare la fusione con Reggio e Parma, ancora “tutta da scrivere”

Camera di Commercio di Piacenza

Lo scorso 18 marzo, il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti con un apposito decreto, ha nominato Filippo Cella, Commissario straordinario della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Piacenza.

Come è noto con il decreto del 16 febbraio 2018 era stato dato avvio a diversi processi di accorpamento, tra cui quello delle Camere di Parma, Reggio Emilia e Piacenza. Un cammino che avrebbe dovuto essere concluso in pochi mesi e che invece, a distanza di tre anni, non solo non si è ancora concluso ma non è nemmeno certo quanto a tempi e modalità.

Visto che in Italia lasciamo un po’ a desiderare nel portare a termine le cose, ma siamo assai più bravi nel varare leggi dopo leggi, un successivo decreto (il DL 104 del 14 agosto 2020) aveva previsto che «gli organi delle Camere di Commercio , Industria , Artigianato e Agricoltura in corso di accorpamento che non abbiano completato le operazioni di accorpamento entro il 30 novembre 2020 decadono dal trentesimo giorno successivo alla predetta data, ed il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Regione interessata , nomina un commissario straordinario».

Per questo anche gli organi della Camera di Commercio di Piacenza erano decaduti non per naturale scadenza ma a causa del provvedimento ministeriale.

Ora Giorgietti, neo ministro del ricostituito MISE, ha dunque nominato il presidente decaduto Cella commissario straordinario con «tutti i poteri del Presidente, del Consiglio e della Giunta Camerale per assicurare la continuità e rappresentatività delle attività in capo ai rispettivi organi».

Nessuna retromarcia ministeriale però rispetto all’accorpamento visto che lo stesso decreto esplicita «la necessità di procedere al commissariamento ai sensi della norma sopra richiamata, al fine di consentire una pronta definizione dei procedimenti di competenza dell’Ente camerale finalizzati all’accorpamento in corso».

Resterebbe a dire il vero da capire se Parma e Reggio siano ancora così desiderose di portare a termine questo matrimonio, visti in particolare alcuni ripensamenti dei cugini ducali che avevano portato ad uno stallo dell’intero processo.

Lo stesso ministro ha peraltro confermato «i compiti attribuiti dal Decreto del Ministro dello Sviluppo 16 febbraio 2018 al Commissario ad acta, appositamente nominato, per gli atti necessari all’espletamento delle procedure di costituzione del Consiglio della nuova Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Parma, Reggio Emilia e Piacenza».

L’allora ministro Calenda aveva infatti nominato Michelangelo Dalla Riva, segretario dell’ente reggiano, commissario ad acta incaricato proprio di “governare” il processo di integrazione

«I commissari ad acta … hanno il compito di adottare … la norma statutaria di composizione del nuovo Consiglio …, di avviare le procedure di costituzione del consiglio delle relative nuove camere di commercio e svolgere tutte le azioni propedeutiche necessarie alla costituzione delle medesime, nonché di richiedere, in tempo utile per consentire la costituzione del collegio dei revisori al momento della costituzione delle nuove camere di commercio, le designazioni dei componenti del collegio dei revisori …».

Avrebbe dovuto essere, il suo, un incarico tecnico abbastanza rapido, tanto che al comma 2 dell’articolo 4 si prevedeva che i commissari ad acta dovessero «avviare le procedure per la costituzione del consiglio delle nuove camere di commercio …  entro il 1° marzo 2018, pena la decadenza dall’incarico e la nomina di altro commissario ad acta».

Le cose invece sono andate come sono andate ed a tre anni di distanza la fusione è ancora lontana dalla meta.

Così ora ci si ritrova con due commissari per una stessa Camera di commercio, uno straordinario, Filippo Cella ed uno ad acta.

Poiché a Cella sono stati conferiti i poteri dei decaduti presidente, consiglio e giunta camerale, dovrà essere lui a prendere le decisioni ultime che dovrebbero portare verso l’ineluttabile fusione con Parma e Reggio, ovviamente coordinandosi con l’altro commissario.

Potrebbe per assurdo Cella decidere invece di accasarsi con qualche altra camera di commercio o non accasarsi affatto? Scenari improbabili ma che, dal punto di vista meramente giuridico, non sarebbero da escludere in toto.

Insomma il tipico scenario italiano in cui si sprecano norme e nomine senza riuscire ad ottenere risultati chiari e rapidi.

I Liberali: “Per la CCIA di Piacenza non c’è più niente da fare?”

Su questo travagliato matrimonio d’interesse camerale interviene, con un comunicato, anche l’Associazione dei Liberali piacentini:

«Pur non essendosi mai detto con precisione nella nostra provincia, per la Camera di commercio di Piacenza il cammino della sopravvivenza rispetto all’incorporazione in quella di Parma e di Reggio Emilia è oggi oltremodo irto di difficoltà. Sostanzialmente, si potrebbe infatti operare solo attraverso una modifica di legge che riaprisse il termine, tempo fa scaduto, per la costituzione di Camere di commercio con meno di 75.000 imprese per territori omogenei.

Dal decreto di nomina a Commissario straordinario del Presidente uscente della vecchia Camera di commercio di Piacenza dott. Filippo Cella risulta infatti, a chiare lettere, che, oggi come oggi, l’unico percorso previsto è quello della costituzione della Camera (che si intitolerebbe “dell’Emilia”) di Parma, Reggio Emilia e Piacenza. Per la costituzione specifica di quest’ultima Camera, è infatti stato nominato un Commissario ad acta differente dal Commissario straordinario, il quale ultimo ha solo il compito di svolgere le attività già di competenza del Consiglio e della Giunta fino alla nascita della nuova Camera di commercio.

L’Associazione dei Liberali ricorda di non essere mai stata favorevole alla rinuncia ad una Camera di commercio autonoma e di aver più volte rilevato che, in mancanza di iniziative con una generale o comunque importante rappresentatività, il risultato sarebbe stato quello che appunto andrà ora a realizzarsi. Invero, tempo fa, era invece possibile accorpare circoscrizioni limitrofe anche al di fuori della stessa regione in presenza di motivate eccezioni che, a parere dei Liberali, si sarebbero facilmente rinvenute nella stessa posizione geo-economica della nostra terra. Inoltre, per un lungo periodo, gli accorpamenti erano previsti esclusivamente da un decreto del Ministero dello sviluppo economico del 2018 che, per il suo rango normativo, poteva essere modificato con atto amministrativo. Invece, oggi non è più sufficiente la modifica di un mero decreto ministeriale perché, con un provvedimento di legge dello scorso anno, il Governo Conte ha legificato le circoscrizioni territoriali possibili ed incluso Piacenza nell’ambito della Camera di commercio “dell’Emilia” di cui s’é detto.

Purtroppo, come già detto, oggi, per non essere accorpati a Parma e a Reggio Emilia, il tempo è pressoché scaduto, ma non del tutto, e, per evitare l’accorpamento in parola, sarebbe necessaria una forte iniziativa legislativa che la classe politica piacentina non ha purtroppo fino ad oggi né promosso né tantomeno portata a compimento, ad evitare quello che sembra oggi l’unico sbocco di una vicenda che ha visto Piacenza in posizione di supina acquiescenza nell’ambito di una vicenda partita con una legge del 1993 e portata avanti con diversi provvedimenti sia amministrativi che normativi, che hanno sempre visto la nostra città solo in posizione subordinata. Oggi, come detto, e in mancanza (come per il passato) di nostre iniziative, “siamo costretti a sperare – conclude il comunicato dei Liberali – che altre province più capaci di noi, come Reggio Emilia, si oppongano alla fusione delle tre Camere di commercio».

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