Foti (FdI) e Confagricoltura si interrogano sul futuro del Consorzio Agrario

Gli agricoltori piacentini preoccupati per storica realtà locale sulla quale c’è l’ombra di una nuova fusione. Secondo il parlamentare la vicenda avremme meritato una "comunicazione diversa"

Confagricoltura Piacenza si fa carico della preoccupazione espressa da molti agricoltori del territorio circa la possibilità di un nuovo riassetto del Consorzio Agrario: la storica realtà consortile che già da qualche anno è convogliata in Terrepadane. Indiscrezioni parlano di una nuova fusione in una compagine societaria ancora più vasta che coinvolgerebbe poco meno di una decina di altri consorzi. La storia dei Consorzi Agrari è nata a Piacenza e la realtà consortile, pur nelle sue evoluzioni, ha sempre conservato un profondo legame con il nostro territorio a cui garantisce assistenza e mezzi, fornisce servizi, ma da cui, anche, ricava un importante fatturato, forte del reciproco legame con i numerosi imprenditori agricoli piacentini che dunque vorrebbero avere più informazioni circa il progetto. Ad avviso degli agricoltori vi sono, in particolare, alcuni aspetti sui quali chi deciderà dovrà assumersi importanti responsabilità anche in termini di ricadute locali. La realtà piacentina è infatti una delle espressioni più avanzate dell’agricoltura moderna, con comparti che guidano l’agricoltura nazionale, come il pomodoro da industria, il lattiero caseario, altri che hanno un importante valore per le loro specificità, come il vitivinicolo e  qualunque sia l’assetto che Terre Padane intenderà assumere, ad avviso di Confagricoltura Piacenza, è necessario che il know-how specifico della nostra provincia sia tutelato attraverso la garanzia di mantenere inalterati gli standard di assistenza e fornitura che il consorzio fino ad oggi ha garantito anche grazie alla capillare rete di assistenza tecnica e al forte presidio delle singole esigenze degli imprenditori agricoli.

Da non tralasciare che la ricchezza patrimoniale e immobiliare di Terrepadane è frutto del contributo di tutti gli agricoltori, è dunque legittimo che questi si chiedano che ruolo Terrepadane giocherà entrando in questa società e cosa ne sarà di tututto il patrimonio costituito negli anni grazie ai soci piacentini. Gli amministratori dovrebbero essere in grado di dire che ruolo di rappresentanza avrà Terrepadane in questo nuovo organismo. Rimane, infine, più che un dubbio sulla solidità delle nuove consorelle che certamente non hanno i bilanci della società consortile piacentina né altrettanta comprovata capacità manageriale dei suoi vertici organizzativi.

Confagricoltura Piacenza si chiede, nel momento in cui venisse attuata questa operazione e magari la sede dovesse essere delocalizzata a centinaia di chilometri, cosa ne sarebbe di questo legame col territorio, e se non vi sia il rischio che la realtà piacentina venga declassata ad una mera succursale.  Anche a fronte dell’importante contributo che gli agricoltori piacentini garantiscono a Terrepadane si resta quantomeno perplessi sulla mancata su adeguata informazione ai socie e si chiede trasparenza su quanto è stato delibero e quanto si andrà a deliberare.

Con spirito collaborativo Confagricoltura Piacenza resta a completa disposizione per dare il proprio contributo a mantenere l’autonomia e la permanenza a Piacenza della realtà consortile.

Sullo stesso tema interviene anche l’on. Tommaso Foti attraverso un comunicato.

«La ventilata fusione del Consorzio Terre Padane con altri al momento ignoti confratelli, senza che chi scrive intenda interferire in decisioni che coinvolgono i predetti, avrebbe meritato una comunicazione diversa e un coinvolgimento, che non c’è stato, almeno ufficialmente, delle IstituzIoni, a partire dalla Provincia e dal Comune di Piacenza. E ciò, se non altro, per i legami storici che legano questi ultimi al consorzio agrario e, non da ultimo, per essere gli stessi destinatari di un impattante progetto di riqualificazione dell’area di Via Colombo che si trascina da alcuni anni.
Pare evidente che, anche in relazione alla difficile situazione in cui versa il nostro territorio, mettere in evidenza che cosa riservi l’ipotizzata fusione per il futuro – dal possibile impatto occupazionale al mantenimento o meno un centro direzionale – servirebbe in primo luogo a fornire adeguati elementi di conoscenza, oltre a qualche certezza in più, tanto a coloro che prestano la propria attività per Terre Padane quanto a ai soci agricoltori.
Mi auguro – essendo stato investito in questi giorni da più soggetti della questione, in ragione del mio ruolo parlamentare – che sia i soggetti istituzionali prima indicati sia i dipendenti e i soci di Terre Padane siano adeguatamente informati  dagli amministratori del Consorzio delle reali loro intenzioni rispetto a quelle che non paiono più essere voci, ma che risulterebbero profilarsi come scelte imminenti».

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