Fp Cgil: “I servizi socio sanitari sono in grande difficoltà”

"Occorre una seria revisione della disciplina degli accreditamenti"

Che i servizi socio sanitari siano in grande difficoltà non è una scoperta recente. E’ quanto sostiene in un comunicato la Fp Cgil che «non solo denuncia a tutti i livelli la preoccupante deriva di tutto il sistema socio sanitario, ma lavora su vari fronti per provare a risolvere i problemi. È un dato di fatto  che il sistema oggi esprima un livello quali-quantitativo inferiore al passato e il rischio di ulteriore peggioramente è più che concreto».

«Il 10 ottobre 2020 -continua il sindacato –   dopo che la pandemia aveva sbattuto in faccia a tutti i detrattori del sistema pubblico l’inequivocabile necessità di rafforzarlo (questo sistema che è stato l’unico in grado di reggere e di assicurare cura e assistenza nel periodo più buio dal punto di vista sanitario da un secolo a questa parte),  la Fp Cgil ha presentato all’allora ministro della Sanità, durante un’iniziativa pubblica, la propria piattaforma per la ricostituzione complessiva del sistema socio sanitario, proprio a partire da quelle criticità che oggi anche altre voci si uniscono a denunciare».

“Da due anni a questa parte” – sottolineano Alberto Gorra e Antonio De Leo, responsabili del settore socio sanitario della Fp Cgil di Piacenza – “il sindacato di categoria tiene alta l’attenzione e denuncia la grande preoccupazione per la carenza di personale e per quella che già in altre occasioni abbiamo definito “fuga” dai servizi essenziali per anziani, disabili, minori, adulti fragili, assistenziali e socio educativi, domiciliari, di integrazione scolastica, iniziata già dalla fine del 2020″.

«Con le nostre strutture regionale e nazionale” – proseguono Gorra e De Leo – “stiamo lavorando perché la contrattazione collettiva arrivi il prima possibile, seguendo il principio “stesso lavoro-stesso contratto”, a definire contratti “di filiera”, ossia contratti che riconoscano le stesse condizioni economiche e di lavoro a tutti coloro che operano con le stesse mansioni in una determinata struttura, indipendentemente da chi è il loro datore di lavoro, pubblico o privato. Le associazioni datoriali private e cooperative, che spesso piangono miseria quando devono applicare anche quel minimo miglioramento previsto dai contratti nazionali seppure deboli, non possono stupirsi se il personale cerca condizioni migliori, né aspettarsi l’eterno sacrificio a maggior ragione in un panorama di crisi economica come quello attuale».

«A spingere i lavoratori a dimettersi non sono solamente le insufficienti condizioni economiche, non in grado di valorizzare il delicato lavoro svolto,  ma anche il “clima lavorativo”, quelle condizioni di qualità del lavoro sempre più difficili e compresse e carichi di lavoro opprimenti al punto da essere non più sostenibili per molti lavoratori che arrivano ad abbandonare il settore che avevano scelto e a cui hanno magari dedicato gli studi e gran parte della propria vita lavorativa.

E non è raro, paradossalmente,  che da parte di diversi datori di lavoro si faccia poco o nulla per trattenere i lavoratori, come se le risorse umane fossero comunque facilmente e perfettamente sostituibili (un numero tra i tanti), nella ormai erronea convinzione che per uno che se ne va ce ne siano sempre dieci pronti a prendere il suo posto alle medesime condizioni.

Ovviamente ci vanno di mezzo i servizi. Per questo – concludono i rappresentanti di Fp Cgil – da tempo parliamo di alleanza tra i cittadini e i lavoratori e riteniamo che non sia più rimandabile una saldatura tra chi riceve cure e assistenza e chi le somministra. E pensiamo che su questa alleanza  sia necessario investire con sempre maggiore decisione, proprio perché ne va della tenuta stessa del sistema, della comunità.

Le politiche che negli ultimi 15-20 anni hanno demonizzato il sistema pubblico, indebolendolo fin quasi alla morte  per favorire l’impresa privata, hanno portato disorganizzazione e frammentazione con la conseguente incapacità del sistema di rispondere ai bisogni.

Occorre una seria revisione della disciplina degli accreditamenti, alla luce della condizione molto cambiata dell’utenza che accede alle strutture, ma occorre che  i cittadini fruitori dei servizi si muovano insieme ai lavoratori che li erogano, dalla stessa parte, comprendendo le ragioni dei disservizi e proponendo insieme soluzioni».

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