A lezione di giornalismo in Cattolica con Domenico Quirico

Quirico mattatore in Cattolica
Domenico Quirico durante il suo intervento

Iniziato ieri con un ospite di spessore il quinto corso di formazione organizzato dal Laboratorio Mondialità Consapevole “Quasi alla fine del Mondo – Politiche in un mondo in movimento”. Domenico Quirico in Cattolica ha spaziato dal tema dei migranti al giornalismo, passando dalla geopolitica e la guerra.

“Siamo passati dall’epoca delle guerre ideologiche, che erano quelle degli anni 70 e 80, in cui anche con le parti più radicalmente opposte all’occidente esistevano punti di contatto ideologico. Adesso siamo entrati nella fase delle guerre etniche, tribali e del fanatismo religioso. La guerra del Califfato ha segnato il passaggio da una stagione all’altra“. In che senso?

Non solo non c’è il riconoscimento della controparte, come poteva essere lo ius belli romano, ma la controparte non ha alcun punto di contatto con noi. La quintessenza del Califfato è la negazione dell’avversario, noi siamo il male che deve essere combattuto ed eliminato.

“In secondo luogo, la guerra per loro è l’unica ragione di vita, noi l’abbiamo rifiutata fortunatamente, ma non siamo più in grado di farla, cerchiamo disperatamente di inventarci una guerra senza morti. Allora c’è un tentativo di soluzione tecnologica, da qui l’utilizzo di droni che da soli uccidono e che vengono telecomandati (senza creare perciò senso di colpa, non c’è l’atto dell’uccidere). Opuure cerchiamo qualcuno che faccia la guerra per noi. Non per una scelta di santità, credo che oggi nei Paesi occidentali non ci sono leader disposti a pagare un prezzo di vite umane, di ricchezza”.

USA E IL BOTTONE ROSSO DI KIM

Quirico considera ad esempio la posizione presa da Barack Obama di non mandare in guerra cittadini americani: “Una politica estera priva di senso, perché dichiarando questo gli avversari hanno capito che potevano fare quel che volevano. Non è un caso che Putin abbia deciso di prendere antiche posizioni, che il Califfato abbia cominciato ad attaccare, perché il padrone non aveva più il guinzaglio, ci sono momenti in cui la guerra è necessaria”. “Il problema – continua – è cercare di capire cosa c’è in palio. Se uno Stato non la può fare perché non ha la possibilità di convincere i propri cittadini che quella è una cosa necessaria, allora bisogna rivedere il nostro ruolo nel mondo, e prepararsi a un mondo in cui il disordine può essere veramente totale, non perché credo in un ordine imposto dall’occidente. Kim Jong Un ha capito tutto da questo punto di vista: ha visto che il mondo è cambiato rispetto al passato, quando chi si faceva le armi di distruzione di massa veniva annientato, e si è creato un’assicurazione, una garanzia con il nucleare. Trump lo ha minacciato, ma ora si incontrano quasi tra pari. Non lo tocca più nessuno, questa è la situazione nel mondo oggi, ognuno si prende quello che gli pare”.

Quirico è stato rapito nel 2011 e nel 2013, prima in Libia e poi in Siria, mentre esercitava la sua professione di inviato per La Stampa. Si è sempre diretto dove dove le atrocità erano all’ordine del giorno e dove i progetti di vita erano arrivare alla fine della giornata sani e salvi. “Una scelta deliberata, consapevole. Ci sono cose nel mondo che ritengo obbligatorio cercare di raccontare, e quindi bisogna assumersi una percentuale di rischio. Questo è quello che reputo io giornalismo”

GIORNALISMO COME TESTIMONIANZA

“Il giornalismo è un’attività parzialmente imprenditoriale e parzialmente intellettuale. L’unica ragione per cui il giornalismo può ancora avere qualcosa da dire è la testimonianza delle cose fondamentali del tempo in cui si vive, oggi sicuramente non sono né l’ascesa del M5S né la discesa del PD, ma le migrazioni e il disordine del mondo. È un mestiere, quello del giornalista, in cui serve un totale distacco”. C’è il rischio di diventare cinici? “Questo è l’errore – sottolinea Quirico -, purtroppo un vizio del giornalismo di oggi, tutto diventa solo un riempitivo per evitare il silenzio. Mai perdere la curiosità per quello che accade intorno e la commozione”. Anche in merito alle tirature medie di oggi Quirico è molto chiaro: “Ogni giorno tutti i quotidiani vendono complessivamente meno di un milione di copie. Questo significa che qualcosa non funziona nel sistema, ma se la soluzione è il passaggio all’online, significa la chiusura di tutte le testate in circolazione. Non c’è un giornale in Italia che possa reggersi solo sull’edizione online. L’online è ancora un’ipotesi, non esiste ancora, tra 5 o 10 anni forse cambieranno le cose. Pertanto va pensato anche un nuovo sistema di scrivere, i miei pezzi di mille righe sicuramente non posso metterli in rete. Il punto è: quante righe ci vogliono per raccontare una storia?”.

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