“Gli antifascisti assassinati in Russia più numerosi di quelli uccisi in Italia”

Presentato al PalabancaEventi il volume “Il libro nero degli italiani nei gulag” – Interventi di Francesco Bigazzi, Stefano Mensurati, Dario Fertilio e Ugo Intini

Escono, finalmente, dall’oblio la storia e le vite degli italiani vittime delle repressioni staliniane in Unione Sovietica. Uno squarcio di luce su una realtà che – per dirla con l’ex corrispondente da Mosca dell’Ansa Francesco Bigazzi, curatore del volume “Il libro nero degli italiani nei gulag”, presentato questa sera al PalabancaEventi (Sala Panini), nell’ambito dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza – «la propaganda post-comunista non può più nascondere con accuse generiche di “anticomunismo viscerale”». Ma quante sono queste vittime? Dopo 40 anni di ricerche, la pubblicazione edita da LEG (Libreria Editrice Goriziana) con il sostegno dell’Associazione Liberali piacentini, fornisce numeri che anche se non ancora definitivi, sicuramente sono indicativi dell’entità del genocidio: 822 (149 fucilati) comunisti, antifascisti, anarchici ed estremisti di sinistra emigrati in Russia-URSS; 78 incarcerati (31 dei quali fucilati) durante le purghe staliniane e 1200-1500 deportati nel 1942 nei gulag del Kazakistan fra gli italiani di Crimea; 41 (18 fucilati) fra gli italiani residenti in altre zone, ma non appartenenti ai primi due gruppi. Di questi italiani finiti nei gulag o fucilati si dispone di altrettante schede nominative complete. Di altri 87 connazionali si hanno dati parziali, più l’elenco nominativo di 715 italiani di Crimea deportati. C’è, infine, il tragico capitolo dei circa 64mila prigionieri di guerra del Csir (Corpo di spedizione italiano in Russia) e dell’Armir (Armata italiana in Russia), 40mila dei quali morti nei gulag.

La ponderosa opera – unica nel suo genere, è stato sottolineato, che raccoglie in maniera definitiva un ricchissimo elenco nominativo dei prigionieri italiani – è stata illustrata (dopo il saluto introduttivo portato dal condirettore generale della Banca Pietro Coppelli) dal Curatore in dialogo con Dario Fertilio, Stefano Mensurati e Ugo Intini, autori ognuno di un capitolo del libro (gli altri contributi sono di Aldo G. Ricci, Elena Parkhomenko, Giovanni Di Girolamo, padre Fiorenzo Reati, Anatoli Razumov).

Il giornalista (già al Corriere) Fertilio ha raccontato come gli italiani sono finiti nei gulag. «Per circa 800 degli emigrati politici, cui è giusto affiancare un migliaio di contadini italiani stabilitisi in Crimea da generazioni e colpevoli soltanto di appartenere alla nazione di Mussolini – ha argomentato – la vita reale è stata progressivamente risucchiata e sublimata in una dimensione sovietica artificiale e ingannevole. Ripercorrere quelle esistenze stritolate dalla macchina totalitaria induce a una riflessione paradossale: se non ci fossero stati in Italia la liturgia comunista degli slogan e delle bandiere con la falce e il martello, l’occupazione delle fabbriche, la nascita del Partito comunista d’Italia, la reazione fascista e lo squadrismo, le vite di quelle persone avrebbero seguito un altro corso, forse meno cruento, e molte delle esecuzioni sarebbero state loro risparmiate».

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