Il ruolo della famiglia Dal Verme a Piacenza raccontato da un’antologia e da un romanzo

I legami della nobile famiglia con il piacentino ed il grande impatto sui territori dell’Alta Val Tidone pavese che prosegue tuttora. Una storia iniziata nel 1380

La nobile famiglia dei Dal Verme protagonista al PalabancaEventi di via Mazzini: in Sala Panini sono stati presentati due volumi, l’antologia storica sulla grande casata (“Sulle orme dei Dal Verme”, AA.VV.) e il romanzo “L’ultima cena di Pietro dal Verme” di Lorenzo Labò, entrambi editi da Guardamagna (Varzi). Il presidente esecutivo Corrado Sforza Fogliani, portando i saluti della Banca di Piacenza (che ha contribuito alla stampa dell’antologia) ha ricordato i legami dei Dal Verme con il Piacentino, dove giunsero nel 1380, allorché vennero infeudati della Valle Pecorara dai Visconti di Milano e, successivamente, di altre terre dai vescovi di Bobbio e Parma. «I Dal Verme – ha specificato il presidente Sforza – esercitarono i diritti feudali sino alla fine del ‘700 e nel ‘500, su questi diritti, Pier Luigi Farnese ebbe il primo scontro proprio con l’antica famiglia d’origine veronese».

L’antologia storica è nata da un’idea e dalla forza trainante di Enrico Baldazzi (presidente dell’Associazione Apicoltori Oltrepò Montano), che nel suo intervento ha ringraziato la Banca e sottolineato il forte legame dei Dal Verme con il territorio dell’Alta Valle del Tidone pavese, dove sono rimasti gli ultimi insediamenti: il castello di Zavattarello e il castello di Torre degli Alberi. Un legame talmente radicato che – come ha annunciato il sindaco di Zavattarello Simone Tiglio al pubblico di Sala Panini – la neonata Unione dei comuni con Romagnese si chiamerà “Terre dei Dal Verme”.

La pubblicazione (26 capitoli e 25 autori) è un viaggio dal secolo XII ad oggi attraverso le gesta dei principali personaggi della nobile famiglia. Gianfranco Malafarina, autore di ben tre contributi per il volume, ha individuato diversi “fili rossi” che legano la storia millenaria della grande casata. «La resilienza dei Dal Verme, che sono ancora tra noi – ha spiegato il prof. Malafarina – e che con continuità d’azione e di presenza hanno seguito tutte le tappe delle vicende storiche nazionali. Il patrimonio, non solo inteso come proprietà, ma soprattutto come bagaglio morale, etico, di impegno civile; e, poi, la passione illimitata per la libertà e, ancora, il legame con le comunità e i territori». E qui il prof. Malafarina ha citato la presenza attiva dei Dal Verme anche in territorio piacentino, con i fortilizi di Rocca d’Olgisio, Trebecco e Bobbio.

Il moderatore dell’incontro Armando Branchini (presidente del comitato promotore del premio letterario “L’oro di Zavattarello”) ha quindi illustrato le caratteristiche del romanzo di Lorenzo Labò (assente per motivi di salute) che «alla realtà storica mischia la finzione in un equilibrio dal confine sottile».

Camillo Dal Verme ha infine testimoniato quella continuità di presenza sui territori della famiglia nobiliare. «Mio padre Luchino – ha raccontato il conte Dal Verme – finita la guerra si preoccupò di avviare un’attività di allevamento di polli nei boschi per dare lavoro alla gente dell’Alto Oltrepò, che poteva così rimanere nella terra d’origine. Un’attenzione per il territorio che c’è ancora oggi: con mio figlio mi occupo dell’azienda agricola di famiglia, che alleva Limousine e produce spumante». E a Torre degli Alberi è conservato l’Archivio Dal Verme, oggi consultabile grazie alla paziente digitalizzazione (con oltre 107mila voci) voluta proprio da Camillo Dal Verme.

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