Il saluto del vescovo Gianni: “Dopo tredici anni sono ancora innamorato della chiesa di Piacenza”

Si è tenuta quest’oggi presso la Cattedrale di Piacenza la cerimonia di congedo di mons. Gianni Ambrosio a conclusione del suo ministero episcopale nella diocesi di Piacenza Bobbio. Una celebrazione condizionata dalle norme per il contenimento della pandemia che hanno costretto a limitare a 500 persone i partecipanti fra religiosi, autorità, seminaristi e fedeli. Erano presenti anche rappresentanti di alre confessioni dagli ortodossi ai mussulmani

Il saluto iniziale è stato affidato al vicario generale mons. Luigi Chiesa.

«Eccellenza Reverendissima e caro Vescovo Gianni, come tante volte anche questa sera ci ha accolti alla celebrazione con il saluto di Gesù Risorto, che è augurio e dono della pace.

Nella seconda lettura tratta dalla lettera ai Romani, san Paolo ci ricorderà che è “per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo che siamo in pace con Dio e con tutti, e per mezzo di Gesù abbiamo anche l’accesso alla grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio”. 

Sorelle e fratelli tutti, con questa certezza iniziamo la santa Messa, rendendo grazie al Signore e magnificando il suo nome, anzitutto con la vita, la lode e il martirio di santa Giustina, nostra con-patrona, di cui celebriamo la solennità.

Ma oggi si aggiunge un altro motivo per rendere grazie: la Comunità Diocesana e la Comunità Civile, in unità di sentimenti e di intensa commozione, esprimono tutta la gratitudine a Lei, Vescovo Gianni, giunto al termine del suo mandato vissuto tra noi con grande dedizione per quasi tredici anni.

Siamo qui “con un medesimo sentire e con la stessa carità, unanimi e concordi” per dire grazie e per dare consolazione, conforto e gioia al suo cuore di padre e pastore.

Siamo qui riuniti, sacerdoti, religiosi, diaconi, seminaristi, le autorità civili e milit«ari e fedeli convenuti dalle diverse Comunità Pastorali. E certamente tante altre persone, pur desiderandolo, non hanno potuto essere fisicamente presenti, per le restrizioni dovute all’osservanza delle norme anti Covid. Noi, che siamo qui li rappresentiamo tutti.

Siamo convenuti qui, per celebrare l’Eucaristia, attorno all’altare che Lei, Eccellenza, in occasione del decimo anniversario di episcopato, ha donato alla nostra cattedrale e a tutta la comunità diocesana. L’Altare ci richiama alla centralità di Cristo: è Lui Altare, vittima e sacerdote.

Ecco, eccellenza Reverendissima, siamo qui con Lei per lodare il Signore e per rendere grazie!

“Vestigia Christi sequentes” – in cammino sulle orme di Cristo!

Il suo motto episcopale ha certamente comportato per lei, pastore e padre, un cammino di sequela e spogliazione a Cristo e di servizio umile, paziente e gioioso, al nostro popolo.

Possiamo però dire che questo è stato importante anche per noi: anche noi abbiamo cercato di camminare, con Lei, sulle orme di Cristo. E questa è stata una grazia grande!

Oggi vorremmo riassumere tutti i motivi di gratitudine, ma sappiamo che solo il Signore conosce e sa raccogliere tutto il bene da lei compiuto, comprese le lacrime, e saprà farlo fruttificare.

Solo qualche accenno:

la ringraziamo per il suo prodigarsi per il nostro popolo in tutti i suoi ambiti.

Ci ha aiutato a costruire la comunione ecclesiale nella verità e nella carità.

Quasi un anno fa, il 24 novembre 2019, dopo anni di riflessione e di lavoro ha potuto dare l’avvio ufficiale alla ristrutturazione della diocesi con la nascita delle Comunità Pastorali. 

Abbiamo vissuto tanti momenti di spiritualità, di formazione, di preghiera, di carità, proposti con la sua guida sapiente e portati avanti nelle comunità della diocesi.Noi preti ci siamo sentiti incoraggiati nei percorsi di spiritualità e di formazione e di rinnovamento pastorale.

Ha aiutato le nostre Comunità ad operare nell’esercizio della carità: ad aprire gli occhi e il cuore sulle necessità delle famiglie, dei poveri e degli ultimi di questo nostro tempo. In particolare attraverso la Caritas diocesana.

All’inizio del suo episcopato,come primo attoha istituito un fondo diocesano straordinario di solidarietà a favore delle famiglie in difficoltà, a causa della crisi economica del 2008, e al termine, causa la pandemia da Covid 19, e come ultimo atto, la firma di una intesa tra la diocesi e diverse organizzazioni, sempre a favore delle famiglie in difficoltà.

Anche i nostri giovani l’hanno sentito vicino, in particolare quando ha potuto condividere con loro le Giornate Mondiali dellaGioventù e altri momenti importanti come l’incontro con Papa Francesco.

Insieme ai momenti belli le siamo grati per la sua presenza discreta, ma reale e concreta nei momenti di difficoltà che la comunità diocesana ha attraversato e attraversa, e che sono il luogo privilegiato per la presenza di un Pastore. In particolare nei mesi più duri della pandemia.

Il suo sguardo di Pastore non si è limitato alla comunità ecclesiale, ma ha saputo abbracciare la comunità civile, dalla città di Piacenza a tutto il territorio della diocesi, con l’impegno e l’interesse a valorizzare tutto il bene presente nelle varie realtà.

La ringraziamo anche perché ci ha aiutato a riconoscere come insieme alla verità e alla bontà, per la “salvezza del mondo”, come scrisse Dostoevskij, è necessaria la bellezza. Un aspetto della bellezza l’abbiamo potuto riscoprire nei monumenti e nelle opere d’arte di così grande valore, che hanno segnato lungo i secoli la storia della nostra diocesi e che Lei ha voluto che fossero messe a disposizione di tutti.

Ma soprattutto la ringraziamo, Eccellenza, perché ci ha aiutato a stare “Sulle orme di Cristo”. Ci ha educato ad avere uno sguardo di fede sulla chiesa, sul Papa, e sul Vescovo anzitutto come successore degli Apostoli. Per questo così come oggi siamo pieni di gratitudine per i quasi tredici anni nei quali abbiamo camminato “sulle orme di Cristo”, insieme a Lei, con lo stesso cuore ci disponiamo ad accogliere e camminare con il nuovo vescovo Adriano.

È attraverso questa paternità e unità di Comunione che si diventa popolo! Popolo in cammino!

È con questi sentimenti che ci apprestiamo a celebrare questa santa Messa.

Il Signore, datore di ogni bene, La ricompensi con amore e a tutti noi doni la grazia di comprendere il grande bene che abbiamo ricevuto con la sua guida di Pastore buono. La affidiamo a Gesù Buon Pastore per intercessione della Madonna del nostro Popolo, e di santa Giustina, di cui oggi ricorre la festa, di sant’Antonino e Colombano.

Voglia accogliere Eccellenza, assieme a tutti i confratelli nel Sacerdozio e a tutti coloro che sono intervenuti in questa celebrazione, o che sono uniti spiritualmente, la nostra gratitudine.

E da ultimo anche un piccolo dono per esprimere tutto il nostro affetto, la nostra stima, e la nostra volontà di continuare a camminare insieme sulle “orme di Cristo”.

È una riproduzione in argento della cattedrale e del palazzo vescovile. Un piccolo segno per dire che vogliamo continuare a restare uniti. Siamo certi che vorrà continuare a portarci nella sua preghiera e nel suo cuore grande di pastore. Grazie!»

L’omelia di mons. Gianni Ambrosio

E’ seguita l’omelia di monsignor Gianni Ambrosio.

«Rendiamo grazie al Signore per la testimonianza luminosa di questa nostra sorella Giustina, che ha professato la fede nel Signore Gesù fino al martirio. La nostra Cattedrale – come edificio di maestosa bellezza e ancor più come Chiesa Madre della nostra diocesi – ha due donne come sue patrone, la Vergine Assunta e santa Giustina. Anche per questa scelta operata nel corso dei secoli dai nostri padri vogliamo rendere grazie a Dio, perché invitano la nostra Chiesa a valorizzare la sua dimensione materna, ad essere cioè una Chiesa feconda che genera come una madre, ad essere poi una Chiesa dal cuore materno. Sappiamo infatti che l’amore alla vita accolta come dono e la fede vissuta nel concreto dell’esistenza si trasmettono a partire da un grembo materno, con l’amore, la tenerezza e la cura di una madre.

L’annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo è giunto a noi grazie al grande ‘sì’ della Vergine Santa, A questo ‘sì’ della Madre di Dio si è unito il ‘sì’ della testimonianza fedele e coraggiosa di Giustina, insieme a quello dei santi e delle sante di questa nostra Chiesa. Facciamo parte di questo popolo credente, crediamo nel Signore Gesù che ci ha resi figli di Dio e destinati alla vita eterna, insieme alla Vergine Santa, a santa Giustina e ai santi e alle sante con la ‘s’ maiuscola o minuscola che ci hanno generato alla fede e ci accompagnano nel nostro cammino.

Accogliamo con gioia rinnovata la buona notizia che l’apostolo Paolo annuncia ai cristiani di Roma: è grazie alla fede, a questa fede che ci è stata trasmessa, che noi “siamo giustificati”, che “siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. Questi fratelli e sorelle ci hanno insegnato che la fede è ascolto e sguardo: ascolto della voce di Dio e sguardo rivolto Cristo per affidarsi a Lui e conformarsi a Lui.

La vita di Cristo è amore che si dona al Padre e a tutti noi e credere in Lui è entrare nel suo amore. Perciò san Paolo afferma: “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori”. Questa presenza traboccante dell’amore di Dio in noi è il nostro tesoro, è la scintilla che accende nel nostro cuore la carità e la speranza. In Gesù la vita è amore, amore vissuto per il Padre e per gli uomini fino all’estremo. Uniti a lui, partecipiamo alla sua risurrezione. Egli è “la speranza che non delude” e che ci sostiene nel nostro cammino, rendendoci forti nelle tribolazioni e nel portare la nostra croce ogni giorno. In questa gioiosa certezza, continuiamo il nostro cammino di fede, di amore e di speranza, un cammino fatto insieme tra noi, tutti figli di Dio, un cammino fatto insieme alla Vergine Assunta, alla martire Giustina e a tutto il popolo credente.

Cari amici, è motivo di gioia rendere grazie al Signore per avermi chiamato e mandato, attraverso la voce di Papa Benedetto XVI, a servire questa Chiesa cercando di amarla con l’amore di Dio riversato nei nostri cuori. È questo amore accolto in noi che ci fa servi, come Gesù, venuto per servire. È lo sguardo rivolto a Cristo che fa di noi un segno, certo povero e piccolo ma importante, di quell’amore che dona pace. 

Consentitemi un accenno personale. Mi è rimasta impressa nella mente una domanda che mons. Eliseo Segalini, sorridendo, mi rivolse nella sacrestia della Cattedrale dopo qualche tempo che ero vescovo di questa diocesi: “Ma dopo questi anni continua ad essere innamorato della Chiesa di Piacenza-Bobbio?”. La domanda mi sorprese, ma poi risposi: “Sì, lo sono ancora”. Questa sera, dopo quasi tredici anni, lo ridico: sono ancora innamorato di questa Chiesa. Sono contento di aver amato e di amare ciò il Signore mi ha affidato: i fratelli sacerdoti e diaconi, i fratelli e le sorelle di questa terra, ho amato e amo anche i luoghi di questo territorio.

San Paolo, scrivendo al discepolo Timoteo, qualifica il servizio episcopale come un “bonum opus”, una cosa buona, bella (1 Tim 3,1). Sant’Agostino parla del dono del ministero come “amoris officium”, come compito di amore, un servizio pieno di amore (In Iohannis Evangelium Tractatus 123,5). Non può che essere così: è un dono di amore il ministero ricevuto e può essere svolto solo con amore e con dedizione gioiosa, seguendo Cristo che “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5, 25).

Nella fede in Cristo, l’amore è la prima e l’ultima parola: per ogni cristiano, credere è una questione d’amore e per chi è chiamato ad essere portatore della benedizione di Dio e della grazia e pace del Vangelo, il ministero non può che essere questione di amore.

Questo amore si alimenta e diventa novità di vita nella celebrazione eucaristica che ci rende partecipi della comunione di amore di Cristo, vittorioso sulla morte. Alla sua mensa riceviamo la grazia del ‘noi’, della comunione attorno alla stessa mensa per vivere tra noi buone relazioni, con rapporti di fiducia e di fraternità, abbandonando le nostre chiusure per costruire l’umanità nuova che Dio vuole per noi. La carità pastorale è dono del Signore ed è sempre più forte di ogni tristezza, di ogni stanchezza, di ogni divisione.

Chiedo perdono a Dio e a voi se in me e nel mio servizio non è sempre stato trasparente questo amore per la Chiesa di Piacenza-Bobbio, per la città di Piacenza e per le varie persone e comunità. Posso garantire con sincerità che ho desiderato voler bene a tutti, cercando il bene di ciascuno e di tutti. Ma al dì là delle nostre insufficienze, grazie alla sapienza evangelica sappiamo che il Signore non fa mancare la sua grazia che arriva a noi anche attraverso la nostra povertà di operai della vigna.   

Dico un grazie di cuore a tutti voi, cari piacentini, presenti qui e presenti in altro modo. Sono venuto qui come pellegrino e qui ho trovato la mia casa, anzi la nostra casa e la nostra famiglia, grazie all’accoglienza, all’affetto e all’amicizia che questa comunità ha espresso verso di me. Non è possibile fare nomi: l’elenco, pur lungo, sarebbe incompleto. Esprimo la mia gratitudine a tutti, dai sindaci – a cominciare dal sindaco di Piacenza – alle autorità civili e militari, alle associazioni, ai volontari, a tutte le piacentine e a tutti i piacentini. Rendo grazie a questa comunità che, nei momenti difficili, sa venire incontro alle sofferenze e ai bisogni di tanti. In questi mesi difficili della pandemia, tutti abbiamo visto la grande dedizione di moltissime persone. Questa è un’esperienza da non dimenticare, è un segno di buona umanità, è uno stimolo per il futuro in vista della difficile ripresa.  

Rivolgo un ringraziamento particolare ai sacerdoti e diaconi, ai religiosi e alle religiose, a chi ha collaborato e collabora nei vari consigli, a chi si dedica al servizio della Chiesa nelle comunità pastorali. Infine esprimo la mia profonda riconoscenza a coloro che più da vicino hanno collaborato con me con dedizione e con sacrificio, dal Vicario generale ai Vicari episcopali alle diverse persone degli uffici pastorali. Insieme al ringraziamento, vi assicuro la mia preghiera e la mia benedizione e vi chiedo di pregare per me perché in quest’ultimo tratto del mio pellegrinaggio possa servire il Signore e la sua Chiesa vivendo con più intensità l’attesa di quel “cielo” che la prima lettura, tratta dall’Apocalisse, ci ha ricordato.        

L’ultimo pensiero va al vescovo mons. Adriano Cevolotto. Lo accogliamo “nel nome del Signore” e preghiamo il Signore Gesù, il Buon Pastore, perché il nuovo vescovo, ricolmato dello Spirito di amore, possa essere pastore secondo il cuore di Dio e così guidare il cammino di questa nostra Chiesa nella fedeltà a Cristo e in comunione con il santo Padre Papa Francesco.        

Affidiamo il cammino del vescovo Adriano e della nostra Chiesa all’intercessione di Maria, Madre della Chiesa, e dei nostri santi patroni Antonino, Colombano e Giustina. Amen».

Con un breve intervento il sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri ha rivolto parole di affettuoso ringraziamento a monsignor Ambrosio, seguita dal presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Massimo Toscani. A monsignor Ambrosio è stato donata una stampa con riprodotta piazza Duomo.

Il saluto di congedo al vescovo è stato affidato a Pier Paolo Triani, docente di pedagogia dell’Università Cattolica di Piacenza.

«Carissimo Vescovo Gianni, è con emozione che prendo la parola a nome di tutta la comunità ecclesiale della Diocesi di Piacenza – Bobbio per porgerle di cuore un saluto che intende comunicarle il nostro affetto filiale e fraterno e il nostro sincero grazie per il ministero episcopale che ha svolto tra noi.

All’inizio del suo servizio ci ha ricordato, con chiarezza, la necessità di camminare costantemente dietro Cristo, richiamandoci l’importanza di vivere la nostra vita personale – e la vita delle nostre realtà ecclesiali – secondo lo stile del pellegrino. La ringraziamo perché lei stesso ha vissuto ‘in cammino’, spendendosi senza sosta nella visita alle parrocchie, accogliendo con piena disponibilità l’invito ad andare là dove le veniva chiesta la parola del Vescovo, incontrando tutti con affetto e disponibilità, accompagnando molti fedeli in quella forma peculiare di cura della propria vita interiore e di fede che è rappresentata dai pellegrinaggi.

Il Signore le ha chiesto di guidare la nostra Chiesa in un tempo, che come sempre, ha rivelato straordinarie opportunità e forti preoccupazioni.

La ringraziamo perché ci ha ricordato l’importanza di leggere le trasformazioni che stiamo vivendo senza farci prendere né dall’accettazione ingenua del nuovo, né dal rimpianto sterile di forme passate. Ci ha chiesto di prendere sul serio la progressiva marginalizzazione della fede cristiana, di non sottovalutare la progressiva dimenticanza che il nostro mondo occidentale sta attuando nei confronti della dimensione trascendente nel suo insieme. Ci ha chiesto, nei suoi interventi, di non accettare questo processo come un fatto inesorabile, quanto piuttosto come un invito, soprattutto per noi laici, a prendere sul serio la nostra fede, a animare cristianamente la cultura, l’economia, la vita politica. A questo proposito ha ricordato più volte l’importanza delle istituzioni cristianamente ispirate (penso, al riguardo, ad esempio, alla sua amata Università Cattolica del Sacro Cuore) e di un laicato maturo, che sappia operare sia nella forma dell’apostolato individuale che di quello associato.

La ringraziamo perché nell’esercitare il suo servizio episcopale ci ha invitato a lasciarci interpellare dal magistero prima di Papa Benedetto e poi di Papa Francesco, che, con linguaggi e stili diversi, hanno messo al centro la necessità di aprire la mente e il cuore all’incontro con Gesù e l’urgenza di una conversione spirituale e pastorale, che sono necessarie per sostenere la trasformazione delle forme organizzative delle nostre chiese.

 Ugualmente ci ha richiamato l’importanza di tradurre l’impegno della Chiesa Italiana per un nuovo umanesimo centrato su Gesù, lavorando personalmente sia per la delineazione degli Orientamenti pastorali decennali sull’educazione, sia nella preparazione del Convegno ecclesiale di Firenze. Ci ha invitato a non chiuderci in una lettura localista della vita culturale ed ecclesiale, ma di interpretare la realtà aperti al contesto internazionale e alla sua multiformità.

I suoi anni di servizio pastorale sono stati segnati da due crisi sociali molto forti che hanno colpito profondamente il nostro paese e il nostro territorio. Si è mosso, e la ringraziamo di cuore per questo, in prima persona e ha chiesto a tutta la comunità di fare altrettanto. Di fronte alla crisi economica di inizio decennio ha chiesto alla sua Chiesa di istituire e alimentare un fondo di solidarietà, affinché non fossero dimenticati gli ultimi. Durante i mesi drammatici del lockdown, si è reso vicino attraverso i media. Ha pregato, ha pianto con tutti noi; ha consolato e ci ha invitato a sperare, a credere nella forza della Resurrezione, in una Pasqua fatta di silenzio e timore.

In un territorio caratterizzato dalla riservatezza, ha ricordato quanto sia importante valorizzare le proprie bellezze per arricchire culturalmente tutti. Si è speso così per far sì che il patrimonio culturale e artistico delle nostre chiese possa tornare a parlare a molti, possa diventare strada di evangelizzazione e di dialogo tra le culture.

Mentre ringraziamo con affetto lei, caro Vescovo Gianni, ringraziamo il Signore che guida i passi della sua Chiesa per averci donato la sua presenza, la sua cura pastorale, il suo ministero. Mentre siamo pronti ad accogliere con affetto il nostro nuovo pastore, il Vescovo Adriano, auguriamo a lei Vescovo Gianni, di continuare a vivere sulle orme di Cristo, realizzando ogni giorno, seppure con un ruolo diverso, la sua vocazione sacerdotale e il suo ministero episcopale. Noi continueremo a sentirla fratello e padre nella fede e ad accompagnarlo nella preghiera e nella amicizia».

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