Indagine sindacalisti logistica: il riesame “smonta” la tesi dell’associazione a delinquere

I giudici bolognesi annullano la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di sei sindacalisti SiCobas e Usb. Per Controtendenza "Si tratta di una grande vittoria"

Tanto rumore per nulla? E’ quanto viene da chiedersi dopo che il tribunale del riesame di Bologna ha annullato gli arresti domiciliari per sei sindacalisti piacentini di SiCobas e Usb, (arrestati lo scorso 19 luglio) ritenendo che non vi siano elementi a sostegno dell’associazione a delinquere.

Un duro colpo per il pesante castello accusatorio presentato allora in conferenza stampa. Al momento resta in piedi solo la misura cautelare dell’obbligo di firma che è però poca cosa rispetto alla ricostruzione della procura e della questura che aveva condotto le indagini. Con ogni probabilità i magistrati si appelleranno contro questa decisione ma intanto c’è da registrare l’accoglimento delle tesi difensive.

Controtendenza commentando la decisione del tribunale bolognese scrive

«Si tratta di una grande vittoria a livello politico in quanto decade la ridicola accusa di “associazione a delinquere” e si certifica che non è mai esistito nessun ritorno personale come, invece, sostenuto da procura, questura e alcune testate giornalistiche.

Il riesame ha deciso di mantenere l’obbligo di firma per i reati di violenza privata (ovvero per i picchetti pacifici), confermando con questo che tutto l’impianto dell’accusa ha sempre avuto come obbiettivo quello di colpire le modalità vincenti di sciopero in ottica repressiva. Nulla di nuovo, sono settimane che sosteniamo questa versione e i tribunali con oggi l’hanno definitivamente confermata.

La macchina del fango che ha tentato di dipingere i sindacalisti come dei criminali che estorcono ai loro stessi iscritti ha avuto vita corta, anche se mediaticamente è stata cavalcata con articoli infamanti al soldo della procura, e non ci stupisce questo modo di operare: è stato tentato in ogni modo di colpire i dirigenti sindacali con accuse screditanti di stampo personalistico (e presto cadute…) solo per giustificare anni e anni di intercettazioni (e soldi pubblici buttati…) che nulla avevano a che vedere con i famosi “interessi personali” ma che miravano unicamente a stroncare i soli sindacati combattivi in un settore strategico come la logistica.

Di fronte a noi troviamo tribunali, questure e procure che stanno cercando di raccapezzarsi fra capi d’accusa per tagliare le gambe a qualsiasi movimento di autorganizzazione ed emancipazione delle persone, negando loro un diritto costituzionale come quello di sciopero, servendosi di strumenti repressivi scandalosi e manovre che auspichiamo essere a breve oggetto di inchiesta da parte di chi ne ha le competenze per farlo (forze politiche extraparlamentari, giornalisti, CSM…).

Queste 350 pagine di ordinanza stanno lentamente crollando davanti agli occhi di PM e Procura, i castelli di carta costruiti ad hoc dimostrano la propria fragilità dinanzi alle reali motivazioni delle loro accuse. Dalle pagine non emerge nulla che sia neanche lontanamente valido per giustificare le accuse che hanno portato avanti, tuttavia il fatto che lo Stato si stia muovendo nella direzione repressiva dei diritti e delle lotte sindacali fa intendere bene come saranno i mesi e gli anni che avremo di fronte a noi.

Non saranno queste pagine a riscrivere la storia di anni di conquiste sindacali, non sarà di certo una macchina del fango a fermare la lotta degli operai e delle operaie nei magazzini, che tanto hanno dato a tutta quanta la comunità: dai soldi evasi dalle aziende recuperati, all’insegnamento di cosa sia la dignità e la solidarietà.

Tenetevi le vostre accuse pretestuose e cadute alla prima revisione, noi continueremo a portare diritti ai lavoratori e alle lavoratrici rivendicando i nostri metodi di lotta.

E ora festeggiamo che i nostri compagni sono finalmente liberi dopo tutte le grida delle scorse settimane».

Fra i sindacalisti colpiti dalla misura degli arresti domiciliari, revocata dal riesame, c’era anche Carlo Pallavicini che, appena libero ha commentato con un lunghissimo post la vicenda.

«Circa un’ora fa io, Mohamed Arafat, Aldo Milani e Bruno Scagnelli siamo stati liberati dagli arresti domiciliari. Attenzione: la misura cautelare non è stata revocata, ma bensì annullata, il che significa (esattamente come per gli arresti dello scorso anno) che NON DOVEVAMO ESSERE ARRESTATI, e che decade completamente il teorema assurdo del PM secondo cui il S.I.Cobas sarebbe un’ “associazione a delinquere finalizzata a ritorni personali”.

Questo era ovvio, soprattutto ai piacentini che ben conoscono il nostro ruolo nel dare dignità senza tenere nulla per noi. Solo fango, dall’inizio alla fine, per cercare di screditarci agli occhi del nostro seguito quindi. Il nostro seguito, però, ha mangiato subito la foglia e ha reagito in tutt’altro modo…

Rimane la misura della firma in questura 3 volte a settimana, ma non collegata alla fantomatica e cassata “associazione a delinquere”, bensì alle supposte “violenze private” per le quali veniamo denunciati a ogni sciopero. Tradotto: i pacifici picchetti davanti ai magazzini, senza i quali gli operai non otterrebbero niente.

Il fatto che ciò rimanga contestato la dice tutta su quale fosse il vero e unico obiettivo di tutto questo: le lotte, gli scioperi. Tutti lo avevano capito subito e ciò viene confermato. Faremo cadere anche quello, anzi è un’ottima base da portare a processo in quanto la legislazione italiana (rafforzata da ampia giurisprudenza) dice chiaramente che comminare misure per picchetti costituisce “attentato alla libertà di sciopero e alle libertà costituzionali”. Zero discussione, porcata anche qua e come tale la faremo a pezzi».

Pallavicini, proseguendo,  ringrazia chi gli è stato vicino in questo frangente

«Grazie a tutte e tutti, compagne e compagni del S.I.Cobas, di CT, della Coop Infra, che come l’anno scorso siete stati fantastici. Un calore, un amore (anche una pazienza) che veramente si potevano sentire e respirare anche da rinchiusi. Senza dimenticare i tanti dalle altre città beninteso.

Una dimostrazione di amore che in un secondo ha spazzato via il tentativo maldestro di procura e questura di mettere il sindacato contro i suoi dirigenti. Se l’intento era quello, sappiano che hanno raggiunto il risultato esattamente opposto. Ma non solo verso i nostri iscritti, anche verso l’esterno!».

 

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