Inverno nucleare o primavera disarmata?

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un nostro lettore, Paolo Lega, sul rischio di un conflitto nucleare.

«Gentile Direttore,

devo ammettere che sono stravolto e realmente angosciato nel prendere atto della leggerezza con cui i capi di stato attualmente alla ribalta hanno accennato alla possibilità di una guerra nucleare come esito dell’attuale infausto conflitto in Ucraina, e della superficialità con cui i mezzi di informazione hanno riferito di questa problematica ai loro lettori.

Una guerra nucleare, sia a scala regionale e cioè circoscritta ad un singolo paese quale potrebbe essere l’Ucraina, sia a scala globale, è oggi così come durante la guerra fredda semplicemente inimmaginabile: e non solo per la potenza raggiunta dalle singole testate atomiche (basti pensare che la bomba atomica più potente, prodotta dalla Russia, è più di 3000 volte più potente di quella di Hiroscima che era di “soli” 15 kton, cioè pari a 15.000 tonnellate di tritolo!), ma anche per il numero spropositato di testate in possesso dei 9 stati nucleari nel mondo: più di 5.000 a testa tra USA e Russia e diverse centinaia negli altri 7 stati (Cina, UK, Francia, India, Pakistan, Israele, Corea del Nord). Questo immenso arsenale nucleare, frutto della infelice teoria della “deterrenza” in base alla quale è sufficiente avere un gran numero di bombe a testa per scoraggiarne l’impiego che sarebbe evidentemente suicida, non ha risparmiato nemmeno il nostro paese che ospita almeno 70 testate nucleari USA nelle basi militari di Ghedi (BS) e di Aviano (PN), 2 delle 120 basi NATO presenti in Italia.

Dobbiamo ben renderci conto di cosa può significare un conflitto nucleare per un nostro paese o per il nostro pianeta e ripeterlo fino alla noia tutti i giorni su tutti i mezzi di informazione: l’esplosione di poche decine di bombe atomiche, oltre che a radere a zero le città e le infrastrutture, in virtù di venti e precipitazioni provocherebbe una ricaduta al suolo su tutto il territorio del pianeta (anche quello non direttamente colpito), di inquinanti radioattivi con emivita di centinaia o migliaia di anni, che renderebbero tutti i prodotti agricoli del pianeta immangiabili e l’acqua rapidamente imbevibile, per anni; non servirebbe a  niente proteggersi nei rifugi sotterranei, poiché le scorte alimentari e idriche o prima o poi si esaurirebbero.

Ma oltre all’inquinamento radioattivo, già di per sé mortale, le polveri che verrebbero proiettate ben oltre la tropopausa (10 km di altezza, il limite degli eventi meteorologici) rimarrebbero nell’atmosfera per decine di anni, oscurando abbondantemente la luce del sole e provocando un progressivo raffreddamento della superficie terrestre che, secondo i climatologi, potrebbe ammontare a più di -10 gradi centigradi, abbastanza da generare un costante “inverno nucleare”.

Distruzione diretta, inquinamento radioattivo e inverno nucleare sarebbero sufficienti per estinguere completamente in  pochi anni l’intera specie umana, tutte le specie per così dire “superiori” e gran parte del mondo vegetale; chi potrebbe sopravvivere? Virus e batteri? Vermi e insetti terricoli? Alghe e fitoplancton? Speriamo, almeno per loro.

Mi si obietterà che un conto è un conflitto nucleare a scala globale, suicida e apparentemente impossibile, un altro conto è un limitato conflitto regionale o anche una sola bomba nucleare sganciata a titolo dimostrativo nel mare o in un’area disabitata. Ma ci siamo già dimenticati degli effetti del fall-out radioattivo degli esperimenti nucleari degli anni 60? ci siamo già dimenticati degli effetti disastrosi su tutta l’Europa dell’incidente di Chernobyl dell’86? E sull’intero Giappone di quello di Fukushima del 2011? Ma non ne abbiamo ancora abbastanza?

E non dimentichiamo nemmeno il rischio dell’errore umano, o del guasto di una tecnologia, o dell’errata interpretazione di un allarme, come ci hanno insegnato le drammatiche vicende in cui è stato coinvolto Stanislav Petrov nel 1983. La storia non insegna proprio nulla?

No, l’unica alternativa possibile alla bomba atomica è il disarmo nucleare totale e immediato, da parte di tutti gli stati del pianeta, nessuno escluso: per questo è importante che anche l’Italia aderisca al “Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW)”, adottato dall’ONU nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021 dopo la ratifica di oltre 50 stati e la firma di 89. Dobbiamo ricordarlo e ripeterlo a tutti i lettori e a tutti gli elettori, dobbiamo ricordarlo ai nostri amministratori, ai nostri deputati e ai nostri senatori, a chi ci rappresenta: fuori le armi nucleari dalla storia, per sempre!»

 

 

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