La leggenda della nave “Alternativa” che, da Piacenza, fece rotta verso il naufragio

Abbiamo riletto, in chiave marinaresca, le vicende della “coalizione” di centro sinistra, giunta al capolinea

Ogni corposo romanzo di marineria che si rispetti presenta, nelle prime pagine, una lista dei protagonisti con nomi e ruoli, mappe, schemi, per aiutare il lettore a muoversi con maggiore agilità fra le pagine del libro.

Ebbene anche il “pamphlet” che le cronache politiche stano scrivendo su “Alternativa per Piacenza” avrebbe bisogno di una bussola interpretativa. Così come stanno le cose, invece, diventa difficile, agli occhi del comune cittadino, capire perché la nave del centrosinistra che doveva condurre in porto un’alternativa forte e credibile a Patrizia Barbieri, alle elezioni del prossimo giugno, stia rapidamente naufragando.

Il vascello era stato varato, oltre un anno fa, da tre coraggiosi capitani di lungo corso politico, nonché consiglieri comunali, Stefano Cugini (capogruppo PD), Sergio Dagnino (M5S) e Luigi Rabuffi (Piacenza in Comune). Nonostante provenissero da scuole marinaresche molto diverse fra loro avevano deciso di mettersi assieme per lanciare un’idea semplice ed ambiziosa: tracciare la rotta verso le amministrative di giugno 2022 e preparare un piano di battaglia per sconfiggere la corazzata del centrodestra, comandata dal Patrizia Barbieri.

Si è così iniziato con il reclutare una ciurma tanto variegata quanto variegato è il mondo del centro sinistra.  Si sono tracciate rotte su rotte, si sono analizzate le insidie nascoste nella nebbiosa palude piacentina, si è discusso, parlato. Si son gettate ancore e boe per delimitare i punti fermi della coalizione.  Ci si è immersi alla caccia di idee ed emersi con proposte, anche innovative.

La barca ha continuato ad andare avanti, mese dopo mese, navigando placida, condotta dall’autopilota per evitare che uno dei capitani, nel frattempo cresciuti in numero, potesse prevalere sull’altro.

Tutto bene finché sono emerse all’orizzonte le prime secche e ci si è accorti che senza la nomina di un ammiraglio l’ultimo miglio diventava impercorribile. Qui è iniziato un ammutinamento da far impallidire il Bounty, acuito da gelosie, veti incrociati, alimentati – si narra – anche da potenti donne arroccate in lontani palazzi del Potere.

C’è chi voleva che il capo supremo fosse scelto fra gli ufficiali a suo tempo imbarcati, chi invece chiedeva a gran voce di guardare all’esterno.  Chi ancora sosteneva di aver progettato la nave pezzo per pezzo e di avere il diritto di scegliere il manovratore, chi invece ricordava di essere il maggior azionista della Compagnia di navigazione ed avere, per questo, l’opzione di decidere il nocchiero. Ci si è scordati della rotta che si era tracciata e si doveva seguire, perdendosi invece nella giostra medioevale messa in piedi per la scelta del capitano supremo. Senza bussola impostata l’orizzonte s’è fatto incerto, i marosi hanno incominciato a montare e l’andare a scogli si è fatto sempre più concreto.  Così qualcuno ha ammainato le vele, qualcun altro ha tentato di issarle nuovamente, altri hanno afferrato la ruota del timone causando brusche ed impreviste strambate e facendo imbarcare acqua. L’equipaggio ha incominciato a soffrire di mal di mare politico e ad adocchiare le scialuppe di salvataggio, in caso ce ne fosse bisogno.

L’ultimo capitolo resta da scrivere ma nel frattempo, fra primarie e plenarie, la dritta rotta s’è smarrita ed il vascello, salvo miracoli, emulerà il Titanic, inabissandosi tristemente o si trasformerà in fasciame fantasma, andando ad alimentare future leggende.

Un vero peccato per tutta la ciurma che aveva remato vigorosamente per mesi, nella speranza di una Piacenza Alternativa e che sarà sbarcata nella città di sempre.

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