La realtà del campo nomadi nella mostra “Il quotidiano che non è ovvio” di Caritas Diocesana

Una ricerca per immagini condotta dal fotografo Sergio Ferri

da sin. Mauro Balordi, Sergio Ferri, Elvis Ferrari e Giuseppe Chiodaroli

Due mondi geograficamente vicini ma storicamente lontani come il Campo Sinti di via Torre della Razza cercando di strizzarsi l’occhio, come il click di una macchina fotografica, grazie alla mostra “Il quotidiano che non è ovvio” presentata il 30 ottobre nei locali di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Piacenza per iniziativa di Caritas Diocesana, in collaborazione con la cooperativa L’Arco e con il contributo dell’Orto Botanico – Cooperativa Sociale. Gli scatti, realizzati da Sergio Ferri, hanno lo scopo di mostrare la quotidianità di una comunità alle porte della nostra città, in attesa di esserne parte totalmente, e di demitizzare i tanti stereotipi che circondano quella realtà. Presenti alla serata inaugurale Mauro Balordi, direttore della sede piacentina dell’Università Cattolica, Giuseppe Chiodaroli, presidente della Caritas Diocesana, il fotografo Sergio Ferri ed Elvis Ferrari, rappresentante della comunità Sinti.

“I media descrivono una realtà diametralmente opposta a quella effettivamente esistente – sottolinea quest’ultimo -, non siamo zingari, siamo italiani a tutti gli effetti. I sinti vogliono le stesse cose che vogliono i cittadini italiani, perché sono italiani: un lavoro, una casa. Non conviene a nessuno questa situazione. Siamo terremotati permanenti. Invitiamo tutti a visitarci”.

Sono circa 130 i sinti presenti al Campo Nomadi. Si tratta di una struttura circoscritta ben sorvegliata e recintata in cui sono stati installati servizi essenziali come acqua ed elettricità. “Mi ha stupito positivamente – racconta Ferri -, per certi versi è un mondo al contrario: ad esempio i cancelli del campo si chiudono dall’esterno. Ho cominciato a scattare circa un anno fa. Ho riscontrato qualche difficoltà iniziale non perché avessi trovato cattive persone, ma semplicemente esistono stigmi sociali che li etichettano come diversi. Non ho voluto informarmi inizialmente volutamente, proprio per avere meno pregiudizi possibili, per indagare al meglio la quotidianità”. Che racconta di bambini che vanno a scuola, (esiste anche un progetto di sostegno scolastico all’interno del campo, ndr) donne e uomini che lavorano. “E’ stato fatto molto – evidenzia Giuseppe Chiodaroli -, ma molto si può fare ancora. Quei volti raffigurati non sono diversi da quelli di chiunque altro. Purtroppo abitano in una posizione poco felice”.

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 12 novembre, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18 e al sabato dalle 10 alle 12.30. Ingresso libero. Per tutta la durata della mostra sarà possibile organizzare brevi visite guidate durante le quali i volontari Caritas e/o l’autore saranno lieti di accompagnarvi in un percorso di approfondimento tematico a partire dalle sollecitazioni che via via emergeranno dalle fotografie.

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