Le tante curiosità “nascoste” fra le mura di Santa Maria di Campagna

Successo per il secondo incontro dedicato agli aspetti meno noti della Basilica e del Pordenone

Le curiosità di Santa Maria di Campagna,

Curiosità su Santa Maria di Campagna, atto secondo. Dopo il successo del primo incontro a marzo, il refettorio del Convento dei frati minori ha ospitato una nuova conferenza sul medesimo tema. A raccontare nuovi aspetti curiosi che riguardano la basilica mariana, Corrado Sforza Fogliani, Laura Bonfanti, Franco Fernandi, Cristian Pastorelli, Roberto Tagliaferri.

Il presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza ha aperto gli interventi parlando della sepoltura di Pier Luigi Farnese in Santa Maria di Campagna. «Non so quanti piacentini sappiano – ha osservato Sforza – che dopo la sua uccisione i congiurati gettarono il cadavere nel fossato per dimostrare al popolo, che protestava perché il duca era riuscito ad accattivarsi le simpatie delle classi minori, che era morto. Poi il corpo fu portato per due giorni in San Fermo. Da lì fu prelevato dai frati francescani che lo seppellirono in Santa Maria di Campagna, nella tomba presente in sacrestia».

Il presidente Sforza ha proseguito spiegando che dopo qualche po’ di tempo, il corpo di Pier Luigi fu portato all’isola Bisentina sul lago di Bolsena (diventata alla fine del 1300 di proprietà dei Farnese, che avevano fatto fortuna perché un componente della famiglia era il capo della milizia pontificia). «Ricordo che andai sull’isola, nella chiesa dedicata a San Francesco, dove ci sono due tombe – di altri Farnese – e tre scheletri. Sono convinto che il terzo scheletro sia di Pier Luigi Farnese. Il comandante dei Ris di Parma mi propose di effettuare l’esame del Dna, ma non lo ritenni necessario».

Laura Bonfanti ha citato tre curiosità riferite al Pordenone. Secondo la tradizione, ci sarebbero due autoritratti dell’artista friulano: uno nel Duomo di Pordenone (su una colonna d’affresco del 1523) e uno in Santa Maria di Campagna, nella pala d’altare della cappella di Santa Caterina (San Paolo). Il Pordenone, poi, aveva sempre con sé la spada (ne parla anche il Corna) perché temeva i seguaci di Tiziano (c’è tra l’altro un velo di mistero sulla sua morte avvenuta il 14 gennaio del 1539 in una locanda di Ferrara) e pare che anche durante la sua permanenza a Piacenza non se ne separasse mai.

Altra curiosità: anche la nostra città rese omaggio al pittore dedicandogli la strada (lo ha scritto Fausto Fiorentini ne “Le vie di Piacenza”) che collega via Dante a via Guglielmo da Saliceto.

Laura Bonfanti ha concluso ricordando tre fatti ai più sconosciuti che riguardano la basilica: si apprende, sempre dal libro del Corna (che, ha annunciato Sforza, verrà ristampato a cura della Banca), che nell’aera del Coro, alle spalle della statua della Madonna, troviamo il cuore di Francesco Farnese (sepolto a Parma per ragioni istituzionali e dinastiche); fu una sua volontà: voleva che il suo cuore restasse vicino all’adorata sorella Isabella. Due lapidi in sacrestia testimoniano la circostanza; Emilio Ottolenghi in “Storia di Piacenza” ci racconta che il 3 agosto 1638 un fulmine cadde sulla cupola di Santa Maria di Campagna senza recare danni, perché lo stesso fuoriuscì dalla porta della basilica rimasta fortunatamente aperta; Carmen Artocchini in “Tradizioni popolari piacentine” riporta di un esorcismo compiuto in Santa Maria di Campagna nel 1920 da padre Pier Paolo Veronese.

Il diacono don Franco Fernandi ha invece ricostruito la vita di un frate, sconosciuto ai più, che è sepolto in Santa Maria di Campagna, sotto l’affresco dell’Adorazione dei Magi (nella cappella Rollieri, dove si trova l’altare più prezioso della basilica, costruito a Roma con pietre come lapislazzuli e agate): stiamo parlando del Beato Marco da Bologna, lì nato nel 1405. «Fu un gigante del francescanesimo e dell’osservanza, il movimento di riforma sorto in seno al francescanesimo per il ripristino dell’ideale francescano originale. Grande predicatore, fu uno dei fondatori dei Monti di pietà». Dichiarato beato nel 1868 da Papa Pio IX, padre Marco è collocato in un’urna di cristallo con all’interno un meccanismo che consente di sollevare il corpo per renderlo visibile ai visitatori.

Il pittore Cristian Pastorelli ha poi fatto un excursus delle sue opere principali dipinte e affrescate nel corso della carriera. “Ritrattista ufficiale” dei frati minori, Pastorelli ha fatto il ritratto a tanti personaggi noti: da Ferdinando Arisi (suo estimatore) a Vittorio Sgarbi, ai vescovi Monari e Mazza fino ad arrivare a Papa Francesco. Principale caratteristica dei suoi lavori, l’inserimento di personaggi di oggi in contesti del passato. Come si può vedere nei murales che il pittore sta realizzando nel chiostro del convento dei frati minori.

Roberto Tagliaferri della Banca di Piacenza , tra gli artefici dell’organizzazione della Salita al Pordenone insieme a Cristina Bonelli, ha ripreso il tema del camminamento degli artisti con particolare riferimento ai nomi incisi da cultori d’arte ed artisti saliti in cupola per studiare gli affreschi del Pordenone. Ne parlò per primo Attilio Rapetti in un articolo del Bollettino storico piacentino nel 1939, elencando circa 40 incisioni; poi Robert Gionelli e Carlo Omini ne hanno scoperte altre, arrivando a un totale di 80. Ora si sta cercando – per ognuno di questi nomi – di predisporre una scheda con le informazioni che si stanno raccogliendo. Tagliaferri ha citato qualche esempio: Domenico Antonini, Bartolomeo Baderna (pittore barocco), Emilio Perinetti (allievo del Toncini che lasciò pure lui testimonianza del suo passaggio in cupola).

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