L’emergenza vista con gli occhi di un farmacista di prima linea

Il piacentino Giuseppe Maestri ci ha raccontato l’evoluzione dell’emergenza: dalla paura vissuta i primi giorni, in quel di Codogno, alla speranza di un ritorno alla normalità

Giuseppe Maestri
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Quegli occhi azzurri che svettano con vivacità sopra la mascherina protettiva sono diventati uno dei simboli italiani dell’emergenza Coronavirus.

Il dottor Giuseppe Maestri, piacentino doc, più semplicemente Beppe per chi lo conosce, in questi due mesi ha conquistato prime pagine dei giornali e televisioni di tutto il mondo raccontando la sua storia di combattente dalla prima linea sanitaria. Mai si sarebbe aspettato che la storica farmacia di Codogno, che gestisce con la socia Elena Palotta (anche lei piacentina), diventasse l’avamposto sanitario della zona rossa.

A spezzare la nebbiosa tranquillità della bassa lodigiana è arrivato un virus bastardo ed invadente che ha deciso di manifestarsi con forza spaventosa proprio in quello sperduto ospedale di provincia, ignorato dal mondo ma gettonato dalle partorienti lodigiane e piacentine.

Partiamo proprio dal “paziente uno” e dalla scoperta che il Covid-19 non era più solo una vicenda cinese, remota bensì qualcosa che bussava con ferocia maligna alle nostre porte. Che impatto ha avuto sulla vostra attività?

«Il primo caso emerso ha generato un po’ di panico generale. Tutti abbiamo pensato “ma come … proprio a Codogno!”. Comunque siamo riusciti a gestirla bene. Ha funzionato il coordinamento fra noi, le istituzioni, il sindaco, gli assessori, le autorità sanitarie e gli stessi medici di base. Abbiamo fornito istruzioni ed indicazioni ai cittadini: regole chiare su come comportarsi. Precauzioni semplici ma che hanno abbassato i rischi. Cose che ora sono note a tutti ma che due mesi fa lo erano meno. Ad esempio evitare gli assembramenti davanti alla farmacia. Siamo stati forse i primi in Italia a non far entrare più nessuno all’interno ma a servirli fuori, come se fossimo stati di turno serale. Una modalità che abbiamo adottato subito a Codogno e che poi abbiamo mutuato anche nella nostra sede di piazza Cavalli a Piacenza, un paio di settimane dopo». 

Come sono stati quei primi giorni vissuti nell’epicentro dell’emergenza?

«Una situazione surreale. Tutte le attività erano chiuse, le persone barricate in casa. La città sembrava quasi il set di un film di Sergio Leone. La paragonerei ad un infuocato mezzogiorno western in una città deserta, con la polvere che si solleva dalla strada vuota, sospinta dal vento. Solo che in questo caso il pericolo non erano i banditi e le pallottole sparate dai nemici di Clint Eastwood. Non era cinema: era una realtà fatta da una malattia tanto sconosciuta quanto pericolosa».

Ingombrante, tangibile paura …

«Da farmacisti in prima linea … l’ansia c’era e non era poca. Andavi a lavorare alla mattina con la paura di contagiarti. Arrivavano nostri clienti con la tosse. Ti raccontavano di avere febbre persistente da giorni; qualcuno parlava di strani sintomi come la perdita del gusto e dell’olfatto. Sia io sia i miei collaboratori eravamo dotati di mascherine, guanti, visiere, camici monouso, cuffiette copri capelli: siamo stati attentissimi. Quando però ti trovi davanti ad una persona che sospetti essere un caso di Covid … puoi avere tutte le protezioni di questo mondo ma nulla riesce a salvarti dalla paura, quella vera. Non pensi tanto a te ma ai tuoi famigliari, ai figli, ai genitori. L’idea di diventare un pericolo per coloro a cui vuoi bene è un tarlo psicologico difficile da scacciare».

Potremmo dire che il virus ha contagiato pesantemente il vostro lavoro?

«Lo ha completamente trasformato. Si è perso anche il contatto con il cliente. Prima la gente era abituata a venir in farmacia per comprare le medicine ma anche per fare due chiacchiere. I più affezionati a volte cercavano anche un po’ di conforto, qualche consiglio non necessariamente legato alla salute. Quasi fossimo anche degli psicologi. L’emergenza ha trasformato le vendite in una cosa veloce, mordi e fuggi. Prendi il farmaco e torni a rifugiarti in casa. Si è perso il contatto ed è diventato un mestiere più freddo, automatico. Un fatto comprensibile e dettato dalla paura».

Siete riusciti a tutelarvi? Qualcuno di voi si è ammalato?

«Fortunatamente è andato tutto bene. Siamo stati molto attenti e cercheremo di esserlo anche in futuro».

A proposito di futuro, cosa vi aspettate da adesso in poi?

«L’impressione è che la situazione stia migliorando ma bisogna tenere la guardia molto alta. Il virus continua a circolare. Non sono terminati i contagi e ci si ammala ancora, anche se meno rispetto al passato. L’emergenza non è finita. Spero che le persone abbiano capito come affrontare la situazione, come comportarsi. Credo che per almeno un altro mese si debba usare prudenza assoluta per arginare l’epidemia. Per noi farmacisti, così come per medici, infermieri, sanitari ci sarà da restare “in tensione”. La tranquillità è ancora lontana. Tornando a fare entrare i clienti nelle farmacie inizieremo a ricucire quei rapporti personali con i clienti che si erano allentati. Già in questi primi giorni di fase 2, anche qui a Piacenza, ho intravisto un qualche cambiamento. Intravisto perché con le mascherine si vede poco, si perdono le espressioni del volto. Però dopo tanta tensione, tanta paura, qualche timido sorriso negli occhi riesco a leggerlo. Non è ancora la fine assoluta di un incubo. Penso però sia l’inizio di un domani nuovo e più sereno».

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Carlandrea Triscornia
Giornalista professionista si è laureato in giurisprudenza presso l’Università di Bologna. Ha inoltre ottenuto il Diploma in Legal Studies presso la Cardiff Law School - Università del Galles (UK). Ha iniziato la sua carriera come collaboratore del quotidiano di Piacenza Libertà. Dopo un corso di giornalismo radiotelevisivo ha svolto uno stage presso l’emittente Telereggio divenendone prima collaboratore e poi redattore. Successivamente ha accettato l’incarico di direttore generale e direttore editoriale di Telecittà emittente regionale ligure, dove ha lavorato per tre anni. E’stato quindi chiamato dalla genovese Videopiù ad assumere il ruolo di responsabile delle sedi regionali di SkyTG24 affidate in outsourcing alla stessa società. Trascorsi cinque anni è rientrato nella nativa Piacenza avviando una attività imprenditoriale che lo vede tuttora impegnato. Ha fondato PiacenzaOnline, quotidiano di Piacenza di cui è direttore responsabile. Ha collaborato con l’Espresso e con Avvenire oltre che con Telemontecarlo - TMC News come corrispondente dall’Emilia ed ha lavorato come redattore presso Dodici-Teleducato Parma. Appassionato di Internet e di nuove tecnologie parla correntemente inglese. Sposato, ha due figli.

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