L’omelia del vescovo: “Affidiamo l’inizio del nostro cammino a S. Giovanni XXIII, il Papa che ha saputo osare”

"Nella condivisione dell’incertezza che sembra insopportabile, ci è chiesto di recuperare insieme motivi di fiducia e di speranza". (Galleria Fotografica)

Si è svolta nel pomeriggio di oggi, in Duomo a Piacenza, la cerimonia di insediamento di monsignor Adriano Cevolotto alla guida della diocesi .

Questa la prima omelia che ha pronunciato, in Cattedrale, il nuovo vecovo di Piacenza-Bobbio.

“L’immagine di un banchetto di nozze raccoglie e custodisce il modo con il quale il Signore guarda l’umanità. Ma il banchetto ha la sua ragione nel fatto che sono avvenute le nozze del Figlio: esse si sono realizzate nella sua vita donata, in un amore totale e definitivo.

Il ‘per sempre’ di Dio verso di noi è l’Amore che non è più ritrattabile, perché compiuto nella morte. Al banchetto delle nozze del figlio il re invita coloro che gli stanno più a cuore, chi ritiene abbia motivi per sedere a tavola per fare festa con Lui.

Quel banchetto ha lo scopo di rafforzare ancora di più il legame. Perché condividere la gioia del banchetto produce proprio questo effetto. Ed è questa forte attesa che accentua la delusione del re di fronte al comportamento degli invitati. Non se lo sarebbe mai aspettato! Amaramente il re constata che non ne sono degni: l’invito è rifiutato (“non volevano venire”), è ignorato (perché ci sono altre occupazioni a cui pensare: “andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”), l’invito è violentemente disprezzato ed oltraggiato (“presero i servi, li insultarono e li uccisero”). È la descrizione della storia di Israele, del rapporto del popolo eletto con il proprio Signore: un progetto di salvezza che viene regolarmente osteggiato. Ma la parabola non è lontana dal narrare tanti inviti alla comunione lasciati cadere o, peggio ancora, avversati con violenza. Inviti che giungono dal Signore come pure da fratelli e sorelle che chiedono di partecipare alla loro vita.

Ed ecco il primo annuncio: il Signore non si arrende e trasforma un rifiuto, un insuccesso, in un’apertura universale.

I nuovi invitati vengono raggiunti personalmente, lì dove si trovano (ai crocicchi o ‘alla fine delle strade’). E i servi si ritrovano investiti dell’annuncio di un’iniziativa del tutto gratuita: “per i buoni e per i cattivi”. Alla fine il banchetto del Regno si colora per la presenza di un’umanità raggiunta, senza distinzione, dalla misericordia.

D’ora in poi nessuno sarà più escluso. Ci aspetteremo che la parabola si concluda con la frase di rito: “sedettero tutti felici e contenti”. E invece ecco un altro colpo di scena. C’è un ulteriore giudizio verso chi è entrato con il pass ‘last minute’, perché c’è chi siede a tavola senza l’abito nuziale. Rivestirsi di un abito nuovo, di conversione all’amore gratuito di quell’invito è indispensabile per ‘restare’ degnamente al banchetto. Se con il proprio rifiuto qualcuno si è preclusa la possibilità di entrare al banchetto di nozze, c’è anche chi viene cacciato fuori perché vuole sedere a mensa senza rivestire l’habitus nuovo. Cioè in una condizione che si oppone al significato di quelle nozze. La gratuità dell’invito non sminuisce le esigenze della risposta. Non c’è chiamata senza una corrispondente conversione. Il re‐Signore, il Padre dello Sposo chiede un’accoglienza che rinnova, che trasforma, che salva.

Ma al cuore della parabola risuona con insistenza quel: “Tutto è pronto”, “Tutto è stato preparato”; che immediatamente richiama ad un’urgenza: il tempo che ci è dato di vivere ha in sé l’appello ad una scelta. Non si può procrastinare a domani, non si possono accampare scuse. Possiamo perdere l’occasione favorevole, l’occasione della vita. Ogni momento è il nostro. Non c’è motivo di essere rivolti a quello che manca. In quel “Il banchetto è stato preparato” c’è un annuncio carico di speranza: le condizioni per entrare al banchetto ci sono tutte. Il nostro oggi è colmo dell’Amore che ci è necessario. È colmo dello Spirito, dono pasquale del Risorto. E allora questo è vero anche per noi, per questo nostro tempo. “Tutto è pronto!”.

Le nozze senza banchetto, senza partecipazione di tutti, sono mutilate: la gioia di Dio solo così si compie.

Il Signore ha preparato il banchetto rispetto al quale noi siamo i servi che raggiungono tutti, portatori dell’invito ad entrare e sedere. Servi dell’alleanza per tutte le donne e per tutti gli uomini. È già anticipato il mandato affidato ai discepoli dal Risorto: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli” (Mt 28, 19).

Non c’è alternativa: o si favorisce la partecipazione di tutti al banchetto o si impedisce che questo avvenga con le nostre chiusure.

Anche tra noi è possibile mettere in atto comportamenti escludenti. I posti a sedere non li stabiliamo noi perché noi siamo i primi ad essere semplicemente invitati. Invitati al banchetto della vita dignitosa, della fraternità. Al banchetto della comunione, che nutre il desiderio di sentirsi partecipi e non esclusi dalle relazioni. È anche il banchetto del pane spezzato e del pane condiviso, nel quale si rinnova la sorpresa che c’è pane per tutti, che c’è posto per tutti.

Non dimentichiamo così che non ci è permesso di prendere posto senza accettare di essere messi in discussione dalle nozze che celebriamo. È necessario aiutarci tutti a riconoscere gli appelli alla conversione perché chiunque si senta ospite.

Oggi la Parola di Dio ci consegna un cammino in linea con quanto Papa Francesco in questi giorni ci ha consegnato nella sua lettera “Fratelli tutti”.

Una Chiesa, anche la nostra Chiesa, diventa segno profetico (necessario) perché diventa ospite, nel duplice significato: che è ospitata e che ospita. E l’immagine del banchetto può benissimo interpellare il presbiterio, nel quale tutti e ciascuno devono sentirsi parte di una fraternità costruita nella forza della gratuità delle relazioni; immagine – quella del banchetto ‐ che interpreta il nostro cammino di Chiesa, provocata sia dall’avvio delle ‘Comunità pastorali’, che dalla sfida della stagione di precarietà che stiamo vivendo.

Nella condivisione dell’incertezza che sembra insopportabile, ci è chiesto di recuperare insieme motivi di fiducia e di speranza.

Affidiamo l’inizio del nostro cammino, che coincide con l’apertura del Concilio Vaticano II, a S. Giovanni XXIII, il Papa che ha saputo osare, confidando nell’opera dello Spirito che continua a guidare la sua Chiesa e che la sorprende oltre ogni nostra immaginazione. A noi il coraggio di agire “sulla sua Parola”».

La preghiera in Sant’Antonino

Queso invece il testo della Preghiera recitata del Vescovo Adriano con i giovani nella in Basilica Sant’Antonino.

Il Vescovo: Padre della vita, all’inizio del mio ministero episcopale raccolto in preghiera in ques ta chiesa ti benedico e ti rendo lode perché nella tua bontà hai colmato dei doni del tuo Spirito il martire Antonino, suscitandolo in mezzo a questo popolo come testimone del Vangelo.

I giovani: Per intercessione del nostro patrono Antonino Ti chiediamo, o Padre, di custodire il nostro Vescovo Adriano:confermalo nella fede, rendilo saldo nella speranza e ardente nella carità perché sia in mezzo a noi immagine viva di Gesù Pastore bello dell’umanità.

Il Vescovo: Guarda o Padre questi giovani e tutti i giovani della Chiesa di Piacenza-Bobbio: ad imitazione del martire Antonino fa che si abbandonino con fiducia alla tua Parola raccogliendo l’invito a prendere il largo per compiere cose grandi e realizzare il sogno di bene a cui Tu chiami ogni uomo e ogni donna.

Il Vescovo e i giovani: Veglia o Padre sulla nostra Chiesa che attraverso l’annuncio di Antonino s’è aperta alla fede: fa che viva in pace ed unità.
Sconfiggi chi ama la violenza, consola chi piange nel dolore, sostieni chi è provato dalla malattia, liberaci da questa pandemia.
Abita le nostre case, accompagna i nostri passi, non lasciare che il male ci confonda, custodisci sempre in comunione con te. Amen.

 

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