L’opera ritrovata di Giacobbi in mostra nel Salone d’onore degli “Amici dell’Arte”

Rinasce l’idillio, si rinnova il feeling, si ricompone una frattura. Il pittore Ernesto Giacobbi (1891-1964) e l’associazione “Amici dell’Arte” si sono nel tempo sfiorati. Si sono ricongiunti ne “La silenziosa bellezza”, mostra nel cinquantennale della morte (6-31 dicembre 2014).

In questi giorni però Giacobbi rivive per ben altra vicenda: è stato infatti ritrovato “Bonifiche sui monti” (noto anche come “Lavoro sui monti/La forza del lavoro”), suo illustre dipinto di ragguardevoli dimensioni concepito per il “Premio Cremona” del maggio-luglio 1940 istituito da Roberto Farinacci.

La tela ritrovata colma un tassello, arricchisce il contesto, ricostruisce un’epopea. La storia risarcisce sempre in termini morali e materiali: qui ha restituito un quadro notevole della maturità di Giacobbi. L’opera verrà presentata nel “Salone d’onore” degli “Amici dell’Arte” giovedì 17 giugno 2021, ore 17.30.

Interverranno Elena Pontiggia e Rodolfo Bona, storici dell’arte; Franca Franchi, presidente dell’associazione; Eugenio Gazzola, vice-presidente della Galleria d’arte moderna-G.A.M. Ricci Oddi. Rimarrà esposto fino al 30 giugno nel medesimo “Salone d’onore” degli “Amici dell’Arte”. Questo importante momento storico e culturale è nato dalla stretta collaborazione fra Galleria d’arte moderna-G.A.M. Ricci Oddi e associazione “Amici dell’Arte”.

Questo evento, di per sé assai significativo, segna senz’altro una riconciliazione arte-storia all’insegna dell’eleganza tecnica e stilistica, della forza grafica ed espressiva del disegno di un grande pittore come Giacobbi. Arte come pacificazione di contrasti allora, strumento di illuminazione di determinati periodi storici, riscoperta di una forte temperie sociale e politica.   Contenutisticamente la tela rientrava nella cosiddetta “Arte di regime” perché rispecchiava tematiche del tempo. Nel 1940, come stabilito dal Duce, gli artisti partecipanti al “Premio Cremona” avrebbero dovuto ispirarsi a “La battaglia del grano”. La tela di Giacobbi esaltava allora il duro lavoro perché una nazione da poco in guerra non doveva sbandare eticamente. Il Regime richiedeva infatti una società stabile e disposta a sacrificarsi, anche per compensare la mancanza di uomini impegnati al fronte. Giacobbi dipinge con maestria la severa moralità del fare, la silente dignità di uomini qui all’apparenza religiosamente sospesi fra terra e cielo.

 

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