Mediatore culturale accusato di caporalato

L'uomo, bengalese, agiva con l'aiuto di tre complici e procurava braccianti a basso costo per il lavoro nei campi

La squadra mobile della Questura di Piacenza al termine di una lunga ed articolata indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica, ha individuato una persona ritenuta colpevole per i reati di caporalato e violazione della normativa di impego dei lavoratori extracomunitari, commesso ai danni di profughi provenienti dall’Asia Meridionale ed ospitati in strutture di accoglienza locali. L’uomo ha agito con il supporto di tre complici.
Il principale indagato è un mediatore culturale bengalese attivo in alcune strutture di accoglienza della Provincia di Piacenza. Si ritiene reclutasse i richiedenti asilo ospiti delle strutture in cui operava, avvalendosi anche del ruolo da lui ricoperto nei rapporti dei profughi con gli enti istituzionali, per destinarli al lavoro nei campi presso terzi in condizioni di sfruttamento.
Approfittando dello stato di bisogno dei richiedenti asilo, agli stessi venivano corrisposte retribuzioni molto più basse di quelle previste dai contratti collettivi di lavoro e comunque sproporzionate rispetto alla qualità e quantità del lavoro svolto. Tra l’altro lo stipendio veniva spesso pagato in ritardo o addirittura non veniva pagando affatto.
In alcuni casi, i soggetti reclutati non avrebbero comunque potuto lavorare poiché non avevano ancora formalizzato la richiesta di asilo o non era decorso il termine necessario.
Quando uno dei lavoratori sfruttati ha provato a lamentarsi è stato minacciato di “espulsione “ dalla struttura di accoglienza.
L’indagine si è svolta anche con intercettazioni telefoniche, pedinamenti, appostamenti e perquisizioni.
Il mediatore culturale si avvaleva di due cittadini egiziani, il responsabile di una Cooperativa per braccianti agricoli con sede a Piacenza ed un suo dipendente, anch’essi indagati per concorso nel reato di caporalato. I due si occupavano di raccogliere le richieste degli imprenditori locali che necessitavano di manovalanza a basso costo nonché del trasporto dei richiedenti asilo dalle strutture di accoglienza ai campi.
È indagato anche un quarto soggetto di origine bengalese, dipendente della medesima società che gestiva l’accoglienza dei profughi, poiché si occupava a sua volta del reclutamento dei lavoratori da destinare nei campi.
La Squadra Mobile durante i controlli all’interno delle strutture ricettive per profughi, ha registrato in un centro di accoglienza condizioni igieniche oltremodo scarse (in particolare servizi igienici e cucina). Gli alloggi erano sporchi ed ampiamente inidonei ad accogliere il numero di ospiti presenti, anche alla luce delle restrizioni vigenti ai tempi dell’emergenza sanitaria. I rifiuti venivano accatastati in sacchi di immondizia che restavano stipati per giorni, attirando topi.
La Prefettura di Piacenza, attraverso gli opportuni controlli con gli enti preposti, ha immediatamente interrotto i rapporti contrattuali con la società che gestiva i centri di accoglienza.
L’indagato principale si occupava anche di trovare, ovviamente dietro pagamento, ulteriori soluzioni abitative per chi terminasse il percorso dell’accoglienza, e sempre dietro compenso si occupava del disbrigo delle pratiche burocratiche. L’uomo trovava inoltre, anche in questo caso dietro pagamento, fittizie dichiarazioni di ospitalità da fornire a soggetti stranieri irregolari sul territorio.
Alla luce del grave quadro indiziario, nei confronti del mediatore culturale è stata emessa la misura cautelare del divieto di dimora nella Provincia di Piacenza, con obbligo di lasciare immediatamente questo territorio. Gli altri tre soggetti coinvolti nel sistema criminale invece sono indagati in stato di libertà per il reato di caporalato.

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