Il mondo antico non è nelle piccole banche

L’edizione odierna del Sole 24 Ore ha pubblicato un intervento dell’avvocato piacentino Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari, sull’argomento delle piccole banche popolari e sulle conseguenze della riforma Renzi che colpiva (ed affondava) proprio tante piccole ed importanti realtà bancarie locali. Una riforma sulla cui legittimità ora dovrà esprimersi la Corte di Giustizia Europea, chiamata in causa dal Consiglio di Stato.

“Sono bastati due atti (quello del Consiglio di Stato che ha sottoposto la riforma Renzi alla Corte di Giustizia europea e quello del Governo Conte per sostituire la facoltà all’obbligo della Bcc di aderire a gruppi bancari), è bastato questo a far scattare la reviviscenza di un pensiero già ben conosciuto (e da molti definito come “pensiero unico”) che è, a priori e nonostante i risultati, contrario alle banche di territorio.

In un Paese normale, quelli detti, sarebbero stati considerati atti dovuti, di rispetto della volontà di milioni di italiani e di riguardo per l’indipendenza delle banche (in un momento storico nel quale – se guardiamo bene la composizione del loro capitale – di banche italiane ne esistono ormai ben poche, fagocitate come sono state quasi tutte dai fondi speculativi internazionali).

Ma, si dice, se poi le banche medio/piccole (quelle proprio adatte al nostro particolare tessuto imprenditoriale) vanno in default, paga lo Stato. Intanto, non è vero, e non sarebbe stato vero neppure per lo scandalo (voluto) delle famose 4 banche, sol che l’Europa – magari per irrobustire il pensiero unico, e comunque pretestuosamente – non ci avesse impedito di far intervenire il Fondo interbancario (privato). E poi s’è visto subito che lo Stato è davvero intervenuto prontamente, e totalmente, solo per una grande banca, Mps (spendendo per essa ben più che per tutte le altre).

Ma, si dice ancora, le banche medio/piccole dovranno capitalizzarsi. Certo, ma Banche popolari e Casse di risparmio lo hanno sempre fatto (per più di cent’anni, quando non si giocava a screditarle) e, soprattutto, le banche rimaste indipendenti sono oggi ben più patrimonializzate delle grandi (in proporzione, ed anche in assoluto).

Piuttosto, allora: perché i sostenitori delle grandi banche (anzicchè spendere, solo per le banche piccole, luoghi comuni frusti, tipo quello del legame condizionante col territorio, e questo quando s’è appena visto che proprio una banca grande era un esempio paradigmatico di quel legame) non dicono come pensano di salvaguardare la concorrenza fra banche, a favore dei consumatori? E’ per loro, questo, un argomento (ovviamente) tabù, ma non lo è per l’Europa (o, perlomeno, non lo era quando l’Ue salvò il sistema delle Popolari proprio per questo). La Commissione fu del parere che “le reti bancarie decentrate garantiscono la continuità dei mercati finanziari, anche in mercati di piccole dimensioni e remoti” e sottolineò che “il pluralismo del mercato dell’attività bancaria e la diversità dei prestatori di servizi rafforzano la concorrenza in tutto il mercato bancario dell’Ue, assicurando nel contempo il finanziamento dell’economia locale e facilitando l’accesso di tutti i clienti dei servizi finanziari”. Capito? Non basta?

Corrado Sforza Fogliani
presidente Assopopolari

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