Piacenza: una provincia che perde popolazione e fatica a recuperare i livelli di produzione

Il 2020 consolida il ritardo delle imprese piacentine rispetto al resto della regione nel recupero dei livelli di produzione di valore del 2007. Calano ancora i residenti

Si è tenuta questa mattina la presentazione dei dati del 12esimo Osservatorio su Economia e Lavoro in provincia di Piacenza, a cura dell’Istituto di Ricerche economiche e sociali dell’Emilia-Romagna e a firma del ricercatore Gianluca De Angelis. Il presidente di Ires, Giuliano Guietti, il segretario Cgil Piacenza, Gianluca Zilocchi e De Angelis, che per questa edizione ha elaborato i dati socio economici della ricerca, hanno presentato i dati salienti dell’OEL2021.

Un momento di analisi, studio e di progettazione delle linee di azione del sindacato confederale su alcuni temi fondamentali per il futuro dell’economia e della tenuta del tessuto sociale piacentino. Questo il contesto della presentazione del 12esimo Osservatorio Economia e lavoro a cura di Ires Emilia Romagna su commissione della Cgil di Piacenza. Gianluca Zilocchi, segretario Cgil Piacenza, ha ribadito, in avvio, come «si confermano delle tendenze storiche del territorio, che rischiano di diventare croniche, e che chiamano interventi urgenti. Il primo, un calo del 4 per cento dell’occupazione femminile, a cui si aggiunge una differenza salariale del 30%. La questione femminile sta esplodendo a Piacenza, occorre affrontarla sul tema del lavoro e dei servizi: il lavoro di cura aumentato in pandemia ha tolto alle donne spazi di libertà ed emancipazione. E’ un dovere di tutti e tutte fare in modo di invertire la china».

Tra i temi nuovi dell’OEL 2021, il tema ambientale. «Il patto per il lavoro e per il clima siglato da tutte le parti sociali regionali ha come obiettivo la decarbonizzazione. Ma intanto, Piacenza città sfora regolarmente i limiti di particolato con una pessima qualità dell’aria, con un consumo di suolo superiore alla media regionale (persi, nel 2020, 48,8 ettari ovvero 1,6 mq di verde per abitante). Siamo di fronte a un modello di sviluppo che andrebbe rivisto e ripensato, il PNRR è un’opportunità da cogliere per limitare impatto del trasporto merci e per attrarre investimenti che fanno della compatibilità ecologica e ambientale la cifra distintiva” ha detto Zilocchi. I dati dell’Osservatorio “ci consegnano questioni urgenti, che coloro che ambiscono a governare devono farsi carico della situazione e trovare soluzioni coerenti ed efficaci. Il quadro non è drammatico, ma i campanelli d’allarme suonano da troppo tempo».

Secondo la Cgil mancano migranti, cala valore aggiunto prodotto: -20% rispetto media Emilia Romagna

Tra i dati evidenziati nel corso del dibattito, il saldo negativo demografico. A Piacenza arrivino meno migranti da altri Paesi che non riescono a compensare il saldo negativo tra nascite e decessi che si aggira tra i 1.000 e i 1.500 all’anno e viene in parte compensato da migrazioni interne, ossia giovani che arrivano a Piacenza da altre regioni. In questo contesto, il valore aggiunto prodotto dal mondo del lavoro, complice la movimentazione merci e la perdita di produzioni manifatturiere, segna un drammatico -20% rispetto al 2007. E il recupero a Piacenza è più lento: nel 2020 il rimbalzo è del 4,7, la media regionale è al 6%.  Incremento significativo dell’inattività, che verte in particolare sulle donne. E ancora: politiche abitative che mancano, poca attenzione agli studenti fuori sede, e una proposta: «Perché non impiantare a Piacenza un corso di laurea di ecologia e ambiente?».

Nel 2020 la popolazione nella provincia di Piacenza è pari a 285.701 e decresce rispetto
all’anno precedente di 2.090 residenti. La variazione negativa della Provincia è più marcata di quella regionale (-0,7% a fronte del -0,3%). La variazione riguarda tutti i distretti sociosanitari.

“Il 2020 è stato l’anno della pandemia scaturita dal virus Sars-cov2 e la provincia di Piacenza è tra quelle che in Italia ne hanno pagato il prezzo più alto. Infatti, con 1.214 decessi certificati Covid, Piacenza è la seconda provincia italiana per tasso di decessi ogni 100.000 abitanti (326,5), seconda solo a Lodi (344,9) e ben lontana dai valori delle altre province emiliano romagnole. (…) La tendenza all’invecchiamento colpisce anche la popolazione straniera. Da un lato la riduzione degli arrivi con un +0,2% rispetto al 2019 è anche al di sotto della già timida variazione regionale (+0,4%), dall’altro la scarsità delle nascite, sono elementi che nel 2020 accentuano la dinamica di invecchiamento e la messa in discussione della tenuta produttiva dell’area.

Il 2020 consolida il ritardo delle imprese piacentine rispetto al resto della regione nel recupero dei livelli di produzione di valore del 2007. Nel 2020 i valori regionali scendono al 92,7% di quelli del 2007, quelli piacentini all’81,3%.

La variazione del 2020 rispetto al 2019 è pari a -9,5%. Tale dato è l’esito di variazioni positive nei settori meno significativi (costruzioni e agricoltura) e negative nei settori più significativi, industria (-11%) e servizi (-9,4%). La dinamica fa pensare a una parziale ristrutturazione dell’economia provinciale che vede il progressivo ridursi del peso dei servizi, a beneficio degli altri settori produttivi.

La curva delle esportazioni nell’area, negativa nel 2020, indica una maggiore reattività e tenuta di quella regionale. I dati relativi al 2020, evidenziano un calo del -7,5%, più significativo del -5,7% rilevato sui primi 6 mesi dell’anno, anche se più contenuto della variazione regionale (-8,2%).

Gli indicatori congiunturali di Piacenza evidenziano il coinvolgimento della provincia nella dinamica di recupero regionale. Tutti evidenziano il recupero nella seconda metà del 2020 di quanto perso nei primi sei mesi dell’anno.

Il tessuto produttivo piacentino si riduce nel 2020, così come quello regionale. Anche grazie agli aiuti messi in campo, però, le variazioni annue provinciali e regionali per il 2020 sono meno significative di quelle degli anni precedenti.

Mercato del lavoro: “Inattivi al 27%”

Il mercato del lavoro offre un panorama composito e con poche luci. La diminuzione degli occupati, che nel 2020 sono 127 mila e dei disoccupati (7 mila) portano infatti a un incremento dell’inattività, mitigato solo dalla contrazione demografica e quindi dalle basi di calcolo. Si evidenzia quindi il calo dei tassi di occupazione e disoccupazione, che nel 2020 sono pari al 68,8% il primo e al 5,7% il secondo, e la crescita di quello di inattività che arriva al 27%.

La dinamica è fortemente differenziata tra la componente maschile e femminile. Nel 2020 variano positivamente gli occupati (+1%) e negativamente le occupate (-4,4%). Il tasso di occupazione maschile è il più alto dal 2004 ad oggi (77,9%); quello femminile, invece, è del 59,5%.

Le discriminazioni tra i due sessi incidono sui livelli retributivi incrementando le asimmetrie e le fragilità osservate sul piano territoriale. Mentre i dipendenti di sesso maschile nel 2020 a Piacenza hanno una retribuzione media pari al 108,8% di quella media regionale complessiva, le lavoratrici percepiscono una retribuzione media pari al 73,7%.

Considerando i 15.771 addetti alle unità locali piacentine provenienti da altre province o regioni il 2020 segna una variazione negativa più marcata di quella relativa ai residenti rispetto al 2020: da 130 mila a 129 mila addetti (-1,19%). Per via dell’eccezionale ricorso alle forme di tutela del posto di lavoro (cassa integrazione) nel 2020 cresce il rapporto tra Occupati e Unità di lavoro equivalenti da 1 del 2019 a 1,14. Se il rapporto occupati/Ula fosse rimasto quello medio del periodo precedente, gli occupati sarebbero passati a 115,9 migliaia, 13,4 mila in meno per una variazione del -11,4%.

Le diverse forme di tutela messe in campo hanno invertito la relazione tra valore aggiunto e reddito delle famiglie. Se fino al 2019 il valore aggiunto prodotto dalle imprese piacentine è cresciuto più di quanto non sia avvenuto per i redditi, nel 2020 la dinamica si inverte

Ambiente, molte note negative. Cresce consumo di suolo

Nonostante i blocchi e le chiusure, gli indicatori ambientali osservati per il 2020 nel territorio di Piacenza segnano un ulteriore peggioramento delle condizioni. In particolare, cresce il consumo di suolo +0,23%, con una variazione leggermente superiore a quella media regionale (+0,21%).

Il numero dei superamenti giornalieri per il PM10 non ha rispettato il limite di 35 giorni l’anno in diverse stazioni. Per via di una scarsa piovosità, i superamenti del valore limite giornaliero di PM10 è risultato in aumento rispetto all’anno precedente. La temperatura risulta in crescita rispetto ai periodi climatici di riferimento, sia rispetto al 1991-2015 (+0,5 °C) che in riferimento al clima 1961-1990 (+1,5 °C).

Per quanto riguarda le precipitazioni, queste sono state pari a 598,4 mm. Il valore è inferiore di quelli rilevati per i due anni precedenti.

L’esito di queste osservazioni, a parità di intensità di venti, si traducono in una riduzione del volume di aria per il rimescolamento degli agenti, che significa un peggioramento della qualità dell’aria stessa.

Infine, anche nel 2020 si riduce la produzione di rifiuti per abitante (690,2 kg) e aumenta la raccolta differenziata per l’intera provincia (71,5%). Restano però dei nodi irrisolti nei comuni dell’appennino”.

 

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