Piacentino di 64 anni sottoposto a straordinario intervento di cardiochirurgia mininvasiva a Parma

Il paziente cardiopatico non avrebbe avuto possibilità di altre terapie. Usata per la prima volta in Italia una metodica innovativa. In letteratura un solo altro caso, nel 2015 a Kansas City

Per raggiungere risultati eccezionali a volte occorre osare. E superarsi. E’ quello che è avvenuto all’interno dell’equipe di Cardiochirurgia, diretta da Francesco Nicolini, dell’Ospedale Maggiore di Parma, quando ha preso in carico un paziente relativamente giovane, ma estremamente complesso e affetto da patologie potenzialmente letali, al quale sarebbe stato precluso qualsiasi altro tipo di trattamento.

L’aorta e la valvola aortica si presentavano gravemente danneggiate e il paziente avrebbe dovuto subire un lungo intervento in anestesia generale a cuore aperto, in circolazione extracorporea, per correggere la valvola aortica, coronarie e aorta ascendente. L’intervento avrebbe comportato molte ore di ventilazione meccanica e risultava non sostenibile dal paziente per patologie pregresse.

La programmazione del tipo di intervento che in questo caso riguardava un paziente piacentino di 64 anni, già operato in emergenza nel 2009 e in cura presso le strutture di Cardiologia dell’ospedale di Castel S. Giovanni e dell’Ospedale di Piacenza, viene affrontato nella riunione settimanale dal gruppo di specialisti che riunisce i medici dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma e dell’Azienda Usl di Piacenza, con il Maggiore centro di riferimento per le due province.

“Viste le fragilissime condizioni e dopo valutazioni congiunte e scrupolose – precisa Nicolini – si è deciso di sottoporre il paziente a un intervento combinato utilizzando la tecnica mininvasiva con accesso chirurgico alternativo (apice del cuore) per curare simultaneamente le strutture cardiache danneggiate. Unendo quindi diverse esperienze sia mediche che infermieristiche presenti nel nostro Ospedale abbiamo potuto eseguire un’operazione unica nel suo genere. Possiamo dire che è stata la multidisciplinarietà a fare la differenza e a permetterci di intervenire nel modo migliore”.

“In letteratura – spiega il cardiochirurgo Andrea Agostinelli- abbiamo riscontrato un unico caso di trattamento endovascolare simultaneo di aorta ascendente e valvola aortica per via transapicale, eseguito nel 2015, negli Stati Uniti a Kansas City. Ma negli anni la nostra équipe ha acquisito grande esperienza con accessi alternativi attraverso la punta del cuore (approccio transapicale) utilizzato non solo, come previsto, per la sostituzione delle valvole aortiche ma anche come accesso alternativo per il trattamento endovascolare dell’aorta toracica discendente quando le arterie femorali sono impercorribili perché malate. Abbiamo quindi optato per questa soluzione che ha permesso il trattamento a un paziente al quale sarebbe stata preclusa qualsiasi tipo di terapia”.

L’intervento, sotto controllo radioscopico ed eco-transesofageo con ricostruzione 3D, è stato eseguito da: Andrea Agostinelli (primo operatore) insieme ai cardiochirurghi Bruno Borrello e Alan Gallingani, alla specializzanda Florida Gripshi, al responsabile della Cardiologia interventistica Luigi Vignali, all’anestesista Cristiana Reverberi, all’equipe infermieristica, formata da Antonio Curia (infermiere crimper, dedicato alla predisposizione dei sistemi di preparazione e rilascio valvolare), Maddalena Parisi strumentista e Diego Tedesco infermiere di sala e al tecnico di radiologia Marco Scarascia.

“Il paziente – concludono dal reparto di Parma- ha subito così un intervento di 2 ore e 15 minuti anziché le probabili 6-7 ore di un intervento tradizionale, senza fermare il cuore ne aprirne e modificarne le strutture. Dopo un giorno di terapia intensiva e 5 di degenza è stato dimesso e ripreso in carico dalla cardiologia di Castel San Giovanni, diretta da Daniela Aschieri, dove ha portato a termine il percorso riabilitativo”.

Anche l’assessore regionale alle Politiche per la Salute Raffaele Donini commenta l’intervento: “Basterebbe la natura innovativa nella tecnica dell’intervento, che ha un solo precedente al mondo, per farci rimarcare l’eccellenza delle strutture sanitarie emiliano romagnole e dei professionisti che vi operano. Ma qui c’è di più: una presa in carico interdisciplinare del paziente, con professionisti di vari territori che, su ogni singolo caso, si confrontano e individuano la soluzione migliore. Che, in questo caso, era l’unica. La qualità dell’organizzazione ha permesso di salvare la vita al paziente. Eccellenza dei professionisti, organizzazione, nessun campanilismo. Questa è la sanità emiliano romagnola che abbiamo costruito e che ogni giorno si migliora”.

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