Positivi al Covid … ma non per le istituzioni

La situazione paradossale di chi è risultato positivo al test casalingo ma rischia di negativizzarsi in attesa di essere convocato dall’Ausl per il tampone di controllo. Il caso sollevato dal consigliere comunale Sara Soresi

E’ paradossale il caso che segnala un consigliere comunale di Piacenza, l’avvocato Sara Soresi, e che riguarda decine di persone. In pratica svariati piacentini, in questi giorni, magari in seguito ad un mal di gola o ad un raffreddore o per semplice controllo hanno effettuato il test casalingo per verificare la positività al Covid. Con la variante Omicron che imperversa e contagia con estrema facilità (vaccinati e non) il numero di positivi è schizzato alle stelle. Chi risulta positivo all’auto test però si ritrova in un limbo: è positivo … ma non ufficialmente e rischia di negativizzarsi in attesa di essere convocato dall’Ausl per il tampone di controllo.

Con tempistiche che – come sempre – non sono in linea con l’evoluzione del contagio, solo da lunedì 17 gennaio il tampone casalingo varrà a tutti gli effetti per l’apertura ufficiale della positività (a patto di essere vaccinati con due dosi, avere effettuato uno dei tamponi autorizzati, avere il fascicolo elettronico attivo e registrare il risultato). Il portale regionale dove comunicare la positività entrerà in funzione appunto lunedì prossimo. Chi dunque nel frattempo è risultato positivo si è trovato davanti ad un bivio: rispettare le regole e segnalare la positività al medico curante oppure fregarsene altamente (rischiando di infettare il prossimo) e recandosi in farmacia per un ripetere il test e renderlo valido “erga omnes”. Con il risultato assurdo che chi si è comportato secondo i protocolli rischia di vedersi gabbato, come spiega il consigliere Soresi in un lungo post su Facebook.

«In tanti mi stanno segnalando un problema di non poco conto. Ci si trova in casa con febbre, magari anche con tosse e raffreddore. Si fa un test rapido fai da te, si risulta positivi. Seguendo le direttive ministeriali (nonché quelle delle farmacie e dei medici di base), non si esce per andare a fare tampone molecolare o rapido in farmacia – proprio poiché positivi e sintomatici – e si contatta direttamente il medico di base.

Quest’ultimo segnala la positività ad Ausl.

Peccato, però, che questa procedura – benchè rispettosa delle direttive emanate dal Ministero della Salute – non sia sufficiente per avere alcuna attestazione di positività.

Infatti Ausl, a causa del grande caos di queste settimane, contatta il paziente dopo almeno una settimana. Sorpresa: il paziente viene contattato non per effettuare il tampone di guarigione ma quello di INIZIO quarantena. Ma a quel punto, il più delle volte, la persona si è già negativizzata.

Risultato: nessun attestato di guarigione. Quella persona è come se il Covid non l’avesse mai avuto, con conseguente mancato rilascio del green pass da guarigione.

L’interessato magari aveva prenotato la prima dose o la seconda o la terza o magari nemmeno una.

Fatto sta che si ritrova in un limbo in cui deve decidere se: 1) fare la x dose nonostante sia appena guarito dalla malattia, 2) non avere il green pass e, in alcuni casi, non poter entrare sul posto di lavoro (così come in tantissimi altri luoghi).

Ora, io capisco il grandissimo caos di questo periodo – e dopo due anni di pandemia ed il 90% di cittadini vaccinati francamente fatico a comprenderlo ma questo è un altro capitolo che non intendo affrontare in questa sede – ma pare normale che una persona, seguendo le direttive ministeriali, si trovi ad essere un guarito invisibile per lo Stato e magari privato conseguentemente del proprio sacrosanto diritto di lavorare e, in generale, di circolare liberamente?».

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