Quello di Bobbio dovrebbe diventare “ospedale di montagna” ma nessuno sa cosa voglia dire

Il Comitato Terme e Val Trebbia solleva alcuni interrogativi sul futuro del presidio ospedaliero e su questa annunciata trasformazione in un'entità di cui non esiste un preciso riferimento normativo

Ospedale Bobbio

L’ Associazione “Comitato Terme e Val Trebbia” prende posizione sull’annunciata trasformazione del presidio ospedaliero di Bobbio in “ospedale di montagna”, una definizione che non convince del tutto il comitato non essendoci precisi riferimenti normativi al riguardo.

Se tutti concordano sul fatto che l’attuale situazione di ospedale di comunità (Osco) a Bobbio vada superata con il ritorno ad un presidio ospedaliero a tutti gli effetti serve un chiarimento per andare oltre alla generica dicitura di Ospedale di montagna. Secondo gli abitanti “Quanto fino ad ora annunciato dalle amministrazioni e dell’Ausl è ancora troppo generico e le azioni attualmente programmate insufficienti a pensare ad un superamento della condizione di Osco”.

Ma vediamo le considerazioni del comitato.

«In occasione del dono dell’ambulanza da parte della ditta “Gamma” all’OsCo di Bobbio è stata rilanciata nuovamente la promessa  di elevare l’Osco a “ospedale di montagna”.

Nelle recenti dichiarazioni la cosa viene data quasi per scontata. Dopo la richiesta approvata dalla CSST si aspetta (fiduciosi) solo di vedere se ci sarà una ratifica da parte della regione. Va chiarito però una volta per tutte cosa si intende per “ospedale di montagna”.

Cercando nelle varie norme legislative nazionali e regionali non si trova nulla che lo chiarisca.

Per quanto riguarda l’offerta ospedaliera si trovano solo declaratorie che si riferiscono agli Osco (ospedale di comunità) ed agli ospedali veri e propri. Declaratorie che ne stabiliscono i confini e le competenze.

L’Osco è definito struttura territoriale di ricovero breve, rivolta a pazienti che necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica e di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna.

Riportare un Osco a condizione di ospedale anche se piccolo richiede investimenti importanti, come l’inserimento in forma stabile di personale medico (oltre che infermieristico) adeguato a svolgere attività chirurgiche, con servizi diagnostici propri, quali le unità operative di base (chirurgia, medicina, ostetricia, ginecologia) oltreché gli altri servizi essenziali per garantire il rispetto dei livelli minimi di assistenza (cardiologia, radiologia, dialisi, laboratorio analisi, fisioterapia, farmacia e pediatria).

Questo è quanto previsto dalla legge 502/1992. Una legge che nelle sue linee guida non prevede tipologie definibili “ospedali di montagna”, ma promuove azioni di potenziamento per i presidi situati in zone marginali e di montagna.

Proprio sulla base di queste linee guida, la regione E.R. con un intervento dello stesso presidente Bonaccini, si è recentemente espressa per riportare nei presidi ospedalieri situati nelle zone di montagna della regione anche un punto nascite (nonostante il parere negativo espresso nel 2017 dal “comitato ministeriale”)

La normativa nazionale quindi non prevede “ospedali di montagna”. Parla solo di azioni necessarie a potenziare i presidi ospedalieri in zone marginali del territorio.

Nemmeno in altri territori  la dizione “ospedale di montagna” è mai utilizzata.

In Lombardia esiste una “ATS di montagna” (l’equivalente del nostro distretto sanitario) che organizza sul territorio montano sia degli Osco che dei veri e propri (anche se piccoli) ospedali.

La stessa Ausl di Piacenza, sulla sua pagina WEB parla di “area ospedaliera di montagna” fornita di un Osco, quello di Bobbio appunto.

Il bisogno di una presenza ospedaliera anche per la gente di montagna, dove anni di tagli e riduzione dei servizi hanno reso ancora più difficile abitare, è oggi ancor più sentito.  Nelle Marche (2005), in Campania e Calabria (2015), nel Lazio (2021), sono state presentate proposte di legge regionale per potenziare gli ospedali in zone di montagna (purtroppo senza seguito). Anche in questi casi si parlava di evoluzione dalle condizioni di Osco a quelle di vero e proprio (anche se piccolo) ospedale con le caratteristiche indicate dalla legge 502/1992.

Che la montagna abbia necessità, motivata da parecchie ragioni, di una migliore copertura sanitaria è fuor di dubbio, ma è bene  esser chiari.  Un ospedale è definito dai servizi che offre.

Sarebbe utile che AUSL spiegasse quali investimenti si intendono fare a Bobbio, in termini di personale (medico ed infermieristico), diagnostica, reparti (chirurgia, medicina, ostetricia, ginecologia, ortopedia ecc) per avere un ospedale. Ad oggi siamo fermi alla promessa di una TAC, di una nuova camera mortuaria e di ristrutturazione degli spazi del Punto di Primo Intervento.

Parlare di ospedale a Bobbio significa in primo luogo capire se almeno le direttive nazionali previste dalla legge 502/1992 per gli ospedali saranno rispettate e realizzate.

Se ciò non fosse, alla fine l’atteso “ospedale di montagna” si ridurrà ad un Osco appena un po’ rinforzato. Nei prossimi mesi la realtà dirà se è una previsione infondata».

 

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