Santa Maria di Campagna, da chiesuola a basilica grazie alle indulgenze di Papa Urbano II

Com’è cambiata, nel tempo, Santa Maria di Campagna. Lo hanno spiegato Elena Montanari e Roberto Tagliaferri – presentati dal condirettore della Banca di Piacenza Pietro Coppelli – nel corso dell’incontro per “I Giovedì della Basilica” che si è tenuto questa sera nella Biblioteca del Convento, nell’ambito delle Celebrazioni dei 500 anni della chiesa di piazzale delle Crociate dove, nel marzo del 1095 – ha ricordato l’arch Montanari -, Papa Urbano II convocò il Concilio nel quale venne decisa la Prima Crociata. Le indulgenze concesse dal Pontefice diedero maggior impulso alla venerazione della Madonna di Campagna – statua risalente al secolo XIV che ancora oggi vediamo – custodita nella chiesuola di Santa Maria in Campagnola, costruita dopo l’anno Mille nel luogo di sepoltura dei primi martiri cristiani. «A un certo punto la piccola chiesa – ha continuato la relatrice – non era più in grado di contenere i fedeli della città e i pellegrini della Francigena. Fu così che il 27 dicembre del 1521 nacque la Fabbriceria per la costruzione di un tempio più grande che, come recita il rogito notarile stilato da Giovanni Francesco da Parma, doveva inglobare la prima Cappella». Il 3 aprile del 1522 venne stipulata la convenzione con l’architetto piacentino Alessio Tramello e il 13 dello stesso mese ci fu la posa della prima pietra (di cui quest’anno si celebra appunto il cinquecentenario) alla presenza del vescovo Scaramuccia Trivulzio. Nel 1528 la fabbrica venne ultimata. L’arch. Montanari ha quindi citato la cronaca di Antonio Francesco da Villa che il 24 ottobre 1531 riferì del trasporto della statua della Madonna dalla chiesa vecchia a quella nuova: “Con gran solennità venne collocata nella nuova Cappella e il Papa Clemente VII concesse l’indulgenza plenaria”. Detta Cappella (che terminava dove è collocato l’altare consacrato nel 1794), affrescata dai fratelli Campi, andò distrutta nel 1791 con l’intervento di Lotario Tomba che sistemò il Coro e il Presbiterio allungando la planimetria della chiesa. Prima dell’intervento del Tomba l’antica chiesuola veniva utilizzata dai frati come coro ed era collegata alla Basilica da un andito (corridoio). «Secondo le testimonianze di metà ‘500 – ha sottolineato l’arch. Montanari – il Pozzo dei martiri era “situato al centro della nuova chiesa”. Da ciò si desume che il Tramello abbia demolito la zona absidale della vecchia chiesuola, andando così ad inglobare il pozzo e mantenendo il resto della primitiva struttura».

L’ing. Tagliaferri ha invece approfondito i motivi che indussero il Tramello a progettare la Basilica di Campagna a pianta centrale (detta anche con planimetria a croce greca): «Il rispetto di un’antica tradizione, che voleva i templi dedicati al culto mariano appunto a pianta centrale e la valenza civica della chiesa, costruita per volontà di un gruppo di nobili della città (le chiese a croce greca hanno una visione più legata alla presenza dell’uomo, mentre quelle a croce latina puntano sullo stretto rapporto tra il devoto e Dio)». Il relatore ha quindi mostrato le immagini di altri edifici religiosi aventi la stressa struttura a pianta centrale di Santa Maria di Campagna, accomunate dalla devozione per la Madonna: S. Maria della Steccata a Parma, S. Maria della Croce a Crema, S. Maria delle Carceri a Prato, S. Maria Incoronata a Lodi. L’ing. Tagliaferri ha concluso il suo intervento ricordando l’influenza del Bramante sul Tramello e le principali opere dell’architetto piacentino.

 

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