Secondo l’economista Zamagni le chiusure a singhiozzo compromettono la produttività: “Andava attuato subito un nuovo lock-down”

L'economista, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, sarà domani pomeriggio a palazzo Galli

«Il lockdown è necessario se fatto subito e su base nazionale. Fatto a pezzi, e con ritardo di quasi un mese, è evidente che rischi da un lato di bloccare l’attività economica, e dall’altro di non avere effetto sul fronte sanitario».

Ha pochi dubbi l’economista Stefano Zamagni presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali e docente (a titolo gratuito) dell’università di Bologna. Domani pomeriggio, alle 18, sarà a Piacenza, ospite della Banca di Piacenza nell’ambito di un ciclo di incontro dedicato al virus. Il suo sarà un intervento incentrato sul tema de “Lo spirito d’intrapresa ed il fattore personale nel nuovo mondo del dopo virus”.

Lo abbiamo raggiunto telefonicamente proprio per capire cosa ne pensa un protagonista di primo piano del pensiero economico italiano di quanto sta succedendo nel nostro paese e di come a suo giudizio si sta affrontando la crisi.

«Andava attuato subito un nuovo lockdown, –  ribadisce Zamagni –  come fatto a marzo, altrimenti è il virus continua a diffondersi, la gente si ammala, non va a lavorare, e di conseguenza, si ha minor produzione. Un lockdown di tre settimane, invece, non comprometterebbe la produttività, cosa che invece può provocare l’atteggiamento adottato dal Governo in cui un po’ si apre e un po’ si chiude».

«I settori che subiscono il maggiore impatto sono quelli dei servizi, ad alta intensità di lavoro, settori in cui lo smart working non è possibile – ribadisce l’economista -. I settori industriali invece, quasi tutti automatizzati, non ne hanno risentito più di tanto. Servizi come ristorazione ed i negozi, dove l’automazione è assente, chiaramente sono quelli che ci hanno rimesso di più. L’Emilia ad esempio, molto industrializzata, soffre meno di quelle regioni che puntano tutto sul turismo e sull’attività terziaria, che con una situazione di questo tipo sono “in braghe di tela”. La pandemia, inoltre, tende a creare diseguaglianze strutturali molto pericolose. Basti pensare al fatto che i giganti dell’Hi-tech, nell’ultimo periodo, hanno aumentato i loro profitti del 39%».

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