Sgarbi: “Non c’è nulla di più vicino a Dio di una Cupola”

Il critico in visita nella Basilica di Santa Maria di Campagna elogia l'opera del Pordenone

Lezione di Sgarbi in Santa Maria di Campagna
Sgarbi al suo arrivo in Basilica

Dimenticate lo showman della tv, Vittorio Sgarbi nella Basilica di Santa Maria di Campagna questa mattina ha tenuto una vera e propria lezione sul significato dell’arte toccando molti temi trasversalmente collegati, ma avendo come filo conduttore sempre il Pordenone, l’artista protagonista della Salita resa possibile da Banca di Piacenza (presente con il sempreverde Corrado Sforza Fogliani).

“Il nome del Pordenone sta diventando consueto – considera Sgarbi -, nonostante la sua opera sia pregevole, gli viene riconosciuto un merito tardivo a causa di una alfabetizzazione artistica molto fragile, se ne parla poco a scuola, a causa anche di una visione dell’arte un po’ idealistica”. Nel suo discorso poi entra in scena la Cupola, che considera come la “presenza stessa di Dio nella vita dell’uomo, in quanto è ciò che più gli si avvicina. In molte chiese non è presente questa vita celeste sopra di noi, colpa dell’architettura e segno del relativismo imperante. La cultura in passato era legata al Cristianesimo, non c’era alternativa, anche oggi quelli che non credono sentono comunque l’imperio di Dio, nulla è più vicino a Dio dell’arte, essa rende più bello il mondo, espressione dello spirito dell’uomo”.

Sgarbi ripercorre le tappe che hanno portato Pordenone a Piacenza, passando dalle influenze di Giorgione e Mantegna passando da Roma, dove entra in contatto con Raffaello e Michelangelo. “Pordenone si può considerare il primo manierista padano. Egli segna come capitale della propria attività Piacenza, pur vedendo Venezia come miraggio e Roma come palestra per i propri studi pittorici”.

Uno sguardo poi viene posto sulla lingua italiana. “Sin da piccoli siamo abituati a leggere le poesie di Petrarca, di Boccaccio e altri perchè a scuola ci vengono insegnati. Ma in realtà nella vita di tutti i giorni a cosa servono? La poesia è la prova dello spirito che è dentro di noi. L’uomo tuttavia corrompe quella bellezza con le guerre, ma una parte di se è in grado di rendere più bello il mondo, di essere più vicini a Dio attraverso l’arte. Nessuno insegna Pordenone a scuola, eppure passano gli anni e quando si intravede la possibilità di creare turismo, conoscenza e ricerca, soprattutto nel dopoguerra, si recuperano questi artisti”.

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