Il sindacato Si Cobas abbandona il tavolo di confronto indetto dal Prefetto sullo stabilimento XPO

Nel pomeriggio di ieri, presso il Palazzo del Governo, il Prefetto Maurizio Falco ha presieduto un tavolo di confronto in relazione alle problematiche registratesi presso lo stabilimento XPO di Pontenure in occasione del cambio di appalto.

Hanno partecipato i rappresentanti della XPO, delle Cooperative uscenti Confezioni Sarmatesi e San Martino, delle subentranti Cooperative Mister job e Clu Dema nonché delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL e SI COBAS

Nel corso della riunione, è stata sottolineata la rilevanza dell’accordo sottoscritto tra la parte datoriale e le Cooperative subentranti nell’appalto e CGIL CISL UIL UGL sia pure su tavoli separati, evidenziando che il predetto accordo è migliorativo delle condizioni di lavoro precedentemente applicate nello stabilimento di Pontenure.

I rappresentanti di SI COBAS hanno rappresentato, invece, di non aver voluto sottoscrivere l’accordo in quanto non sono state accolte le loro rivendicazioni che in sintesi risultano essere le seguenti:

1) Riduzione della quota associativa richiesta ai lavoratori dalle cooperative subentranti da euro 500 a non più di euro 100;

2) Pagamento integrale del periodo di malattia conseguente ad infortunio;

3) Orario di lavoro da articolare su cinque giorni dal lunedì al venerdì con esclusione del sabato, che resterebbe lavorativo su base volontaria e previ accordi decentrati.

I rappresentanti sindacali Si Cobas, subito dopo la loro dichiarazione, hanno deciso di abbandonare precipitosamente il tavolo.

Il Prefetto e tutti i presenti non hanno potuto che prendere atto di tale comportamento repentino, stigmatizzando l’inopportunità di tale gesto che si pone, peraltro, in contraddizione rispetto al mutato clima di pacificazione che gli stessi SICOBAS avevano promosso in occasione di precedenti incontri sindacali.

Dalla propria pagina Facebook il sindacato SI COBAS spiega le ragioni del proprio gesto:

“Voi non lo lascereste il tavolo? Pagare 500 euro (erano 3.000, accettati da CGIL-CISL-UIL-UGL, poi di fronte a nostra opposizione hanno abbassato la cifra) per poter continuare a lavorare non è forse caporalato legalizzato?
E vogliamo parlare dell’estendere la settimana lavorativa da 5 su 7 a 7 su 7? Come ad Amazon, quel modello tanto caro alle sigle di cui sopra?
Siamo sicuri che chiunque con un minimo di etica avrebbe lasciato quel tavolo. Per passare alla lotta”.

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