Stefano Torre “predisse” il furto del Klimt e disse che il quadro andava cercato in via San Siro

Ventitrè anni fa l'imprenditore era consigliere comunale. Verificata in prima persona la vulnerabilità della Galleria Ricci Oddi presentò un'interpellanza che venne discussa solo il giorno dopo il furto. Torre disse pubblicamente che secondo lui il quadro non si era mai mosso da dove era sparito

«L’avevo detto io che il Klimt non si era mai mosso da via San Siro».

E’ serissimo questa sera Stefano Torre, quando lo contattiamo per parlare del ritrovamento di quello che potrebbe essere il  “Ritratto di signora”, apparso a Piacenza, nel pomeriggio del 10 dicembre 2019, nascosto in una nicchia di un muro ventitré anni dopo la sua sparizione.

Per molti Stefano Torre è il candidato sindaco con la tuba, quello che (nella tornata elettorale vinta da Patrizia Barbieri) proponeva di costruire un vinodotto per portare il gutturnio direttamente nelle case dei piacentini o un vulcano a Borgoforte. L’imprenditore informatico con una campagna comunicativa tanto efficace quanto irriverente conquistò le prime pagine di giornali nazionali e non entrò in consiglio per una manciata di voti.

Stefano Torre, in realtà, a palazzo Mercanti, nelle vesti di consigliere comunale, c’era già stato a fine anni ’90, in quota Lega  Nord, dunque all’opposizione. Sindaco era il professor Giacomo Vaciago a capo di una coalizione di centro sinistra.

Torre del Klimt sa molto, moltissimo. Arrivò anche a rubarlo “simbolicamente” prima che qualcuno lo facesse sul serio. Come andò esattamente?

«Venni contattato da un custode della galleria che lamentava la permeabilità del sistema di sicurezza. Era particolarmente insistente e ad un certo punto mi propose di fare una verifica sul campo per rendermi conto di come fosse facile entrare in galleria bypassando il sistema di allarme, prendere qualunque quadro, e poi uscire da dove si era entrati senza che nessuno se ne accorgesse».

E lei lo fece?

«Si. In una notte di dicembre, se non ricordo male, andai in galleria e, sotto la guida del custode e di un altro guardiano che controllava, simulai il furto, ovviamente lasciando il quadro dove era. Sulla scorta di quanto avevo toccato con mano scrissi un’interpellanza rivolta al vicesindaco Vittorio Anelli, che era l’assessore competente. Chiesi cosa intendessero fare per proteggere meglio i dipinti, tenendo presente che già la “permeabilità” del sistema di allarme era stata segnalata (con lettera regolarmente protocollata) da parte del direttore della galleria».

Cosa successe? Perché non vennero presi provvedimenti immediati?

«Per una serie di circostanze la discussione della mia interpellanza venne rimandata di oltre un mese e venne fissata … il giorno dopo il furto».

Un tempismo tristemente incredibile

«Quella sera, sul tardi, mi chiamo l’Ansa chiedendomi un’intervista ed io che non avevo ricevuto ancora la notizia del furto pensai ad uno scherzo di cattivo gusto».

Invece il furto c’era stato davvero

«A quel punto Piacenza fu invasa da troupe di tutti i telegiornali che  giravano per Piacenza rincorrendo me e Pietro Tassi al quale avevo chiesto di controfirmare l’interpellanza. Ci cercavano per intervistarci perché in pratica avevamo predetto il furto ed infatti tutti i giornali d’Italia intitolarono: furto annunciato a Piacenza. Ricordo che il sindaco di Piacenza, intercettato da Telemontecarlo, disse di chiederlo a chi sapeva che il quadro sarebbe stato rubato, ossia a me».

E’ vero che disse pubblicamente che, secondo lei, il quadro bisognava cercarlo in via San Siro?

«Lo dicevo a tutti. Lo dissi anche, rispondendo al sindaco in consiglio comunale. Probabilmente, cercando, si trovano ancora le trascrizioni delle sedute. Credo di averlo anche dichiarato in qualche intervista».

Su cosa basava questa sua convinzione, su fatti concreti o su sensazioni?

«Diciamo che avevo acquisito una conoscenza dettagliatissima della galleria e dunque mi ero fatto un’idea precisa su cosa potesse essere successo.  Avevo dubbi rispetto ad una persona. Secondo me anche chi indagava aveva gli stessi sospetti».

Fu mai sentito dagli inquirenti?

«Non mi hanno mai convocato. Probabilmente lessero le miei dichiarazioni e furono sufficienti quelle. Secondo me coincidevano con le loro risultanze».

Evidentemente però le indagini non permisero di individuare il ladro (o i ladri) e del quadro si persero definitivamente le tracce.  Secondo lei il quadro è sempre stato li?

«Ho sempre pensato che il quadro fosse nascosto nella Galleria o nella banca lì di fronte. Vedremo se avevo ragione».

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