Tarasconi immagina una Piacenza senza barriere

La candidata del centrosinistra lancia il progetto di una città accessibile a tutti, con o senza disabilità, e all’insegna della bellezza

«Una Piacenza senza barriere, bella, accogliente e inclusiva per tutti. E per tutti intendo tutte le persone senza distinzioni, quelle senza disabilità e quelle con disabilità. Perché è proprio partendo dal concetto che le persone con disabilità sono persone a tutti gli effetti semplicemente con esigenze diverse, e non malati da curare, è partendo da questo concetto che si progetta una città migliore per tutti, più bella e curata per chiunque, anche per chi viene da fuori come turista o visitatore. E per farlo non dobbiamo inventare niente: basta imparare e copiare da chi già ha fatto tanta strada in questa direzione».

Katia Tarasconi, candidata sindaca del centrosinistra a Piacenza, teneva particolarmente all’incontro di ieri sera all’auditorium della cooperativa il Germoglio di via Bubba. «Ci tenevo tantissimo – spiega – perché Annalisa è un esempio da seguire ed è una donna straordinaria». Annalisa è Annalisa Rabitti, assessora di Reggio Emilia con deleghe alla Cultura, alle Pari opportunità e alla Città senza barriere, una peculiarità di quel Comune.

Mamma di un ragazzo disabile, sorella di un adulto disabile, Annalisa Rabitti è arrivata a Piacenza a raccontare la sua storia e quella del suo assessorato che tanto ha fatto parlare, anche a livello nazionale, per una serie di progetti decisamente innovativi che negli ultimi anni hanno cambiato il volto di Reggio rendendola una delle città più “inclusive” d’Italia.

«Quando si parla di disabilità – ha spiegato di fronte a un folto pubblico – e si tende a considerare solo l’aspetto sanitario. Eppure questo aspetto, pur esistendo come esiste per le persone senza disabilità, è l’ultimo che le persone disabili prendono in considerazione durante le loro giornate. E se ci pensate è così anche per le persone senza disabilità: non è che passiamo la vita pensando di finire in ospedale. Passiamo la vita pensando alle cose “normali”, che sono le stesse cose che pensano anche le persone con disabilità: spostarci da un luogo all’altro, lavorare, ascoltare musica, incontrare persone, fare sport, fare sesso, magari anche fare shopping o andare al ristorante».

Annalisa Rabitti, con un’energia positiva che ha contagiato tutti i presenti, ha spiegato (con cognizione di causa, ed è questo il suo valore aggiunto) che non ha più senso quindi limitarsi a parlare solo di abbattimento delle cosiddette barriere architettoniche; ha senso invece parlare di “benessere ambientale” che significa riprogettare le città in ottica, certo, di efficienza e fruibilità per chi ha delle disabilità (scivoli, rampe, percorsi), ma significa riprogettarle in modo che siano anche belle, belle per tutti. «Bello, efficiente e fruibile non sono concetti incompatibili» ha detto, ed ecco perché a Reggio hanno impostato un percorso di formazione per oltre 200 architetti in modo che i lavori nuovi, le nuove costruzioni, i nuovi spazi pubblici o il rifacimento di quelli esistenti siano improntati non solo alla fruibilità (che finora è andata di pari passo con un’estetica “da ospedale”) ma anche alla bellezza, «che è e deve essere un diritto di tutti».

«L’incontro con la fragilità – ha detto Rabitti – è un incontro estremamente generativo: migliora le cose per tutti. Se un luogo è fruibile per chiunque, e lo è in modo piacevole oltre che funzionale, si favorisce l’inclusione di chi finora è stato escluso, si favorisce la “normalizzazione” delle relazioni tra persone, si crea integrazione».

L’evento di ieri, durato circa un’ora, è proseguito con la presentazione dei principali progetti realizzati e in corso di realizzazione a Reggio Emilia. Una carrellata affascinante che, come ha spiegato l’assessora Rabitti, è nata da un lungo e faticoso processo di ascolto e partecipazione. «Ho rotto le scatole a tutti» ha detto con un sorriso. E questo suo rompere le scatole ha portato alla realizzazione del progetto “Non sono perfetto ma sono accogliente” che ha coinvolto i commercianti e gli esercenti in modo che, grazie anche a bandi comunali, rendessero più accessibili i loro negozi e i loro locali («perché le persone con disabilità sono clienti che magari hanno anche voglia di spendere ma devono averne la possibilità»). E ancora, la caparbietà di Annalisa Rabitti ha portato al rifacimento della cucina del carcere, all’adeguamento di quasi tutti gli autobus del trasporto pubblico, all’inserimento in anagrafe di una serie di informazioni sensibili e cruciali per i cittadini con disabilità (compresi i gusti, le abitudini: «Tutte informazioni fondamentali qualora dovessero rimanere senza le persone che le conoscono già perché si sono occupate di loro per tutta la vita»), e addirittura a una “scuola di tifo” in collaborazione con gli ultras della Reggiana.

Sono stati raccontati questi e tanti altri progetti, molti dei quali incentrati sull’arte e sulla cultura e tutti nati dall’ascolto e dalle idee di una moltitudine di soggetti con le competenze e le esperienze più svariate. «E a tutti coloro con cui abbiamo avuto a che fare – ha spiegato Rabitti – abbiamo chiesto di proporre un progetto realizzabile subito e uno che invece rappresentasse un sogno. E’ così che ci siamo mossi».

«Ed è così che intendiamo muoverci anche noi quando amministreremo Piacenza – ha detto Tarasconi – Intendiamo impostare una reale co-progettazione con tutto il terzo settore mantenendo però una regia pubblica che abbia visione e che dia la direzione».

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