Una preghiera per l’Ucraina. Il vescovo: “Questo conflitto ci ha risvegliati dal torpore e dall’indifferenza”

Momento di preghiera ecumenica in Sant’Antonino, presieduto da mons. Cevolotto a cui erano stati invitati i fedeli di tutte le confessioni cristiane e altri credo religiosi presenti sul territorio piacentino

Una serata di vicinanza al popolo Ucraino, invaso e massacrato dall’esercito russo. E’ quella che si è svolta poco fa a Piacenza, divisa in due parti ed iniziata con  un momento di preghiera ecumenica nella Basilica di Sant’Antonino, presieduto dal Vescovo monsignor Adriano Cevolotto a cui erano stati invitati i fedeli di tutte le confessioni cristiane e altri credo religiosi presenti sul territorio piacentino. All’appello hanno risposto le varie chiese ortodosse di Piacenza, oltre ai mussulmani, mentre non sembra abbia partecipato il rappresentante del patrarcato dio Mosca.

Presenti il sindaco, il prefetto, il questore, il consigliere regionale e candidato sindaco Katia Tarasconi, il candidato sindaco Stefano Cugini, l’assessore Papamarenghi e vari altri esponenti del mondo civile e politico.

I partecipanti si sono successivamente spostati in piazza Cavalli (leggi qui)

Questo l’intervento del vescovo Cevolotto.

“Saluto i rappresentanti delle comunità cristiane che hanno accolto l’invito a ritrovarci insieme a pregare. Saluto le autorità che hanno condiviso la necessità di porre un gesto di speranza e di comunione in questo momento dove sembra prevalere la forza e la violenza che dividono e seminano morte. Saluto tutti voi, sorelle e fratelli, che esprimete con la vostra presenza e partecipazione il desiderio di ‘domandare pace’. Un saluto speciale, che si fa abbraccio, alle sorelle e ai fratelli ucraini presenti tra noi o che vi sono giunti in questi giorni. Saluto la comunità islamica che ha voluto unirsi a noi, già mercoledì scorso con la preghiera e il digiuno, e stasera nel ritrovarsi in Piazza Cavalli. Sono veramente “belli i piedi del messaggero che annuncia la pace” (cfr. Is 52,7). La pace cammina con i nostri cuori e con i nostri piedi che percorrono sentieri comuni.

Questa sera lasciamo parlare il silenzio. Il silenzio scelto: necessario perché si crei uno spazio in noi abitato dall’invocazione di pace. Prima ancora che dal grido soffocato in gola di tanti nostri fratelli e sorelle in terra di Ucraina, prima ancora che dalle nostre labbra e dai nostri cuori appesantiti dalle immagini di distruzione e sofferenza che sono entrate con violenza nelle nostre vite… è la pace che Dio stesso chiede. Non si rassegna alla guerra tra fratelli. Mai.

Il silenzio che Dio con la sua Parola riempirà aprendoci alla speranza.

MEDITAZIONE

Credo che noi tutti proviamo lo stesso sgomento nel sapere che al 31 dicembre 2021 sono stati registrati nel mondo ben 359 conflitti, di cui 21 di alta intensità. Le parole usate da papa Francesco domenica scorsa: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime…”  sono drammaticamente vere, ma, ahimè, ci sono altri fiumi di sangue e lacrime. Che non possiamo dimenticare. Questo conflitto ci ha risvegliati dal torpore e dall’indifferenza. Tanto dolore appare senza senso. In esso sembra dominare la solitudine.

Ma per noi questo sangue si mescola al sangue di Gesù Cristo, sparso sulla croce. “(…) ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne” (Ef 2,13-14). Queste lacrime che abbiamo visto rigare il volto dei bambini, di donne e di uomini, indifferentemente, si mescolano alle lacrime di Gesù, per l’amico Lazzaro, e a quelle che immaginiamo unite al suo grido sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Abbiamo un Dio che ben conoscere il nostro soffrire e che si è caricato sulle spalle ogni dolore. In Gesù il nostro Dio è in Ucraina e in ogni luogo dove scorrono lacrime e sangue. Lacrime che si uniscono a quelle di Maria, la Madre che conosce lo strazio di fronte alla morte violenta e ingiusta del figlio.

“Ma i malvagi continuano ad agire male, e non se ne vergognano” (Sof 3,5), abbiamo ascoltato nella prima lettura. La vergogna è il primo sentimento da provare quando qualsiasi figlio di uomo semina malvagità e morte. Perché solo così cresceremo nella consapevolezza che ogni azione ci riguarda. Mi riguarda. Ciò che costruisce come ciò che distrugge.

Se il profeta si rivolge ai sacerdoti intimando loro di non profanare ciò “che è consacrato al Signore”, questo vale per tutti. L’uomo, ogni essere umano, è consacrato a Dio, è immagine sua, è tempio della sua gloria. È appello alla cultura della cura e della custodia verso l’umanità e la casa comune, che è il creato. È sotto i nostri occhi che la guerra semina distruzione anche ad un ambiente che per questa violenza non è più abitabile, non è più ospitale. È proprio vero non c’è vincitore nella guerra, nessuno può alla fine gloriarsi se non delle macerie procurate.

Uomini e donne delle beatitudini. A questo siamo chiamati. Questo volto dell’umanità corrisponde al progetto di Dio. Se è beato chi diffonde la pace, allo stesso modo di chi ha fame e sete di giustizia, la invocazione che stasera facciamo di pace interessa le nostre persone. Gesù ci richiama che la pace non deve costruirla qualcun altro, è affidata a ciascuno, a ciascuna. Dovremmo in coscienza vergognarci anche noi ogni qualvolta il male, la divisione escono dal nostro cuore e sono frutto delle nostre mani. Quando anche noi possiamo alimentare, in modi diversi, conflitti tra gruppi sociali, tra culture e provenienze geografiche differenti. Conflitti tra generazioni.

Chiediamo pace e mettiamoci a suo servizio. Convertiamoci alla cultura della pace.

Dal libro delle Lamentazioni è stato proclamato che “la bontà del signore non è finita, il suo amore non è esaurito, la sua bontà si rinnova ogni mattino, la sua fedeltà è grande”. È frequente lasciar sorgere in noi la perdita di fiducia. Magari lo esprimiamo così: Signore, ti sei stancato della tua eredità? Del tuo popolo? Radichiamo in Lui, nella sua fedeltà, la tenacia nel continuare a sperare e invocare il dono della pace. Che ogni chiesa, che ogni credente, come pure ogni uomo e donna di buona volontà possa percorrere tenacemente le proprie vie di pace”.

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