Valente Faustini, spesso in bilico tra allegria e malinconia

Andrea Bergonzi e Francesca Chiapponi hanno ricordato il più grande dei nostri poeti con una sorpresa finale: la messa in scena della lirica Un des matt da parte di un gruppo di attori

Si è concluso con un’interpretazione a sorpresa della lirica Un des matt l’omaggio a Valente Faustini, nel 100° anniversario della scomparsa, che si è tenuto questa sera nella Biblioteca del Convento di Santa Maria di Campagna nell’ambito delle Celebrazioni dei 500 anni della Basilica, organizzate dalla Comunità francescana e della Banca di Piacenza. La poesia è stata messa in scena da Giovanni Bellocchi (prete), Ettore Cravedi (tabaccaio), Lorenza Bardini (contessa), Rossana Civardi (mendicante), Lucia Fortunati (ruson), Isaia Rancati (bambino), Francesca Chiapponi (voce). Una sorpresa gradita dal pubblico presente, cha ha tributato un lungo applauso agli attori.

Coordinata dal giornalista Robert Gionelli (che ha ricordato il costante impegno della Banca nella valorizzazione del dialetto), la serata in ricordo del “poeta di Piacenza” è stata scandita dall’intervento di Andrea Bergonzi, studioso del dialetto piacentino, che – dopo aver tracciato i momenti più significativi della vita di Faustini – ne ha analizzato l’opera ponendo l’attenzione su alcuni temi cari al più grande dei nostri poeti. A partire dall’argomento “città” («il tema cardine dell’opera faustiniana – ha osservato il prof. Bergonzi – è senza dubbio l’amore per Piacenza, da cui non si è mai allontanato se non negli anni degli studi. Ne descrive le bellezze, ma non esita a bacchettare i suoi concittadini caratterizzati da un’ignavia ed una mancanza d’unione»), con l’attrice e regista Francesca Chiapponi che ha recitato alcune liriche riferite al tema di volta in volta trattato (nel primo caso, Passion e L’Angil dal Dom). Il relatore si è poi soffermato sull’“amore” (poesie lette, Me Mädar e Il noss bell buttuner): «La produzione in tal senso è davvero ingente – ha spiegato – tanto da averla divisa in più filoni: quello dell’amore rimpianto per la donna del suo cuore, o quello che canta l’amore vero, che si completa col matrimonio e la costituzione di una famiglia».

Ma Faustini ha cantato anche la “gioia” e la “malinconia” (versi letti, La buttäia e Filusufia) «perché il poeta – ha proseguito il prof. Bergonzi – è spesso, sia nella vita che nella produzione poetica, in bilico tra una letizia che talvolta raggiunge l’allegria ed una pensosità che spesso sfocia in malinconia».

Sul folklore Giovanni Bellocchi ha recitato Vindum la vacca, mentre Francesca Chiapponi ha letto La batusa; l’oratore in questo caso si è riferito al fatto che Faustini «lascia il ruolo del fotografo impassibile delle antiche tradizioni piacentine vestendo i panni del ritrattista».

Come ultimo argomento non poteva mancare, in orario prossimo alla cena, l’enogastronomia (con lettura della poesia I turtei): «Faustini ha fama di essere stato un raffinato buongustaio – ha concluso il prof. Bergonzi – non come “divoratore” ma come sapiente intenditore di pietanze e di vini. Il poeta esalta in numerosi componimenti le qualità dei cibi piacentini, a cominciare appunto dai turtei, ma è anche stato grande estimatore del vino: un buon bicchiere bevuto nell’intimità della famiglia, diceva, spazza via malumori, malinconie, le cose tristi della vita quotidiana, rendendo più liete le ore belle».

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