“Violenza di genere, nello sport molti stereotipi ma la situazione è buona”

Telefono Rosa-Città delle donne incontra staff e genitori del Circolo della scherma Pettorelli. Bossalini: "Prevediamo allenamenti promiscui e siamo avanti su queste tematiche"

«Nello sport siamo un po’ indietro rispetto alla piena parità di genere. Ci sono ancora molti stereotipi tra maschile e femminile in alcuni sport. Comunque, a Piacenza la situazione appare buona. Anche nel mondo dello sport in generale è presente la violenza di genere, la psicologica è quella trasversale a tutti i tipi di violenza, anche se non è possibile quantificare quelle fisiche e sessuali perché i dati restano nell’oscurità in quanto è molto difficile denunciare».

Maria Lettieri, psicologa e psicoterapeuta del Telefono Rosa Piacenza-Associazione ‘La città delle donne Odv’, ha tenuto insieme ad altre operatrici al Circolo della Scherma Pettorelli, presieduto da Alessandro Bossalini, un ciclo di incontri per il progetto “Palla al centro: Change the game!” (che fa parte dei progetti dell’antidiscriminazione promossi dal Comune di Piacenza) per sensibilizzare sulla violenza di genere presente anche nello sport e inoltre spiegare le attività e i servizi del centro che aiuta le donne che subiscono violenza. «L’associazione istituita nel 1994, è operativa dal 1996 – ha spiegato Lettieri – e il nostro obiettivo è sia quello di sostenere le donne che si rivolgono al Centro ma anche quello di contrastare il fenomeno della violenza contro le donne attraverso attività di prevenzione e sensibilizzazione, visti i dati allarmanti sulla violenza sulle donne e della presa di coscienza che porta a tante denunce».

Il focus sulle società sportive – l’associazione è in contatto con altre realtà per incontrare tecnici, famiglie, ragazzi e ragazze di diverse discipline – può sembrare distante dalla realtà, ma lo sport è una delle agenzie educative più importanti, un nodo fondamentale per la rete composta da più attori (associazioni, istituzioni, volontariato). «Vogliamo promuovere la parità di genere, ma siamo un po’ indietro. Basti pensare che la prima Carta europea dei diritti delle donne nello sport esiste solo dal 1985 e ha permesso alle donne di gareggiare e di svolgere sport prima a loro preclusi» ha continuato Lettieri. Dal punto di vista del rispetto dei diritti e della parità, «il Pettorelli è un’oasi felice, sia per la sensibilità dimostrata rispetto ad una tematica importante come la violenza di genere sia perché si avvale di istruttori molto preparati e attenti ai loro allievi».

Soddisfatto dell’impegno degli incontri – con atleti, genitori e istruttori – è Bossalini: «Sono molto contento di aver promosso questi incontri e del coinvolgimento emotivo e partecipativo di tutte le categorie coinvolte. Premesso che la scherma prevede allenamenti promiscui, in questo senso siamo molto avanti nella gestione di certe tematiche, è sempre interessante attirare atleti genitori e tecnici per approfondire la conoscenza di loro stessi in funzione delle relazioni che si attivano di volta in volta. La risposta è stata molto empatica e ringrazio tutte le componenti che sono intervenute perché hanno arricchito il nostro palinsesto di nuovi spunti ed idee».

Secondo Lettieri, nello sport ancora sopravvivono stereotipi e pregiudizi e anche gli allenatori devono spogliarsi dai pregiudizi, perché spesso emergono stereotipi, rispetto al tipo di allenamento e alla prestanza fisica.

Il centro è gestito da tutte donne, tutte volontarie, anche se fra di loro vi sono professioniste in diversi campi (psicologico, giuridico): «Chi ha subito maltrattamenti o violenza da un uomo tende ad aprirsi con altre donne. La maggior parte delle violenze avviene in ambito familiare/domestico. Come in ogni relazione, anche in quella maltrattante, vi è sempre un inizio descritto dalle donne come normale dove c’è un ambiente di fiducia ci sono momenti di felicità, poi la violenza si insinua per gradi nella coppia all’inizio con tensioni e ostilità che non sempre sono individuati e si radicano nella relazione in maniera subdola e graduale. Gli uomini maltrattanti non sono tutti malati, ma sono incastrati in dinamiche di stereotipi che relegano la donna quasi esclusivamente ad ruolo tradizionale di cura e sostegno familiare. La violenza è trasversale a classi sociali, etnie e religioni. Si spera sempre che l’altro cambi e si rimane accanto all’uomo violento, ma l’amore non è mai violenza. E la violenza non va mai giustificata».

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