Quando Vittorio Feltri salvò un asina destinata allo stufato …

Vittorio Feltri a Piacenza

«L’attenzione per il mondo animale è una forma di educazione». Ne è fortemente convinto Vittorio Feltri, ospite della Banca di Piacenza per la prima di tre conferenze (prossimi appuntamenti il 10 aprile con Diego Manca e il 17 con Renato Farina) rivolte agli amici degli animali domestici a cui la Banca ha dedicato un conto – primo in Italia – che prevede agevolazioni per la cura e il benessere del proprio amico fedele.

Il direttore di Libero ha strappato applausi e sorrisi (sempre efficace e simpaticamente colorito nelle sue espressioni) al numeroso pubblico che ha affollato la Sala Panini di Palazzo Galli per ascoltare la chiacchierata sul suo rapporto con le “bestie”. «Il mondo animale è meraviglioso, tutto da scoprire», ha spiegato Feltri (presentato dal vicedirettore generale della Banca di Piacenza Pietro Boselli), che ha raccontato alcuni episodi del suo rapporto con gli animali a dimostrazione di quanto sia vera la sua affermazione. «Da bambino – ha raccontato – passavo molto più tempo con i gattini che con i miei fratelli. Poi mi sono fatto una famiglia e i miei quattro figli hanno seguito la mia vocazione di gattolico e non solo. Mi piacciono anche altri animali, ma i gatti sono quelli che ho amato di più. Adesso ho un micione di 11 chili, Ciccio Grigiotto; dorme con me in un letto matrimoniale ma è rispettoso».

«Letto – ha scherzato il direttore – che non divido con mia moglie. Negli anni, oltre a quello, abbiamo via via separato le stanze, i piani, per arrivare a vivere in città diverse per motivi di lavoro (lei a Roma, io a Milano). Andiamo d’accordissimo e a giugno festeggeremo il cinquantesimo di matrimonio. Quando amici o colleghi mi raccontano che si stanno separando, gli rispondo che stanno facendo un doppio errore: il primo quando si sono sposati, l’altro quando hanno deciso per la separazione; che li condannerà, fra qualche anno, ad andare a mangiare alla Caritas. Comunque anche mia moglie ha la passione per gli animali: in inverno ama dar da mangiare agli uccellini».

Vittorio Feltri ha confidato che il suo primo gatto lo ha avuto a 12 anni e si chiamava “vecio” anche se, in realtà, era un gattino «che crebbe con me per una decina d’anni; allora non scampavano di più, non c’era l’alimentazione specifica, li si nutriva con gli avanzi di casa. A 20 anni, quando morì, mi chiusi in bagno a piangere».

Successivamente raccolse una gatta al Parco Sempione di Milano, dalla lunga coda e dalle strane abitudini: «Una notte dormivamo tutti – ha raccontato Feltri – quando si accese una luce in sala; andammo a controllare ma non c’era nessuno. La cosa si ripetè altre volte finché scoprimmo che era la gatta che con la zampa manovrava l’interruttore. Non solo, ricordo che apriva il frigorifero, rubava i wurstel e poi lo richiudeva. L’intelligenza degli animali mi ha sempre stupito, perché la usano esclusivamente per il loro interesse».

Il direttore di Libero è quindi tornato con la mente al 1972: «I bambini erano piccoli e vivevamo in un condominio in città; c’era un cortile dove si poteva andare solo in determinati orari; far giocare i figli era un problema. Allora comprai una cascina vicino Treviglio, ad Arcene; costava 8 milioni ma ne avevo solo 5, così me li feci prestare da una banca locale che non mi chiese neanche garanzie. C’era un bel prato di mille metri dove i miei figli vivevano meravigliosamente; io e mia moglie ci adattammo, la cascina era un po’ malandata». Lì Feltri visse per 10 anni. C’era una piccola stalla dove teneva i cavalli, altra sua grande passione; poi gli regalarono un pastore scozzese, due galline, una capretta nana: vivevano tutti assieme grazie all’equilibrio che gli animali sanno creare. «I ragazzi andavano a scuola – ha ricordato il direttore – e Narcisa, così si chiamava il cane, tutte le mattine alle 7 andava in camera dei miei figli e gli toglieva le coperte per farli alzare e poi li accompagnava a scuola. Alle 12,40 in punto sapeva che uscivano e li andava a prendere, facendoli tornare in fila indiana. Oggi il mio gatto – sono via tutta la settimana e rientro il venerdì sera ma mai alla stessa ora – ogni venerdì alle 19 vuole uscire di casa per aspettarmi. Ma come fa a sapere che è venerdì? Mistero, è una cosa stupefacente».

Feltri ha quindi raccontato il suo rapporto con i cavalli: «Ne ho avuti parecchi. Ricordo in particolare Miguel, che avevo quando ero alla cascina. Lavoravo al Corriere d’Informazione, che usciva il pomeriggio. Avevo quindi il tempo per andare a cavallo. Un giorno fui sorpreso dall’oscurità e dalla nebbia in un campo di granoturco. Mi ero perso e fui preso dal panico. Poi decisi di affidarmi al cavallo mollando le redini e dandogli una leggera pacca: dopo tre minuti ero davanti al cancello di casa mia. Questi animali hanno un senso dell’orientamento incredibile, mentre noi l’abbiamo perso. I cavalli leggono nel pensiero dell’uomo e quando succede qualcosa è sempre colpa del cavaliere, il quale è talmente stupido che usa la frusta. E’ provato che in pista un cavallo ottiene gli stessi tempi, che sia o non frustato. Posso vantarmi di avere vinto tre gare ippiche senza usare mai la frusta. Chi la usa è un cretino».

Il direttore ha quindi raccontato un ultimo aneddoto. «Una decina d’anni fa, lavoravo già a Libero, venni a sapere che a una Festa dell’Unità volevano uccidere un’asina per fare lo stufato. Mi misi in contatto con l’organizzatore e la comprai per 300mila lire. La portai a casa che era martedì o mercoledì. Il venerdì, al mio rientro, mi corse incontro e mi fece le feste. Come faceva a sapere che ero stato io ad averla salvata? Quest’asinella vive ancora, tutti i sabati vado a trovarla e lei mi fa festa. Pensate che tiene a bada tutti i cavalli. E’ la dimostrazione che anche nel mondo animale le femmine sono le migliori».

Rispondendo ad una domanda del vicedirettore Boselli, Vittorio Feltri ha sottolineato che la caccia «non gli piace» ma che «la pesca è peggio», prendono i pesci all’amo.

«Il problema – ha concluso – è che la sogliola non piange e i pesci vengono considerati degli oggetti».

Al suo arrivo il direttore di Libero era stato accolto dal presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza Corrado Sforza Fogliani che aveva accompagnato l’ospite – che conosce da tempo, avendo collaborato con lui in molti giornali di Feltri – in una breve visita alla Sala Arisi e alle mostre del Genovesino e dei Nuovi Ghittoni, in corso a Palazzo Galli.

Emanuele Galba

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