Cazzullo mattatore in Fondazione con “Giuro che non ho più fame”

Cazzullo mattatore in Fondazione presenta Giuro che non avrò più fame
da sin. Giangiacomo Schiavi e Aldo Cazzullo

Non so se Cazzullo abbia o meno la passione per la fotografia, ma sicuramente ha l’occhio giusto, allenato. Quella che ha descritto ieri sera in Fondazione durante la presentazione del suo libro “Giuro che non avrò più fame” è una ricostruzione veritiera dell’Italia di oggi e di ieri, coi suoi personaggi e lo stile di vita sicuramente diverso da quello di oggi, fatto di un vocabolario completamente nuovo. Dalla fotografia bianco e nero che fa tanto neorealismo, al colore, talvolta sin troppo vivido, che fa tanto Photoshop.

Ad introdurre Giangiacomo Schiavi, già vicedirettore del Corriere della Sera, testata dove lo stesso Cazzullo tiene la rubrica “Lo dico al Corriere”. “E’ questo il tempo del narcisismo che confonde le persone con gli algoritmi -, sottolinea Schiavi presentando l’autore -, penso sia un palombaro sociale, uno che si immerge nelle pieghe della società civile per raccontarne pregi e difetti grazie a una funzione importante, cercare di incidere. Possiamo trovare dentro di noi quelle capacità per migliorare il migliorabile, e vincere l’indifferenza”.

In apertura Cazzullo ha ricordato che “non bisogna avere nostalgia dell’Italia che fu, ma è importante ritrovare la fiducia, l’energia di allora. Il titolo è preso da Via col Vento, molte ragazze si identificarono nella protagonista, Scarlett, che in italiano divenne Rossella. Questo spiegò il boom del nome negli anni 50. In una scena del film Rossella torna nella casa distrutta dalla guerra, va nell’orto, rosicchia una piantina la alza al cielo e grida Giuro che non avrò più fame! Penso che quel giuramento collettivo l’abbiano fatto le nostre nonne e le nostre madri 70 anni fa. Avevamo perso la guerra due volte, eravamo degli scappati, non so se eravamo individualisti più o meno di oggi, ma era un individualismo che diveniva vitalismo, c’era voglia di imparare e di ridere. Avevamo l’ossessione per il cibo, non per dimagrire, ma per ingrassare. All’epoca già essere vivi era qualcosa di straordinario”.

Il 1948, anno da cui prende le mosse Cazzullo, è importante per la Storia con la S maiuscola. Viene assassinato Gandhi, viene fondato lo Stato d’Israele, e in Italia, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, c’è un forte scontro tra democristiani e comunisti. “La Chiesa era l’unica istituzione rimasta, non c’era più la monarchia, penso che i nostri nonni avessero ben chiara qual era la posta in gioco: dovevano decidere su quale fronte della guerra fredda stare, e fecero una scelta giusta, lungimirante, anche se non pienamente libera”. Poi una considerazione sui politici di allora e di oggi: “Se Togliatti quando tornava a casa leggeva D’Annunzio, De Gasperi leggeva il latino. Oggi i politici per rilassarsi giocano con la PlayStation, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Oggi un politico piace perchè non sa il congiuntivo”.

Le storie sportive hanno una fondamentale importanza nel racconto dell’Italia, per capirne i cambiamenti. (Lo scrittore ha seguito anche 5 edizioni dei Mondiali di calcio e 5 Giochi Olimpici).”La vittoria di Gino Bartali al Tour de France del 1949 a quasi 40 anni contribuì ad appianare le tensioni interne al Paese, il ciclismo era lo sport nazionale, anche perchè tutti andavano in bicicletta. E la rivalità sembrava anche politica, Bartali era considerato democristiano, e Coppi comunista. Una fake news: anche Coppi era democristiano. Il fatto è che i due erano molto diversi, Bartali tozzo, si faceva fotografare mentre beveva il Chianti dal fiasco, fumava il sigaro. Aveva più l’aria del bracciante, più che del corridore. Coppi era alto magro, vestiva abiti firmati e guidava belle auto sportive, ed era separato. Questo lo rendeva sospetto”. Tra i campioni viene annoverato Valentino Mazzola, storico capitano prima del Venezia e poi del Grande Torino, vincitore di 5 scudetti di fila, ultimo dei quali celebre per la tragedia di Superga, quando mancavano solo 4 partite alla fine del campionato, dominato dalla squadra granata che si concesse un’amichevole a Lisbona contro il Benfica. Al ritorno dal Portogallo lo schianto e la perdita di una delle squadre più forti di sempre. Nelle 4 partite rimaste gli avversari di turno, così come lo stesso Torino, schierarono le formazioni giovanili.

Altro capitolo del libro è riservato alle donne, vero motore della Ricostruzione. “Fecero un lavoro spaventoso, pazzesco. Allevano 5, 10, 15 figli, eravamo un Paese molto maschilista, ma negli anni del boom economico la donna comincia ad uscire di casa, a rendersi indipendente, a votare, a rivendicare il diritto di decidere per il proprio destino. Tante donne non capivano la battaglia di Lina Merlin contro le case di tolleranza”.

Ecco, queste sono solo alcune delle storie che si possono trovare nel libro, che attraverso uno stile scorrevole ci strappa spesso un riso, un riso amaro, come il famoso film con Silvana Mangano e Vittorio Gassman candidato agli Oscar 1951 per il miglior soggetto. 

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