Dimezzate le esportazionin di grana e parmigiano negli USA. Intanto la Brexit mette a rischio i Doc

I dazi USa fanno crollare le esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Intanto con la Brexit le tutele di IGP, DOP e altre tipicità italiane sono a rischio

Le esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano negli Stati Uniti sono praticamente dimezzate nei due mesi successi all’entrata in vigore dei dazi il 18 Ottobre 2019. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti Emilia Romagna divulgata in occasione della nota del dipartimento del Commercio Statunitense che conferma per l’Italia l’applicazione di tariffe aggiuntive del 25% su circa mezzo miliardo di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari nazionali come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori, per la disputa nel settore aereonautico che coinvolge l’americana Boeing e l’europea Airbus dopo che il Wto ha autorizzato gli Usa ad applicare un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari delle sanzioni alla Ue.

Le esportazioni di Parmigiano reggiano e Grana Padano negli Usa dopo i dazi sono crollate rispetto all’anno precedente del 54% a novembre e del 43% in dicembre ma effetti negativi si sono verificati anche negli altri settori interessati, secondo l’analisi di Coldiretti Emilia Romagna.

“Un impatto pesante anche se almeno per i prossimi 120 giorni l’importante lavoro diplomatico che è stato svolto ha scongiurato la minaccia del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del Made in Italy, dal vino all’olio fino alla pasta, che erano inizialmente ricompresi nella black list messa sotto osservazione dall’Amministrazione Trump” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini impegnato in un lavoro di squadra con il  commissario Ue al commercio Phil Hogan e con il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova.

Gli Stati Uniti – continua Coldiretti – sono il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari Made in Italy fuori dai confini comunitari e il terzo a livello generale dopo Germania e Francia, con le esportazioni che hanno raggiunto nel 2019 il massimo storico di 4,65 miliardi di euro in aumento dell’11% nonostante il rallentamento provocato negli ultimi mesi dall’entrata in vigore dei dazi. Il vino – precisa la Coldiretti – è il prodotto italiano più esportato negli Stati Uniti per un valore che nel 2019 che ha superato 1,5 miliardi di euro.

 “Occorre riprendere la via del dialogo con gli Usa ma anche attivare al più presto aiuti compensativi ai settori che restano colpiti e che per l’Italia rappresentano in valore più del 10% del totale delle esportazioni in Usa” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che il nostro Paese si ritrova ad essere punito dai dazi Usa nonostante l’Airbus sia essenzialmente un progetto franco tedesco al quale si sono aggiunti Spagna e Gran Bretagna. L’Unione Europea – ha concluso Prandini – ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy oltre un miliardo in cinque anni ed è ora paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino proprio dello storico alleato, con pesanti ipoteche sul nostro export negli Usa.

Brexit: Coppa, pancetta e salame Piacentini DOP a rischio?     

Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea per i prodotti italiani agroalimentari (ma non solo) rischia di aprirsi uno scenario problematico che potrebbe costare caro alle eccellenze del “Made in Italy”. Senza un accordo commerciale dettagliato tra le due parti si assisterebbe al ritorno delle frontiere con il conseguente pagamento di dazi e controllo delle merci che provengono dall’Italia.  Ma sono anche a rischio le garanzie sulla tipicità dei prodotti.

Secondo Coldiretti, che ha lanciato l’allarme, a rischio sarebbe il 30% dei prodotti agroalimentari italiani, che corrispondono a forniture stimate pari a circa 3,4 miliardi di euro (nel 2019).

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione Europea. In particolare si tratta di 823 prodotti  di cui 300  agroalimentari e 524 vini. Nel sistema risultano inoltre coinvolti circa 200.000 operatori e 283 Consorzi di tutela.

L’Emilia-Romagna è  una  regione  ricchissima per  numero di prodotti Dop e Igp  Sono infatti con  le 79 tipicità enogastronomiche della regione, di cui  30 vini 3 liquori e ben 46  prodotti  agroalimentari – n.1 in Europa –  tra i quali gli apprezzatissimi Aceto Balsamico di Modena, la mortadella Bologna IGP, la ciliegia di Vignola, il culatello di Zibello, il cotechino di Modena, la coppa piacentina, il formaggio di fossa di Sogliano. Oppure che dire della piadina Romagnola, con il suo squacquerone di Romagna DOP? Ovvi poi prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano. Eppoi i vini.

Rosa Mosca della società di consulenza legale Rödl & Partner
Rosa Mosca di Rödl & Partner

“Affinché si possa salvaguardare il “Made in Italy” agroalimentare è necessario stipulare un accordo nel quale vengano regolate una serie di questioni fonda-mentali per gli scambi commerciali – commenta Rosa Mosca della società di consulenza legale Rödl & Partner, – e che non deroghi ad alcuni principi fondamentali dell’agricoltura europea: ovvero la tutela dell’ambiente e della salubrità degli alimenti, la salvaguardia dell’agricoltura in quanto tale, il riconoscimento dell’origine dei prodotti e delle materie prime”.

“Ma non solo – continua l’esperta – il riconoscimento delle indicazioni geografiche protette IGP o denominazione di origine protetta DOP, senza intesa, non sarebbero più garantite sul mercato britannico, con il conseguente avanzamento delle imitazioni e delle contraffazioni delle nostre specialità e il rischio di vendita in Paesi terzi che non rispettano gli standard europei come ad esempio gli USA”.

“In attesa degli auspicati accordi commerciali – conclude Rosa Mosca – per ciò che concerne i titoli di privativa quali i marchi collettivi, che informano i consumatori che il produttore dei beni o il fornitore di servizi appartiene a una determinata associazione di categoria e che ha il diritto di utilizzare il marchio, come per esempio il Grana Padano o il Vetro artistico Murano e di certificazione dell’UE, che hanno lo scopo di certificare determinate caratteristiche dei prodotti o dei servizi, ci sarà la possibilità entro 9 mesi dall’uscita definitiva del Regno Unito dall’UE di creare un corrispettivo parallelo marchio nazionale, così da avere una tutela, seppur minima, del prodotti italiani nel Regno Unito”.

Ad esempio il Consorzio di Tutela della la mozzarella di bufala campana DOP, già registrato come marchio collettivo dell’Ue (atto che copre tutti i Paesi intesi come unica area geografica), nel momento in cui si è  concretizzata  l’ipotesi della Brexit, si è attivato tempestivamente provvedendo alla registrazione del marchio collettivo direttamente in Gran Bretagna, ottenendo  il  “Grant of Protection”, ovvero la protezione nel Regno Unito. Grazie a questa azione, esiste dunque una protezione del marchio come titolo di privativa nazionale.

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