Le motivazioni ed i discorsi ufficiali per la laurea honoris causa a Giorgio Armani

La sede Piacentina della Cattolica dalla sua apertura ad oggi ha conferito 14 lauree h.c.

La cerimonia per conferire la laurea honoris causa a Giorgio Armani è stata scandita da una serie di momenti ufficiali, pianificati con estrema cura (vedi galleria fotografica sotto). Come da scaletta ad aprire la mattinata è stato il magnifico rettore professore Franco Anelli . (Qui il racconto della mattinata)

Discorso del Magnifico Rettore, Prof. Franco Anelli in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Global Business Management a Giorgio Armani

Eccellenze Reverendissime, Illustre Signora Sindaca, Amplissimi Presidi e chiarissimi professori, Illustre cavaliere Giorgio Armani, Care studentesse e cari studenti, Signore e signori,

La Facoltà di Economia e Giurisprudenza ha deciso di conferire la laura h.c. in global business management a uno dei figli più illustri della città di Piacenza, che ne ha onorato l’immagine nel mondo.

Sarà la Preside, prof.sa Anna Maria Fellegara, a esporre le specifiche motivazioni di questo atto solenne, che peraltro immediatamente si giustifica di fronte all’evidenza della realtà imprenditoriale che, in decenni di appassionato lavoro, Giorgio Armani ha saputo creare. Impresa importante, di enorme successo, ma un’impresa indubbiamente particolare, perché vive di una sintesi di finezza estetica, originalità, visione e abilità nella manifattura. Si realizza, così, quella che Papa Francesco ha definito, in un discorso rivolto proprio alle università, come armonia delle tre intelligenze: della mente, del cuore e delle mani. Lo stile non è solo eleganza del disegno, equilibrio delle forme, ma narra di come ciascuno si pone di fronte agli altri, decora gli ambienti in cui vive, sceglie di rappresentarsi; ed è, innegabilmente, espressione di una cultura, individuale e collettiva. E del resto, diceva l’arbiter Petronio, una mente non può essere creativa se non è intrisa di cultura (“flumine litterarum inundata”).

Ma ascoltiamo le nitide parole dell’odierno laureato: «La moda per me è un mestiere, fatto di fantasia e di concretezza, di intuito e di rigore, di slancio e controllo. […] Non nasce dal canto delle muse, da uno stordimento poetico, da un raptus creativo.

Fare moda vuol dire elaborare un’idea coerente di bello e condividerla con il tuo pubblico, tenendo conto delle diverse realtà della vita contemporanea».

Questa definizione che Giorgio Armani dà di sé nel recente libro autobiografico Per amore 1 è, insieme, una dichiarazione d’intenti e il bilancio di una straordinaria carriera di cui l’«invenzione pragmatica», la sintesi tra progetto e prodotto, è stato il fulcro. Le testimonianze della persistenza e della coerenza di ispirazione e di metodo sono innumerevoli: un’intervista che risale al 1980, a cinque anni dalla fondazione dell’azienda che porta il suo nome, Armani si definisce di volta in volta «operaio, capomastro, geometra, architetto della moda», aggiungendo: «lo stilista, oggi, non può non essere un manager»2 Tra le due esternazioni trascorrono più di quarant’anni, ma i principi si mantengono coerenti, e anche il tono di voce con cui si esprimono, insieme garbato e persuaso di sé, rimane inalterato: segno dell’organicità delle scelte che hanno contraddistinto, fin dagli esordi, la presenza di Armani nel mondo della moda.

Ci sembra di ritrovare, con lui, la cifra che aveva presieduto alla nascita e allo sviluppo delle botteghe artistiche nel Rinascimento italiano, organizzazioni «segnate da un forte accento artigianale», in cui i processi produttivi erano strutturati per corrispondere a committenze molto varie e tutti gli aspetti dell’attività artistica – dall’idea creativa, alla contabilità, alla pubblicità – si concatenavano l’un l’altro in un sistema di riferimenti e rapporti capaci di restituire una particolare fisionomia al prodotto finito.

Proprio l’intreccio indistinguibile tra invenzione e manifattura aveva disegnato il tessuto di quel fervido periodo creativo, trasformando la penisola in una «grande officina» (per usare la definizione del grande storico dell’arte del Rinascimento André Chastel)3 .

Per molti aspetti, quell’esperienza mirabile si è trasferita per osmosi nella parte più sensibile e raffinata del design italiano contemporaneo, che ne ha espresso la sua specifica versione nell’era del capitalismo industriale orientato alla produzione di massa, quando il progetto creativo ha cominciato a riguardare «categorie di oggetti» piuttosto che un unico e irripetibile esemplare.

È un passaggio centrale, che l’antropologo Arjun Appadurai così riassume: «Non è che non ci sia connessione tra l’arte e il design; è che il design media piuttosto la relazione tra l’arte, l’ingegneria e il mercato. E mentre gli ultimi due sottolineano la ripetizione e la mercificazione, la prima accentua la singolarità»4 .

È proprio in questo punto che, con tocco suo proprio, si colloca il «mestiere» di Armani, che lega indissolubilmente creatività e impresa attraverso una variabile che si mantiene indipendente e distintiva rispetto alle diverse declinazioni, applicazioni, esperienze attraversate lungo la strada. «L’arte, quella vera, con la A maiuscola – scrive lo stilista – è fatta per durare. La moda, invece, si esaurisce rapidamente, rinnovandosi senza sosta, ed è legata alla quotidianità. Ha anche a che fare con usi, costumi e consumi, con i ruoli, con la rappresentazione del singolo e della società. È un’espressione importantissima della cultura di ogni popolo, ma al più è arte applicata. Io ho sempre visto il mio ruolo vicino a quello di un sociologo, più che a quello di un artista. Ho sempre offerto al mio pubblico strumenti nuovi, di emancipazione e di autorappresentazione, capaci di dare nuovi significati a gesti quotidiani». In realtà, come diceva Walter Benjamin già nel 1936, nell’epoca della riproducibilità tecnica si è smarrito “l’hic et nunc dell’opera d’arte – la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova».

Però alla creazione artistica la produzione industriale offre nuove e molteplici opportunità, anche attraverso i prodotti accessibili alle masse. E tuttavia, quella creatività deve confrontarsi con l’inevitabile transitorietà di ciò che è produzione di massa. Ed ecco qui il punto cruciale, lo snodo, la grande ossessione: il tempo. Se le ragioni di esistenza della moda, prodotto sociale in sé effimero e obsolescente, escludono il restare, qualsiasi riflessione sullo stile non può che orientarsi invece al durare.

Ne nasce così una contraddizione di cui è rilevante leggere il senso; come fa argutamente Roland Barthes in un articolo, apparso nel 1967 su un periodico di moda 5 , a proposito di quello che definisce il match fra Coco Chanel e André Courrèges che allora divideva l’alta moda francese: «Chanel, si dice, evita alla moda di sconfinare nella barbarie, la colma di tutti i valori dell’ordine classico: ragione, naturalezza, permanenza, gusto di piacere e non di stupire. […] Courrèges, si dice, veste le donne del 2000, che sono le ragazzine di oggi […] e viene gratificato di favolose qualità di innovatore assoluto: giovane, tempestoso, galvanico, virulento, pazzo per lo sport, amante del ritmo, temerario fino alla contraddizione […]. Tutto ciò dà l’impressione che qualcosa d’importante separi, a tutti i livelli, Chanel e Courrèges – qualcosa di più profondo della moda, o almeno di cui la moda è solo la circostanza di apparizione. Che cosa?»6 .

Classicismo versus modernismo, tradizione versus innovazione; il tempo sublimato e dunque intramontabile dello chic in rapporto a una moda giovane perché intesa come sempre nuova: in questo «duello» Barthes ravvisa, più che una scelta di campo, una necessaria fenomenologia sociale, e nei «nomi di Chanel e Courrèges […] le due rime necessarie dello stesso distico o le opposte prodezze di una coppia di eroi senza le quali non ci sarebbe una bella storia». Ecco, un bilancio complessivo dell’opera di Giorgio Armani potrebbe essere stilato a partire da questo punto di partenza: vale a dire, dall’assunzione in tutte le sue implicazioni, della dimensione problematica del tempo. La durata, per Armani, è una scelta che riguarda la forma e il contenuto: classicità delle linee e qualità della materia parlano di un prodotto pensato per resistere con disinvoltura all’esaurirsi di una collezione. Ma la novità della sua proposta ha a che fare con la sensibilità e la tempestività nell’interpretare attitudini, ruoli e funzioni dell’uomo e della donna contemporanea, senza forzature: «essere se stessi, ma al meglio». In questo senso si può parlare di classicismo di Armani, non come petitio principii, ma come prodotto di un’estetica innervata di tensioni dinamiche al modo della grande scultura classica; il frutto, nato quasi d’istinto e poi perseguito con coerenza, di un dialogo mobile e aperto con l’uomo. «L’essenza del classico – scriveva Georg Simmel, uno dei padri della sociologia, nel suo celebre saggio La moda (1910) – è una concentrazione del fenomeno intorno a un punto fisso centrale, la classicità ha un carattere raccolto,

1 Giorgio Armani, Per amore, Rizzoli, Milano 2022.
2 Roberto Gervaso, «È più facile vestire le donne», intervista a Giorgio Armani, Corriere della Sera, 20 agosto 1980
3 André Chastel, La grande officina. Arte italiana 1460 -1500, Rizzoli, Milano 1965.
4 Arjun Appadurai, La vita sociale del design, in Il futuro come fatto culturale, Cortina, Milano 2014.
5 «Marie Claire»
6 Roland Barthes, Il match Chanel Courrèges, in Il senso della moda, Einaudi, Torino 2006.

“La Laudatio” letta dalla preside Anna Maria Fellegara

La professoressa Anna Maria Fellegara della Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, ha dato lettura della Laudatio

Giorgio Armani nasce l’11 luglio 1934 a Piacenza. Dal 1949 Milano diventa la sua città, in cui muove nel 1957 i primi passi professionali da “La Rinascente” emblematico luogo della rinascita, dopo le devastazioni della guerra. Il fermento economico di quel periodo si esprime anche nella ricerca [CC1] di uno stile dell’abbigliamento, dell’arredamento, degli accessori per la vita quotidiana e per il tempo libero, in cui l’intuizione dei nuovi bisogni di una società animata dal desiderio di crescere senza spogliarsi della propria cultura, si coniuga con il gusto della qualità e del bello. In quegli stessi anni La Rinascente istituisce il Compasso d’Oro il premio al design, pensato tra gli altri, da uomini che sullo stile italiano hanno scritto pagine importanti: Gio’ Ponti, Bruno Munari. Non poteva certo immaginare un giovane vetrinista che, nel 2014, proprio quel premio il Compasso d’Oro alla Carriera gli sarebbe stato conferito per aver rivoluzionato il mondo del prêt-à-porter, contribuendo alla diffusione dell’immagine del ‘Made in Italy’ nel mondo.

GA rinuncia ad un percorso di studio che percepisce inadatto ad esprimere ciò che porta dentro e, con coraggio e determinazione, segue la sua stella, il suo desiderio, ciò che sente più autenticamente in sintonia con il suo animo e i talenti che sa di possedere. Il vissuto di GA, partito da Piacenza, all’incrocio di molte vie potenzialmente percorribili, ricorda ai nostri giovani di essere accoglienti e intraprendenti, di vivere il percorso universitario come soglia da attraversare, da cui muovere per conoscere il mondo. Insegna che ognuno ha la responsabilità di scoprire chi è, e poi di essere sé stesso in modo semplice e serio. Il suo cammino dice che cosa significhi cercare una strada partendo dalla periferia (di cui Papa Francesco ci ricorda oggi la straordinaria centralità); che cosa significhi avere visione, avere costanza, avere coraggio, doti che si aggiungono alla genialità e a talenti straordinari. Suggerisce ai nostri studenti e alle nostre studentesse di cercare la propria strada, coltivando interessi, passioni e inclinazioni, che sempre sono il frutto di radici lontane che vanno scoperte, riconosciute e reinterpretate: come hanno fatto e continuano a fare tanti imprenditori nei settori produttivi nati intorno all’agricoltura, all’alimentare e passati con successo a quelli della manifattura e dei servizi. La creatività senza rigore, senza applicazione, senza costanza, senza metodo non ha vita lunga, non può concretizzarsi in impresa, non aiuta il bene comune.

Diviene imprenditore, prima come stilista e creatore di moda free lance per altre aziende e poi, in un laborioso e fecondo percorso che lo porta nel 1975 a fondare la Giorgio Armani S.p.a., con il lancio del proprio marchio. Firma così la sua prima linea di prêt-à-porter, maschile subito affiancata da quella femminile. Se egli cambia il modo di vestire degli uomini, è una vera rivoluzione quella che propone per le donne. Una inedita concezione della giacca che da elemento quasi esclusivamente maschile, entra nel guardaroba femminile, offrendo alle donne, impegnate nel lavoro, sempre più fuori casa, un modo diverso, confortevole e professionale, sobrio e tuttavia leggero di vestire.

Costruisce anno dopo anno un’impresa globale, tra le più importanti nel settore della moda e del lusso ai primi posti nel mondo, fondamentale per l’economia del Paese, mantenendo il legame diretto tra azienda e fondatore e preservando la matrice originaria.

Oggi il gruppo è focalizzato sui tre brand: Giorgio Armani, (la cui collezione comprende abiti, accessori, occhiali e la linea haute couture GA privé), Emporio Armani dalla linea più sportiva e A|X Armani Exchange destinata (?) ai giovani.

Altre linee di sviluppo si sono progressivamente consolidate in settori attigui dove stile e design sono un riferimento distintivo: food &beverage, ospitalità e hotelery, arredamento,  cosmesi, profumi e dolci, fino alle composizioni floreali.

La dimensione economica fissa i punti di riferimento della gestione: ricavi consolidati del 2021 superiori ai 2 miliardi, attesi in ulteriore sostanziale crescita nel 2022, confermando il superamento dei livelli registrati prima della pandemia Covid-19.  Equilibrio economico, solidità finanziaria, governance attenta. GA è presidente e amministratore delegato del Gruppo Armani, tra le poche aziende con un unico proprietario direttamente coinvolto in tutte le scelte strategiche, di stile e di design.

Armani è un gruppo da 8300 persone, 63% donne, 55% fascia tra 30 e 50 anni, 51%  Senior Executive manager donne.

La dimensione globale è evidente.

L’America ne riconosce il valore: nel 1982, il «Time» dedica la copertina al suo successo, basato su una filosofia e un’impronta uniche e ben riconoscibili. Stringe allora una duratura collaborazione con il mondo del cinema, che trasforma in icone i suoi abiti. Nel 1983 viene nominato miglior stilista internazionale dal Council of Fashion Designers of America e nel 1987 riceve dal Council of Fashion Designers of America il Lifetime Achievement Award per l’abbigliamento maschile. Nel 2000, il (museo?) Guggenheim di New York gli dedica una grande retrospettiva itinerante che tocca varie città del mondo e nel 2003 riceve il premio Rodeo Drive Walk of Style a Beverly Hills, California.

Il 24 ottobre 2013 viene proclamato il ‘‘Giorgio Armani Day’’ dal sindaco di New York, Michael Bloomberg per il contributo dato all’industria della moda internazionale e per il suo legame duraturo con la città.

Anche la Francia eterna antagonista che pretende lo scettro mondiale della moda e del lusso accoglie nel 2005 a Parigi la prima collezione di Haute Couture Giorgio Armani Privé e nel 2008 lo insignisce del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore del Presidente della Repubblica Francese.

Il resto del mondo e i paesi dell’asia pacifica tra questi sono mercati di riferimento.

Il tema del tempo e della durata è una sorta di fil rouge che si dipana senza strappi e senza sfilacciature, nell’ordito di questa storia. L’impresa è destinata a durare, l’agire economico che crea valore non può essere orientato al breve termine, alla speculazione predatoria e distruttiva.

La sfida al consolidato modello consumistico, della cosiddetta fast fashion, di cui non si possono negare le aspettative di crescita nei prossimi anni, spinto in particolare dai giovani al disotto dei 24 anni sempre interessati molto  al prezzo e meno alla qualità, con la tentazione bulimica al consumo/acquisto senza discernimento, dai vorticosi ritmi, dalla scarsa cura per la qualità, e dai pesanti impatti in termini di sostenibilità è un  impegno di GA. Egli sceglie una prospettiva economica che privilegia ciò che dura nel tempo e che non può prescindere dall’interrogarsi serio e autentico sulle ragioni delle azioni e, soprattutto, sulle inevitabili conseguenze.

La necessità di ripensare le dinamiche del settore della moda dopo la pandemia, l’impegno verso una ricerca concreta della sostenibilità, che passa attraverso l’innovazione dei processi, l’impiego di nuovi materiali, la scelta più decisa verso l’economia circolare, il cui potenziale enorme secondo la Global Fashion Agenda potrebbe arrivare a valere l’80% del mercato della moda, tratteggiano il profilo di un imprenditore che sa continuamente rimettersi in discussione, che accetta la sfida del cambiamento, che non si sottrae alle responsabilità, che si interroga sull’etica dell’agire economico. L’industria nazionale della moda vale un fatturato di circa 100 miliardi, oltre 500mila addetti e più di 60mila aziende.

La moda deve poter contribuire al rinnovamento in atto riallineandosi ai bisogni reali delle persone, nel rispetto dei beni comuni da tutelare: il tessuto sociale e l’ambiente.

C’è un lato oscuro della moda che non si può tacere: il secondo settore più inquinante nella produzione, impatto della contraffazione che alimenta fenomeni di criminalità e di sfruttamento, che per la gestione degli effetti delle distruzioni dei falsi.

L’industria della moda è simile ad un arcipelago infinito in cui le isole non sono collegate tra loro e la mancanza di responsabilità può nascondere ingiustizia e sfruttamento. Per questo è cruciale (e ancora più apprezzabile l’impegno a (o il tentativo di) starci dentro operando con) la trasparenza, la cura dell’intera filiera, la circolazione delle informazioni, la dichiarazione dei valori.

L’impresa supera i propri fondatori e in questo senso la costituzione della fondazione cui affidare la continuità nel tempo è una scelta lungimirante.

GA ha raccolto la tradizione del saper fare italiano, che affonda le sue radici nel nostro territorio, nei mestieri e nelle opere di artigiani e operai della tessitura, della sartoria, del costume, per reinterpretarla e farla diventare un riferimento iconico universale.

Ha conservato, nel rinnovamento continuo richiesto dal modificarsi delle condizioni di contesto, un’intuizione originale e ha posto all’attenzione di un comparto determinante per l’economia del nostro Paese, le molteplici implicazioni del suo permanere in una dimensione pienamente umana: dalla promozione del giusto trattamento delle persone che operano nella filiera, alla dedizione sociale, dall’impegno nella pandemia, alla responsabilità ambientale.

Con il suo operato, Giorgio Armani è stato dunque in grado di raggiungere grandi obiettivi: valorizzare nel modo migliore le capacità dell’artigianato e della manodopera italiana, assicurando al contempo una traiettoria di sviluppo industriale, di internazionalizzazione, e ciò senza rinunciare alla salvaguardia di una cura sartoriale dei propri prodotti.

Da ultimo, preme ricordare l’atteggiamento solidale dell’imprenditore Giorgio Armani verso le difficoltà sofferte dalla collettività anche durante il periodo pandemico, quando non ha esitato ad intervenire in prima persona a sostegno dei più fragili, sia attraverso la concreta vicinanza a Piacenza, dimostrando pure in tal modo la continuità del legame con la (sua) città, sia donando ingenti somme di denaro ad Istituti ospedalieri italiani ed alla Protezione Civile.

Numerosi sono i riconoscimenti da prestigiose istituzioni. Tra le altre, oltre a quelle già citate, in ambito accademico nel 1991 riceve il dottorato ad honorem dal Royal College of Art di Londra e la laurea ad honorem dalla Saint Martins School of Art and Design, nel 1993 la laurea ad honorem dall’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nel 2007 la laurea honoris causa in Design Industriale dal Politecnico di Milano.

L’Italia gli attribuisce le massime onorificenze culminate nel 2021 il titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Ma già nel 2000 aveva ricevuto il premio David di Donatello a Roma per il suo contributo al cinema e nel 2015 era stato nominato Special Ambassador for Fashion di Expo Milano.

Nel 2019 riceve il John B. Fairchild Award a New York e l’Outstanding Achievement Award a Londra.

Nel 2020 viene designato nuovo ambasciatore speciale del turismo responsabile dall’Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO).

In occasione dei Sustainable Fashion Awards 2022, la serata di premiazione dell’impegno nella sostenibilità organizzata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, Giorgio Armani riceve il Visionary Award.

Per motivazioni esposte, per la dimensione internazionale del marchio, per l’approccio olistico alla sostenibilità, per la ricerca incessante di miglioramento e per la consapevolezza della centralità dell’impresa nella creazione di valore condiviso il Consiglio della Facoltà di Economia e Giurisprudenza nella seduta del 23 giugno 2022 ha proposto all’unanimità di conferire a Giorgio Armani la Laurea honoris causa in Global Business Management.

La formula in latino del conferimento della laurea

D.O.M.
NOS FRANCISCVS ANELLI
RECTOR MAGNIFICVS VNIVERSITATIS CATHOLICAE SACRI CORDIS
GEORGIO ARMANI
ITALORVM REI PVBLICAE EQVITI PRIMARIO
VESTIVM ARTIFICI
OB INGENVVM NITOREM VBIQVE LAVDATARVM
QVI
VT PLVRIBVS SATISFACERET
ARTIS SVAE OFFICINAM CONDIDIT
ET OPERA VT LONGE LATEQVE VENVNDARENTVR
STVDVIT
MVLTOS IVSTA MERCEDE CONDVCENS
ATQVE VNIVERSORVM VTILITATI
ANIMI MAGNITVDINE INTENDENS
TITVLVM ET PRIVILEGIA
DOCTORIS RERVM OECONOMICARVM
HONORIS CAVSA DECERNIMVS
PLACENTIAE V IDVS MAIAS A.D. MMXXIII
RECTOR MAGNIFICVS
AB ACTIS FACVLTATIS PRAESES

La storia di Giorgio Armani

Giorgio Armani nasce l’11 luglio a Piacenza nel 1934. Nel 1949, dopo il primo anno al Liceo Scientifico Respighi, si trasferisce a Milano con la famiglia. Conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Medicina, ma, dopo pochi anni, interrompe gli studi. Nel 1957 diventa buyer presso la Rinascente a Milano, dove viene notato da Nino Cerruti, con il quale collabora per qualche anno. Intraprende la carriera di stilista free lance e nel 1975 con Sergio Galeotti fonda la Giorgio Armani S.p.a. Firma così la sua prima linea di prêt-à-porter, caratterizzata da una rivoluzionaria concezione del capospalla.

Nel 1981 lancia Emporio Armani e nel 1991 A|X Armani Exchange. Nel 1982  «Time» dedica la copertina al suo successo, basato su una filosofia e un’impronta uniche e ben riconoscibili. Stringe allora una duratura collaborazione con il mondo del cinema, che trasforma in icone i suoi abiti. Si afferma tra i protagonisti del made in Italy, contribuendo a fare della moda il secondo comparto dell’economia italiana. L’abilità imprenditoriale cresce nel tempo estendendosi anche ad altri settori, come quello ricettivo.

Nel 2000 crea Armani/Casa, per connotare con la sua cifra stilistica anche l’architettura: veste gli interni con mobili essenziali d’ispirazione orientale e materiali preziosi, tra cui finiture tessili che rimandano alla moda. Sempre nel 2000, il Guggenheim di New York gli dedica una grande retrospettiva itinerante che tocca varie città del mondo. Nel 2005 presenta a Parigi la prima collezione di Haute Couture Giorgio Armani Privé. Nel 2015 celebra il 40o anniversario dell’azienda con l’inaugurazione dello spazio espositivo Armani/Silos ed è nominato Special Ambassador di Expo Milano. Nel 2017 istituisce la Fondazione Giorgio Armani per realizzare progetti di pubblica utilità.

Nel corso della sua carriera Giorgio Armani riceve riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, come i titoli di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica, Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica e la Légion d’Honneur. Ha ricevuto inoltre l’Award for Best International Designer e il Lifetime Achievement Award per l’abbigliamento maschile e per arte e moda, entrambi conferiti dal Council of Fashion Designers of America. Gli viene riconosciuto inoltre il Dottorato del Royal College of Art di Londra, la Laurea Honoris Causa dell’Accademia di Brera di Milano, la Laurea Honoris Causa del Central Saint Martins College of Art and Design di Londra e la Laurea ad Honorem in Disegno Industriale dal Politecnico di Milano.

Giorgio Armani è uomo d’impresa, creativo e innovatore, capace di una visione ideale e inedita, perseguita con determinazione, costanza e coraggio indispensabili per la realizzazione di un grande progetto, che ha portato alla costituzione di uno dei più importanti gruppi multinazionali del settore. Dal 1975 ha raccolto la tradizione del saper fare italiano, che affonda le sue radici nel nostro territorio, nei mestieri e nelle opere di artigiani e operai della tessitura, della sartoria, del costume, per reinterpretarla e farla diventare un riferimento iconico universale. Ha creato un gruppo nel settore della moda e del lusso ai primi posti nel mondo, mantenendo il legame diretto tra azienda e fondatore e preservando la matrice originaria in scala globale. Ha conservato, nel rinnovamento continuo richiesto dal modificarsi delle condizioni di contesto, un’intuizione originale e ha posto all’attenzione di un comparto determinante per l’economia del nostro Paese le molteplici implicazioni del suo permanere in una dimensione pienamente umana: dalla promozione del giusto trattamento delle persone che operano nella filiera, alla dedizione sociale; dall’impegno nella pandemia, alla responsabilità ambientale. La sfida al consolidato modello consumistico, dai vorticosi ritmi e dalla scarsa cura per la qualità e il bello, è il suo più recente impegno e testimonia la scelta di una dimensione economica che privilegia ciò che dura nel tempo e che non può prescindere dall’interrogarsi serio e autentico sulle ragioni etiche delle azioni.

Per la dimensione internazionale del marchio, per l’approccio olistico alla sostenibilità, per la ricerca inesausta di miglioramento e per la consapevolezza della centralità dell’impresa nella creazione di valore condiviso il Consiglio della Facoltà di Economia e Giurisprudenza nella seduta del 23 giugno 2022 propone all’unanimità di conferire a Giorgio Armani la Laurea honoris causa in Global Business Management.

Le lauree honoris causa nella storia dell’Università Cattolica

Dalla sua fondazione a oggi l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha conferito 117 lauree honoris causa a importanti protagonisti del panorama nazionale e internazionale appartenenti al mondo culturale, economico, politico. Di questi titoli accademici nel corso degli anni 13 sono stati assegnati dalle Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali (già Facoltà di Agraria) e di Economia e Giurisprudenza (già Facoltà di Economia e Facoltà di Giurisprudenza, entrambe sede di Piacenza). Tra coloro che hanno ricevuto il riconoscimento figurano, tra gli altri, lo storico della filosofia medievale Etienne Gilson (1932), il drammaturgo Paul Claudel (1949), il filosofo Jacques Maritain (1959), il bibliofilo Vincenzo Negri Da Oleggio (1975) il Cardinale Agostino Casaroli (1991), il medievista Cinzio Violante (1991), il classicista Peter Parsons (1994), il linguista Giovanni Nencioni (1996), il maestro d’orchestra Riccardo Muti (1999), il bibliografo Jean François Gilmont (2016). Tra le altre personalità che hanno ricevuto la laurea honoris causa si segnalano Madre Teresa di Calcutta (laurea in Medicina, 1981); Carlo Arturo Jemolo (laurea in Giurisprudenza, 1981); Jacques Delors (laurea in Scienze politiche, 1990); Javier Perez De Cueillar (laurea in Scienze politiche, 1994); Joseph Kenneth Arrow (laurea in Economia e Commercio, 1994) Simon Peres (laurea in Scienze politiche, 1997); Chiara Lubich (laurea in Economia e Commercio, 1999); Michel Camdessus (laurea in Scienze politiche, 2000); il Cardinale Carlo Maria Martini (laurea in Scienze dell’educazione, 2002); Helmut Kohl (laurea in Scienze politiche, 2003); Gennaro Auricchio (laurea in Agraria, 2006); Paolo Grossi (laurea in Giurisprudenza, 2007); Mario Draghi (laurea in Economia, 2019), il Cardinale Gianfranco Ravasi (2022), Lord Nicholas Herbert Stern (2022).

I laureati honoris causa della sede di Piacenza

1957   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. CLARK Colin

1957   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. LE COMTE Jean

1957   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. MARTENS Pierre

1957   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. SEGNI Antonio

1958   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. MACAR Paul

1958   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. MCKEEN John

1991   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Prof. VANBELLE Marcel

1991   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Dott. VERONESI Apollinare

1994   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Grand’Uff. GATTI Luigi

2006   Facoltà di Economia Cav. ARVEDI Giovanni

2006   Facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Dott. AURICCHIO Gennaro

2007   Facoltà di Economia e Giurisprudenza Prof. GROSSI Paolo

2013   Facoltà di Economia e Giurisprudenza Prof. RAO Jon

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