“Profonda tristezza per la decisione di abbattere migliaia di visioni sulla base di un sospetto”

La presidentessa dell’associazione animalista piacentina “Arca di Noè” commenta quanto sta avvenendo in Danimarca e punta il dito contro gli allevamenti intensivi ed i cosiddetti “mercati umidi”

«Da esponente del mondo animalista non posso che provare una profonda tristezza per una decisione così radicale che non dà scampo a milioni di animali, tra l’altro sulla base di un sospetto contagio». Così esordisce Silvia Felice, avvocato e presidentessa dell’associazione animalista “Arca di Noè, parlando del possibile abbattimento di 15 milioni di visoni in Danimarca per sospetti casi di Covid-19 tra gli allevamenti intensivi dell’animale da pelliccia.

«Tuttavia, l’aspetto che più rattrista è il fatto che nel 2020 esistano ancora allevamenti intensivi di animali destinati a sodisfare una vanità umana come il commercio di pellicce».

L’avvocato Felice sottolinea un altro aspetto, sempre collegato agli allevamenti intensivi, ovvero il pericolo di zoonosi che può scaturire da essi.

«Un monito che arriva dal mondo scientifico è la potenziale insorgenza di zoonosi, malattie che si trasmettono dagli animali alla specie umana, all’interno degli allevamenti intensivi. Questi, per le condizioni in cui sono tenuti gli animali, che soffrono restrizioni sia fisiche che psicologiche, sono individuati come possibili fonti di zoonosi pandemica, come nel caso di Aviaria e SARS, sviluppatesi in questi allevamenti».

«Per quanto riguarda il Covid-19 invece– prosegue la presidentessa dell’associazione – questa patologia si è originata nei così detti mercati umidi, in cui gli animali sono mantenuti vivi in condizioni infernali e vengono poi macellati sul posto. In un simile contesto, chiaramente, non può essere rispettata nessuna norma igienica. Questo ci offre lo spunto per invitare le istituzioni a considerare maggiormente l’opportunità di intervenire al fine di modificare i metodi produttivi per quanto riguarda i prodotti di origine animale, non solo a scopo alimentare. Un primo messaggio – aggiunge – dovrebbe partire anche dal consumatore, che con scelte etiche e responsabili può orientarsi verso stili di vita nuovi».

Silvia Felice sottolinea un altro pericolo che arriva dagli allevamenti intensivi, ovvero il fenomeno della resistenza agli antibiotici. «A causa dell’uso massiccio di antibiotici, somministrati agli animali per evitare l’insorgere di patologie si è creato il fenomeno della resistenza agli antibiotici, problema che l’OMS ha messo in rilievo perché in diffusione su larga scala. Quando i pazienti hanno bisogno di questi medicinali, infatti, essi risultano inefficaci, e questo è un problema serio che va affrontato».

«Il diffondersi di malattie tra gli animali tenuti in gravissime condizioni – conclude – non deve però indurre i proprietari di animali domestici in inutili allarmismi. Sull’onda della paura infatti, soprattutto tra marzo e aprile, si è verificato un picco degli abbandoni perché si pensava erroneamente che questi potessero essere fonte di contagio, credenza falsa e assolutamente smentita -perché in realtà queste patologie nascono quasi sempre in ambienti caratterizzati da scarsa igiene».

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