Verde pubblico. Secondo il TAR Geocart aveva ragione: il Comune dovrà risarcirla

Con ogni probabilità la sentenza verrà impugnata davanti al Consiglio di Stato. In ogni caso non ci sarà nessun cambio di gestione poiché l'appalto triennale è ormai in fase troppo avanzata (2019/2021)

Quella del verde (pubblico) … sembra essere sempre più la “bestia nera” della Giunta Barbieri. Come si ricorderà nella primavera del 2019 era esplosa la questione della manutenzione delle aree pubbliche cittadine: in attesa che venissero affidati i due appalti l’erba era cresciuta fuori misura ed erano stati necessari interventi di sfalcio straordinario per rimediare ad una situazione sfuggita di mano.

Ora arriva la seconda “tegola”. Come è noto a vincere l’appalto relativo alla seconda tranche di manutenzione era stata la RTI (allora costituita dalla cooperativa Cuore Verde di Cremona, mandataria e da Suardi srl, Riva Giardini e Bergamelli), per un importo contrattuale di 1.828.846,29 euro iva esclusa e oneri di sicurezza inclusi. Una vittoria ottenuta con un punteggio complessivo di 98,00 su un massimo di 100 (78 su 80 per la parte qualitativa e 20 su 20 per la proposta economica).

La cooperativa sociale piacentina Geocart, storicamente incaricata del servizio, arrivata seconda (con 95,58 punti), aveva però presentato ricorso ritenendo che vi fossero delle irregolarità nell’aggiudicazione.

Il Tar di Parma, con una sentenza pubblicata in data odierna, ha accolto il ricorso della Geocart «limitatamente alla domanda di annullamento dell’aggiudicazione e alla domanda di condanna al risarcimento del danno per equivalente, con somma che sarà proposta dalla stazione appaltante (comune) alla ricorrente principale (la Geocart)».

I giudici dunque hanno “sposato” i rilievi della Geocart ma non nella loro interezza. Hanno ritenuti fondati Il ricorso dunque è stato accolto anche se non nella sua interezza ma comunque nelle parti più importanti.

La quantificazione del danno

Il Comune, che era rappresentato dall’avvocato Elena Vezzulli, potrà ora decidere se presentare ricorso davanti al consiglio di Stato o pagare i danni alla Geocart. Il Tar non li ha quantificati ma ha fissato i criteri per farlo (l’utile che la cooperativa avrebbe ricavato dall’appalto decurtato del 30% (per non aver presentato domanda cautelare) e di un ulteriore 25% (non essendo riuscita la geocart, in giudizio, riuscita a dimostrare  «di non avere potuto utilizzare in altri appalti le risorse e capacità aziendali non impiegate nel servizio oggetto di gara».

Troppo tardi per un cambio di gestione

Allo stesso modo non ci sarà un cambio di gestione. Il tribunale amministrativo ha infatti ritenuto che ormai l’appalto triennale sia in fase troppo avanzata e dunque l’interesse pubblico prevalga su quello della Geocart che aveva rinunciato alla domanda cautelare «il Collegio ritiene che non debba esserne dichiarata l’inefficacia, dal momento che, pur in presenza di una generica domanda di subentro da parte della ricorrente principale, l’interesse della parte che ha richiesto tale subentro deve considerarsi soccombente, anche per l’inerzia processuale dimostrata con la rinuncia alla domanda cautelare, rispetto all’interesse pubblico alla prosecuzione del servizio; il contratto è inoltre in stato di esecuzione avanzato e il vizio ravvisato dal Collegio comporterebbe comunque, per la stazione appaltante, l’obbligo di rinnovare l’intera gara».

Perchè il TAR ha accolto il ricorso

Uno dei nodi su cui si basava il ricorso era il numero di lavoratori svantaggiati effettivamente impiegati dalla RTI risultata vincente. Gli addetti della stessa sono 47 di cui 10 svantaggiati il che in pratica rende astrattamente impossibile l’impiego, per tutta la durata del contratto, di una quota del 30% di lavoratori svantaggiati rispetto al totale. Quota che era espressamente prevista all’art.9 del capitolato.

Ma il punto del ricorso che il TAR in particolare ha trovato fondato e sufficiente a «travolgere, per l’illegittimità della lex specialis di gara, così come modificata, l’intera procedura di aggiudicazione» è quello che evidenziava «in seno al raggruppamento aggiudicatario l’assenza di una società che fosse in possesso del requisito di capacità consistente nella categoria 1, classe C dell’Albo Gestori Ambientali».

Un terzo punto riguardante la “assenza dei requisiti di professionalità per pregresse violazioni contrattuali” di un rappresentante legale di una delle aziende parte dell’ATI è stato ritenuto fondato ma non rilevante in quanto la stessa azienda non fa più parte del raggruppamento di imprese.

Nette le conclusioni della sentenza

«Sotto il profilo della responsabilità della stazione appaltante – scrivono i giudici – sussistono sia l’elemento oggettivo che quello soggettivo … dell’illecito extracontrattuale costituito dall’avere illegittimamente precluso alla ricorrente principale l’aggiudicazione della gara.
L’amministrazione ha consentito volontariamente o comunque colposamente, tramite una modifica illegittima del bando di gara, che il raggruppamento controinteressato conseguisse un appalto per cui non possedeva, nella sua composizione definitiva, un requisito essenziale di partecipazione. Dal momento che alla procedura in questione, per il lotto di riferimento, hanno partecipato soltanto due concorrenti, l’esclusione del raggruppamento aggiudicatario avrebbe permesso alla ricorrente principale (già gestore uscente), con alto grado di verosimiglianza, di eseguire il servizio messo a bando».

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