Rischio commissariamento per la Camera di Commercio di Piacenza

Il decreto agosto detta termini molto stringenti per concludere i processi di fusione fra le Camere di Commercio. Se Parma, Reggio e Piacenza non si daranno una mossa potrebbero arrivare tre commissari. Ma qualcuno, sotto al Gotico, ora guarda a possibili alternative

Palazzo del Governatore Piacenza

C’è una spada di Damocle tesa sulla testa delle Camera di Commercio di Piacenza e si chiama commissariamento. A prevederlo è l’articolo 61 del decreto-legge “Agosto” appena varato dal Governo.

La norma prevede che tutti i procedimenti di accorpamento degli enti camerali pendenti debbano concludersi con l’insediamento degli organi della nuova Camera di Commercio entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Scaduto tale termine gli organi delle camere di commercio che non hanno completato il processo di accorpamento decadono entro 30 giorni dallo scadere del predetto termine. A quel punto il ministro, sentite le Regioni, nomina un commissario straordinario.

Allo stesso modo le camere di commercio in corso di accorpamento, i cui organi siano scaduti, decadono entro 30 giorni ed anche in questo caso viene nominato un commissario.

In termini pratici questo significa che ora le tre camere “fidanzate” Parma, Piacenza e Reggio devono convolare rapidamente e definitivamente a nozze o corrono il rischio che nel giro di tre mesi arrivino tre commissari e siano loro a decidere quale futuro scrivere.

Resta da capire se, dopo i continui stop and go, ci sia ancora la volontà e la convenienza per procedere a questa unione o se nel frattempo siano cambiate le prospettive.

L’unico punto fermo è la recente sentenza della Corte costituzionale che ha respinto una serie di ricorsi presentati contro gli accorpamenti. Ora che è stata stabilita la legittimità costituzionale delle riorganizzazioni camerali i processi fermi da un anno possono ripartire.

Sia a Reggio Emilia sia a Parma gli organi delle CCIA sono scaduti, mentre a Piacenza il presidente Alfredo Parietti si è dimesso proprio per non dover affrontare un nuovo processo di accorpamento come ci aveva spiegato in un’intervista.  Le redini dell’ente sono rette dal vice Filippo Cella che è divenuto reggente.

Nel dicembre 2016 i vertici delle Camere di Commercio di Reggio Emilia, Parma e Piacenza avevano raggiunto e sottoscritto un accordo sull’accorpamento, sulla sede (Parma), sulla presidenza, sulle vice-presidenze e sulle rappresentanze territoriali. Il tutto si era arenato sia per i ricorsi sia per ripensamenti dei cugini parmensi.

Qualcuno a Piacenza vorrebbe che si approfittasse di questa situazione di stallo per sparigliare totalmente le carte. Anziché essere la realtà più debole fra le tre, quasi un guscio di noci che veleggia stretta da robusti vascelli, la nostra Camera di Commercio potrebbe assumere un ruolo ed un peso centrale scegliendo l’accorpamento con altre realtà territoriali.  Perché non pensare, ad esempio, ad un accorpamento con Mantova e Pavia  con la nostra città a fare da perno e non solo da un punto di vista geografico? L’unione fra tre “piccole” realtà potrebbe avere ricadute favorevoli per il territorio senza correre il rischio di scomparire fagocitati da grandi e famelici “partner”.

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